Egregio segretario del Pd,

 

mi scuserà se le scrivo questa lettera in questo momento e in questa forma. Non intendo entrare nel merito del dibattito in corso nel suo partito, ma poiché il suo partito detiene attualmente la maggioranza relativa dei parlamentari è evidente che le vostre decisioni in merito alla prossima legge elettorale avranno una rilevanza particolare.

So bene quali siano le attuali posizioni del Pd in materia, ma vorrei tuttavia sottoporre all’attenzione sua e del suo partito una questione che a me già da alcuni decenni sembra decisiva: il riconoscimento del diritto di voto alle numerose persone – oggi sono oltre cinque milioni – che vivono stabilmente in Italia ma cui esso è tuttora assurdamente negato solo perché non native di questo paese.

In questi giorni in tutto il mondo, ed anche in Italia, si esprime sdegno per talune aberranti decisioni del presidente degli Stati Uniti d’America, e preoccupazione e sgomento per la virulenta crescita di organizzazioni politiche razziste in tanti paesi europei, compreso il nostro. In alcuni paesi esse sono già giunte al governo, in altri potrebbero arrivarci: e questo nel continente che neppure cento anni fa ha conosciuto l’orrore assoluto della Shoah.

Ebbene, per difendere la democrazia c’è un solo modo: la democrazia stessa.

Come è stato scritto in un appello promosso anche da numerose prestigiose personalità della cultura e della vita civile: “Il fondamento della democrazia è il principio Una persona, un voto; l’Italia essendo una repubblica democratica non può continuare a negare il primo diritto democratico a milioni di persone che vivono stabilmente qui”.

In quell’appello si sottolinea che “vivono stabilmente in Italia oltre cinque milioni di persone non native, che qui risiedono, qui lavorano, qui pagano le tasse, qui mandano a scuola i loro figli che crescono nella lingua e nella cultura del nostro paese; queste persone rispettano le nostre leggi, contribuiscono intensamente alla nostra economia, contribuiscono in misura determinante a sostenere il nostro sistema pensionistico, contribuiscono in modo decisivo ad impedire il declino demografico del nostro paese; sono insomma milioni di nostri effettivi conterranei che arrecano all’Italia ingenti benefici ma che tuttora sono privi del diritto di contribuire alle decisioni pubbliche che anche le loro vite riguardano”. E si conclude: “Una persona, un voto. Il momento è ora”.

Sì, egregio segretario, la democrazia si difende con la democrazia: una persona, un voto; il momento è ora.

Egregio segretario,

lei ricorderà che già nel secolo scorso autorevoli personalità della vita politica e delle istituzioni democratiche – come la Presidente Nilde Iotti – si impegnarono a tal fine. E ricorderà altresì che l’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani (Anci) anni fa ha redatto un progetto di legge recante “Norme per la partecipazione politica ed amministrativa e per il diritto di elettorato senza discriminazioni di cittadinanza e di nazionalità” presentato in Parlamento ma ancora non esaminato dalle competenti commissioni.

Lei sicuramente sa che nulla osta al riconoscimento con legge ordinaria del diritto di voto nelle elezioni amministrative (dai Comuni alle Regioni) per tutti i residenti; e saprà anche che per il riconoscimento del diritto di voto in relazione alle elezioni politiche vi sono (semplificando molto) due scuole di pensiero, l’una che ritiene che occorra una modifica della Costituzione e l’altra che sostiene si debba agire sulla legge relativa alla cittadinanza.

Mentre per le elezioni amministrative la via è quindi semplice e chiara, ed alla luce del disegno di legge elaborato dall’Anci e delle esperienze già realizzate in altri paesi europei il Parlamento potrebbe celermente addivenire a una legge ordinaria che riconosca per tutti i residenti (ponendo un ragionevole lasso temporale minimo, che potrebbe ad esempio essere di sei mesi di permanenza in Italia) il diritto di voto nelle elezioni degli enti locali e delle Regioni; per le elezioni politiche occorrerà un adeguato dibattito nelle competenti commissioni parlamentari che individui la via adeguata (personalmente ritengo che sia preferibile una modifica costituzionale, come si fece quando si introdusse il voto degli italiani all’estero).

So bene che siedono attualmente in Parlamento non pochi eletti in liste di forze politiche razziste o alle pulsioni razziste occhieggianti e che queste forze politiche si opporranno a questa elementare proposta di civiltà, ma credo che non solo tutte le forze politiche non razziste, ma anche tutti i parlamentari che preferiranno seguire la voce della propria coscienza anziché i diktat di capipartito in camicia bruna, sapranno discernere il bene dal male e porsi la seguente domanda: è giusto che milioni di persone – di persone oneste e benemerite – che vivono stabilmente in Italia debbano continuare ad essere private del diritto di partecipare alle decisioni pubbliche?

Io credo che possa esservi oggi anche in Parlamento, come sono certo vi sia nel Paese, una maggioranza di persone decenti, di persone civili, di persone sollecite della verità e della giustizia, che credono nella democrazia, che pensano che ogni persona che vive in un luogo, che partecipa a una comunità, abbia il diritto di esprimere la sua opinione, il diritto di contribuire a prendere le decisioni che tutti riguardano.

Egregio segretario,

so che questa lettera potrà sembrare a lei e ad altri un atto di ingenuità da parte di un vecchio che dal secolo scorso non ricopre più incarichi pubblici. E forse vi sarà chi penserà che chissà quali secondi fini si celano dietro queste righe a lei, ma non solo a lei, indirizzate.

Ebbene, non vi sono secondi fini, ma solo la consapevolezza di una assurda e inaccettabile realtà: che nel nostro paese milioni di persone sono oggi escluse dal primo e fondamentale diritto democratico, il diritto di voto.

La consapevolezza che la violenza razzista, schiavista e terrorista si può sconfiggere solo con la forza della democrazia, con la forza della legalità, con la forza della verità: inverando la democrazia nel suo primo principio: il diritto di voto.

La consapevolezza che è sempre il momento giusto per fare la cosa giusta.

Spero che questa lettera la raggiunga, che lei voglia prenderla in considerazione, che voglia proporre al suo partito di impegnarsi in Parlamento a sostegno di quanto in essa si propone.

Allego in calce il testo dell'”appello all’Italia civile: una persona, un voto” con alcune delle prime e principali adesioni.

Augurandole ogni bene,

 

Peppe Sini, responsabile del “Centro di ricerca per la pace e i diritti umani” di Viterbo