Riconobbero, in un obitorio, loro figlio Giulio solo dalla punta del naso. Per tutto il “resto non era più lui, sul suo viso tutto il male del mondo”. Il volto irriconoscibile era sfigurato dalle torture. Sono passati otto mesi, hanno incontrato il Papa e ricevuto migliaia di lettere, ma per il resto è successo poco. A questo balletto i genitori di Giulio Regeni non ci stanno più.

“Continuiamo a chiedere che l’ambasciatore italiano Giampaolo Cantini non venga inviato al Cairo”, ha detto Claudio Regeni, padre del ricercatore, ucciso a febbraio in Egitto, intervenendo insieme alla moglie Paola Deffendi, in videoconferenza, alla serata conclusiva delle “Conversazioni sul futuro” a Lecce. “Finora abbiamo avuto un forte sostegno dalle nostre istituzioni – ha dichiarato Claudio Regeni. Siamo soddisfatti di come sta andando la nostra situazione e dei rapporti tra Italia e Egitto, ma manteniamo ferma la richiesta che l’ambasciatore Cantini non venga inviato in Egitto fino a quando non si saprà la verità sulla morte di nostro figlio”. La mamma di Giulio, Paola, ha aggiunto che “l’Italia ha fatto bene a dire no all’ingresso dell’Egitto nel Consiglio Onu  per i diritti umani”.

“L’Egitto ha messo in atto una serie di depistaggi teatrali e grotteschi per impedirci di arrivare alla verità sulla morte di Giulio, ma temiamo ogni giorno che ce ne vengano offerti altri” ha detto l’avvocato della famiglia Regeni, Alessandra Ballerini, in collegamento video con “Conversazioni sul futuro” di Lecce. L’avvocato Ballarini ha raccontato la difficoltà della famiglia Regeni, “che non ha potuto dedicare tempo ed energie al dolore per la morte del figlio, non ha potuto vivere quel dolore nell’intimità, avendo dovuto esporlo per cercare la verità”. Il legale ha poi passato in rassegna “una serie di depistaggi, il più grave quello che il 24 marzo è costato la vita a cinque persone, uccise a sangue freddo per trovare dei colpevoli per la morte di Giulio. Si è parlato di incidente stradale, poi di omicidio legato a festini gay o al mondo dello spaccio, di rapine, di risse. Tutta la concentrazione era sulla vittima, cercando macchie su di lui e non sul movente o sui colpevoli”.

“Questi depistaggi – ha aggiunto l’avvocato – hanno trasformato i nove mesi dalla sua morte in un percorso a ostacoli, che ancora non è finito, tanto che ogni giorno siamo terrorizzati dal vedere cosa stanno combinando di nuovo in Egitto e quale depistaggio potrebbero offrirci”.

I genitori di Giulio Regeni e il loro avvocato sperano di poter incontrare in dicembre il procuratore generale del Cairo, che sarà in Italia per colloqui con la Procura di Roma. “Abbiamo fiducia assoluta nella magistratura italiana – ha riferito l’avvocato – ma il problema è che le rogatorie effettuate finora non hanno avuto grandi esiti. Anche le novità emerse durante l’incontro dell’8 settembre tra magistrati italiani ed egiziani, relative all’interesse della polizia per Giulio fin dal 7 gennaio, più volte smentito dal Ministro degli Interni egiziano, non vorremmo che fossero solo un’ipotetica svolta e che portassero invece all’ennesimo depistaggio”. Ballerini ha quindi lanciato un appello affinché “chi sa qualcosa parli, anche in forma anonima”, ricordando che è stata creata una piattaforma digitale ad hoc per chiunque volesse far pervenire notizie utili alle indagini alla famiglia Regeni. “In questo momento qualunque particolare potrebbe essere utile”.

Agi.it