da “Il Manifesto”

Desaparecidos. Pubblichiamo la lettera consegnata al presidente della Repubblica da una delle madri di Plaza de Mayo, italiana che ha perso la figlia Franca, una dei 30mila desaparecidos della dittatura militare in Argentina

Vera Vigevani Jarach

10.05.2017

Caro Presidente Mattarella, sono Vera Vigevani Jarach, madre di Franca Jarach che, a 18 anni, fu una fra le 30 mila vittime desaparecidas della dittatura civico-militare argentina. Fu sequestrata e clandestinamente imprigionata alla E.S.M.A, Scuola della Marina Militare. Emblematico ed il peggiore fra le centinaia di altri campi di concentramento argentini dell’epoca.

Franca fu assassinata in uno dei «voli della morte». In quegli anni tragici subimmo anche l’indifferenza ed il silenzio internazionale, oltreché quello argentino.

Ma ci fu, per noi italiani, un «balsamo» quando l’allora Presidente Sandro Pertini espresse la sua indignazione alla Giunta Militare argentina, per la loro responsabilità in quanto stava accadendo.

Oggi l’ex E.S.M.A. è un luogo di Memoria e di difesa dei Diritti Umani. Oggi l’Argentina chiede all’Unesco di includerla nel Patrimonio Culturale dell’Umanità.

Oggi, e dopo 40 anni di pacifico ma perseverante impegno, noi, Madri e Nonne della Plaza de Mayo, i famigliari dei «desaparecidos» e tutti gli altri organismi che per i diritti umani da sempre hanno lottato, abbiamo finalmente avuto la Giustizia con i processi e le condanne per i colpevoli di questi crimini contro l’umanità.

Oggi, però, siamo molto tristi e preoccupati per una decisione della Corte Suprema che permetterebbe a questi criminali di beneficiare di un forte riduzione delle pene, cosa che ci porterebbe al rischio di incontrarli per strada. Loro, i torturatori, gli assassini dei nostri figli.

Tutto questo rappresenta non solo una marcia indietro verso l’impunità, non solo è un colpo tremendo per tutta la società argentina, ma, trattandosi di crimini contro l’umanità, è un’offesa ed una minaccia per tutto il mondo.

Per questa ragione mi e ci rivolgiamo a Lei, Presidente della mia Patria ed a tutti i Governi di paesi democratici, affinché uniate alle nostre voci la Vostra contro questo pericolo di una nuova impunità. In particolare lo chiedo all’Italia, ricordando quel gesto del Presidente Pertini.

Glielo chiedo anche, personalmente, ricordando i quasi 80 anni delle Leggi Razziali del ’38 del secolo scorso. La mia famiglia allora trovò rifugio in Argentina, ma della Shoah fu vittima mio nonno, Ettore Camerino. Deportato ad Auschwitz. Non c’é tomba per lui come non vi è tomba per mia figlia.

Queste tragedie si ripetono, ma non dobbiamo mai perdere né la speranza né l’impegno e la volontà per il «Nunca más!» (Mai Più!).

Le porgo i miei ringraziamenti anticipati, e anche, se mi permette, un forte abbraccio.

*Questa lettera è stata consegnata direttamente al presidente Sergio Mattarella domenica 7 maggioa Buenos Aires

Crimini dei militari argentini, le Madres: no colpi di spugna

Buenos Aires. Oggi la protesta a Plaza de Mayo contro la sentenza della Corte suprema che li depenalizza

Claudio Tognonato

10.05.2017

Domenica scorsa, iniziando il suo viaggio in Argentina, Sergio Mattarella ha visitato il Parco della Memoria dove ha incontrato Vera Jarach Vigevani e Lita Boitano, entrambe italiane e Madres de Plaza de Mayo. Il Parco si affaccia sull’enorme estuario del Rio de la Plata ed è stato costruito per ricordare le migliaia di desaparecidos gettati vivi in mare dagli aerei in volo durante la passata dittatura militare (1976-1983).

LE MADRI DI PLAZA de Mayo hanno colto l’occasione della visita di Mattarella per esprimere la loro preoccupazione per la sentenza della Corte Suprema argentina del 3 maggio scorso che ha equiparato i delitti di lesa umanità compiuti dalle forze repressive ai crimini comuni concedendo il beneficio del 2 per 1. Tale misura consente di ridurre la pena considerando doppi gli anni trascorsi in prigione prima della sentenza definitiva. In questo modo sono molti i genocidi che potrebbero uscire dal carcere. La norma era stata derogata nel 2001, ma 3 dei 5 membri della Corte hanno deciso la scorsa settimana di applicarla in un caso, quello di Luis Muiña condannato per il sequestro e la tortura di 22 persone.

DOPO LA DITTATURA, ed in particolare nell’ultimo decennio, l’Argentina si è contraddistinta per una particolare attenzione in materia di diritti umani. Centinaia di militari e civili sono stati processati, e lo sono tuttora, per crimini contro l’umanità. Oltre ai processi i governi Kirchner hanno fatto dei diritti umani una ragione di stato. Diritti intesi in modo integrale e quindi anche diritti sociali ed economici. Questa sentenza rappresenta un ritorno al passato quando i processi contro i genocidi erano stati boccati dalle leggi di Obbedienza dovuta, che toglieva ogni responsabilità agli autori materiali di sequestri, torture e uccisioni, in quanto obbedivano ordini, e Punto finale, che direttamente impediva l’apertura di nuovi processi. Solo nel 2005 è stato possibile riaprire le cause. Ora la nuova sentenza della Corte potrebbe dar luogo ad una amnistia generalizzata. Militari condannati o in attesa di giudizio hanno cominciato a presentare ricorsi per beneficiarsi con lo sconto di pena.

OGGI LE MADRI e le Abuelas de Plaza de Mayo hanno chiamato ad una manifestazione nazionale di fronte alla Casa Rosada, sulla piazza dove tutti i giovedì continuano a ritrovarsi in ronda per testimoniare sulla sorte dei loro familiari. Sono passati 40 anni, sono ormai anziane, ma non si arrendono. La convocazione ha raccolto numerose adesioni suscitate dal generale ripudio della misura della Corte.

OLTRE LA COMMISSIONE regionale dei diritti umani delle Nazioni unite (Unhcr) che ha già espresso una chiara contrarietà, ieri il tribunale regionale di San Juan ha dichiarato l’incostituzionalità della norma. Ora tocca all’Italia. Vera Jarach ha chiesto a Sergio Mattarella in una lettera – che oggi il manifesto pubblica – che l’Italia si faccia sentire. L’Argentina, con quel passato terribile, è un paese a metà italiano, Vera Jarach Vigevani chiede che non sia soltanto un’altra occasione di nuovi affari economici.