A Londra un ristorante itinerante ha l’obiettivo di dare una chance a donne migranti alla ricerca dell’opportunità di riscattarsi e di un modo per sostenere i loro figli e le loro famiglie

Azeb e Roberta si muovono con calma in cucina, a proprio agio, come due sorelle. Sono cresciute a un oceano di distanza, la prima in Etiopia e la seconda in Brasile, ma stranamente tra di loro parlano in italiano. È un’amicizia nata in cucina, la loro, nello specifico in quella di Mazi Mas, il ristorante itinerante che si appoggia alle cucine di altri locali londinesi, fondato da Niki Kopche con l’obiettivo di dare una chance a donne migranti come loro, arrivate a Londra alla ricerca dell’opportunità di riscattarsi e di un modo per sostenere i loro figli e le loro famiglie.

A fornire a Niki l’ispirazione per questo progetto è stata la storia della nonna, immigrata negli Stati Uniti dalla Grecia. “Come accade ancora oggi per molte donne migranti – racconta Niki – quando lei arrivò non c’erano tante possibilità di lavoro, così pensò di aprire una panetteria. Purtroppo suo marito le proibì di farlo, sostenendo che mettersi in affari non fosse appropriato per una donna. Così finì con il prendersi cura della sua nipotina ed io porto la sua storia con me da sempre”. E in effetti, una volta arrivata a Londra, Niki comincia a lavorare in community cafes, in centri di sostegno per i rifugiati ed è lì che incontra tante donne che raccontano storie simili a quella di sua nonna, le stesse difficoltà e gli stessi sogni a decenni di distanza. Così Niki inizia a pensare a uno spazio in cui le loro ambizioni e le loro capacità, così spesso frustrate da un mercato del lavoro difficile, possano fiorire per arrivare a costruire una carriera sostenibile nella ristorazione.

Nelle cucine di Mazi Mas al momento lavorano sette donne, tutte provenienti da paesi diversi: Etiopia, Brasile, Iran, Perù, Turchia, Senegal e Nicaragua. “Lavoriamo sia con donne arrivate qui per motivi economici, sia con rifugiate in fuga da violenze o persecuzioni politiche nel loro paese di origine”, spiega Niki. Ognuna di queste cuoche porta con sé le tradizioni della propria terra, i piatti che ha visto preparare dalla propria madre o dalla propria nonna.

Azeb viene dall’Etiopia, ma è passata per l’Italia, dove si è sposata. Ha fatto tanti lavori diversi, dalla casalinga, alla donna delle pulizie, passando per la cuoca e la babysitter. Per poi approdare a Londra e scoprire Mazi Mas. Con un figlio adolescente le occorreva un lavoro flessibile, ma soprattutto un impiego che le consentisse di crescere. Ha incontrato Niki mentre seguiva un corso e una volta sentito parlare di Mazi Mas non ha avuto dubbi. “Mi piace far conoscere il cibo della mia terra, amo cucinare e quando mi ha raccontato del progetto la prima cosa che ho pensato è stata: ho trovato il mio lavoro”.

Come le altre cuoche, Azeb ha messo a disposizione di questo ristorante itinerante un piatto tipico della sua terra, l’ater kik wot, preparato con cavolo, barbabietola, lenticchie, patate, carota e injera, una spezia che si fa arrivare direttamente dall’Etiopia. “Ho imparato guardando mia madre che cucinava – racconta – è un cibo fatto con il cuore, ce l’ho nel sangue”.

Un’altra cuoca, Roberta, canticchia mentre si muove in cucina e prepara un dessert a base di frutto della passione. La ricetta arriva, come lei, dal Brasile. Anche per Roberta l’amore per la cucina è nato in famiglia. In particolare il piatto che prepara per Mazi Mas, la feijoada, era quello che sua madre preparava ogni volta per il compleanno di suo padre.

Per lei l’importante è impegnarsi fino in fondo per trovare la propria strada. Per questo in futuro vorrebbe aiutare anche altre donne a farlo.

“A una donna che arriva per la prima volta in un paese dove vuole provare a costruire una vita direi di impegnarsi per imparare la lingua e per scoprire spazi dove usare le proprie capacità, che sia cucinare o stirare o qualsiasi cosa – spiega – l’importante è non arrendersi”.

È proprio la forza di queste donne e dei loro sogni ad animare la cucina di Mazi Mas, che deve molto alla loro perseveranza e al loro orgoglio.

“Non ho mai sentito di un’organizzazione che mette insieme donne che anche senza un diploma o un corso hanno comunque una conoscenza che possono portare fuori invece di rimanere chiuse in casa”, dice Azeb. Roberta sorride e aggiunge semplicemente che “Dio è donna; gli uomini hanno rubato le storie delle donne”.

Il progetto di Niki è riuscire a mettere in piedi un programma a lungo termine che possa fornire alle migranti anche una formazione in management e business così che possano un giorno avviare le proprie attività, come sua nonna non è mai stata in grado di fare. Molte delle cuoche della sua cucina già stanno coltivando piani per il futuro.

Dipa dal Nepal vuole continuare a lavorare nel settore, introdurre nuove contaminazioni culinarie e così creare nuovi posti di lavoro. Zohreh vorrebbe aprire una caffetteria. E poi ci sono Azeb e Roberta che vorrebbero avviare un’attività insieme, uno stand di pao de queijo, i bocconcini di pane al formaggio brasiliani.

Secondo Niki, “il cibo è il migliore mezzo di integrazione”, e a guardare la sua cucina viene proprio da crederci.

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