Un anno fa, il 12 settembre 2015, Jeremy Corbyn ha vinto a sorpresa le primarie del Partito Laburista britannico, divenendone il leader. Da allora ha dovuto sopportare attacchi incessanti e feroci da parte della stampa e dei suoi stessi compagni di partito, soprattutto parlamentari, fino al voto di sfiducia che ha portato alla ripetizione delle elezioni, il cui esito sarà reso noto il 24 settembre.

In un momento in cui il paese e il mondo politico non si sono ancora ripresi dallo shock della Brexit, l’insofferenza – se non l’odio – per un leader troppo “di sinistra” ha portato i laburisti a perdere mesi in dilanianti lotte interne, mentre i conservatori hanno risolto in fretta il tema del nuovo leader, installando al governo Theresa May e offrendo un’abile immagine di rinnovamento.

Gran parte dei media britannici ripete ossessivamente il ritornello del Corbyn affossatore del partito basandosi sui sondaggi che lo danno molto indietro rispetto ai conservatori (e oggi un editoriale di Repubblica lo ripropone pari pari). Un articolo comparso sul Guardian però pone un altro punto di vista.

Rebecca Long-Bailey, responsabile del Tesoro nel governo ombra laburista, descrive la trasformazione avvenuta nel partito e in tutta la politica britannica durante l’ultimo anno, con un leader che “ha saputo ispirare un nuovo movimento di massa e ha costretto i conservatori  a battere in ritirata. Le folle attirate nei raduni l’anno scorso e in eventi ancora più grandi quest’anno si sono trasformate in attivisti, tanto che i membri del partito sono ormai più di mezzo milione.” E i risultati si sono visti nelle elezioni, con i nuovi sindaci laburisti eletti a Bristol e Londra dopo anni di dominio conservatore.

“Abbiamo denunciato le responsabilità del governo sui Panama Papers e l’evasione fiscale da parte di Google e altre multinazionali” continua Long-Bailey, “e proposto una vera alternativa economica, dimostrando che l’austerity è una scelta politica e non una necessità economica. Con un milione di persone all’anno costrette a rivolgersi ai banchi alimentari, una tremenda crisi degli alloggi, servizi pubblici in disgregazione e lavori sempre più precari, la situazione è esplosiva.”

Corbyn ha avanzato proposte per risolvere tutti questi temi, eppure si è trovato davanti un’ostilità che nessun leader laburista ha mai dovuto affrontare. “Quando tanta parte del dibattito viene condotta in termini così irresponsabili e apocalittici, non c’è da stupirsi che i sondaggi ci diano in calo” accusa Long-Bailey.

Cosa succederà se, come è probabile, Corbyn vincerà le primarie e verrà riconfermato leader? Il “blocco moderato” continuerà nella sua politica suicida, accusandolo di distruggere il partito e di fatto paralizzandolo, o accetterà di appoggiare un leader sostenuto dalla stragrande maggioranza della base?

Al di là degli equilibri interni e delle schermaglie parlamentari, l’enorme crescita di partecipazione e attivismo registrata nell’ultimo anno lancia comunque un segnale di cambiamento e di speranza.