Giornata intensa e densa quella di ieri per l’equipe di “Welcome to the Cantri” (secondo docu-film sulla Tupac Amaru dopo “Tupac Amaru, Algo esta cambiando”) che in questo momento è a Jujuy. Continuano le testioninianze in esclusiva per Pressenza di Fulvio Faro, uno degli umanisti che segue e aiuta il lavoro della troupe coordinata da Magalí Buj e Federico Palumbo.

Era anche il giorno buono per la visita a Milagro Sala e alle altre attiviste incarcerate, ed in qualche modo ha segnato un po’ il tono della giornata.

La mattina inizia con l’incontro fortuito nella sede della Tupac con una delle protagoniste della prima ora che abbiamo tentato di intervistare, la “Pachica” ex tesoriera dell’organizzazione… tentato perché poco dopo aver iniziato la registrazione ci siamo resi conto, noi e soprattutto lei stessa, che parlare della sua avventura nella Tupac con tutto il disastro di una improvvisa carcerazione preventiva lunga 10 mesi da poco terminata, con lo shock che questo ha provocato nella sua vita familiare e sociale era tema troppo “caldo” era psicologicamente troppo forte e generava troppe emozioni.

Neanche il tempo di capire tutto ciò che ci troviamo di fronte al carcere dell’Alto Comedero, aspettando di essere ammessi, noi e un’altra quindicina di persone, ai colloqui con Milagro e le sue compagne di cattività. In tre serie di colloqui a gruppi sono entrati giornalisti, menbri del Comitato per la Liberazione di Milagro Sala, alcuni dirigenti del sindacato ATE, militanti della Tupac e di altre organizzazioni e il marito, Raul Noro, anche lui da poco uscito dalla carcerazione preventiva. Io sono entrato nel terzo gruppo che ha avuto poco tempo a disposizione, ma in quel poco tempo ho cercato di prendere più “contatto umano” possibile con le persone e la situazione.

Milagro è “flaca” (magra), forse ancora più magra e tirata di sempre, con un tutore che le protegge il ginocchio, la trovo che sta salutando familiari di una delle detenute che festeggia il suo compleanno, ci saluta calorosamente, parla con altri, offre pasticcini e si siede finalmente con noi e suo marito e comincia a raccontare giocosamente alcuni episodi chiave della sua vita che danno il senso della ribellione di una persona che sente di interpretare la dignità di un popolo intero. Infine alcuni aneddoti del suo incontro con Papa Bergoglio in Vaticano, poco prima dell’incarcerazione, dove il Papa chiedeva perdono a nome della Chiesa Cattolica per i torti causati ai popoli indigenti dell’America nel passato colonialista, chiedendole che tutto ciò rimanesse privato fino a quando avrebbe trovato l’occasione giusta per farlo pubblicamente (e questo avvenne mesi dopo con un discorso fatto nella sua visita in Bolivia). Tra una battuta e un pasticcino si è arrivati presto alla fine della visita e tutte insieme le 5 attiviste ci salutavano dalla recinzione vedendoci via via allontanare…

Una delle 5 era visibilmente provata, non apparentemente Milagro che, ci racconta il marito Raul, ha subito instaurato anche con le detenute “comuni” un clima di mutuo sostegno (e questo si vedeva) e si è subito battuta per ottenere miglioramenti nella vita carceraria, nelle modalità delle visite e nell’igiene personale.

Dopo una breve intervista al marito che rivedremo a giorni eccoci di ritorno alla sede della Tupac Amaru per delle riprese dove le protagoniste erano Laura, la maggior attivista attuale che tiene praticamene da sola aperta la sede e le sue attività minime, dormendo lì, la psicologa che sta lavorando con Milagro e la segretaria del comitato nazionale. Infine una intervista con la moglie dell’unico uomo rimasto in carcere, in isolamento. Racconta che al suo compagno gli hanno ammazzato un nipote; lei stessa ha subito le intimidazioni di “misteriori sicari”; una mattina si è ritrovata dei colpi di mitraglietta sulla fiancata dell’auto con la quale accompagna i figli a scuola. La strategia del potere è la stessa: minare e indebolire tutti i militanti vicini a Milagro e, a seconda, corromperli o costringerli con angherie e intimidazioni a far loro confessare cose contro la leader tupaquena; cose che conosciamo per storia e in molti film ma che sembra essere copione perfetto anche per la realtà attuale a Jujuy.

La sera tardi: alla fine una bella passeggiata nel fresco di Jujuy era proprio necessaria… Nei prossimi giorni interviste ad altri attivisti e visita al quartiere pilota dell’esperimento Tupac nell’Alto Comedero, per testimoniare cosa è stato e cosa vive attualmente del progetto cooperativista e indigenista.

Fulvio Faro, San Salvador de Jujuy, 20 Gennaio 2017