di Dick Nichols

La dirigenza spagnola ed europea ha, nel momento in cui scrivo, meno di una settimana per sbarrare la porta all’avanzata dell’alleanza progressista Uniti Possiamo (Unidos Podemos) alle elezioni generali del 26 giugno in Spagna.

Come se la stanno cavando? Così come stanno le cose, non molto bene. Tuttavia in questa guerra di vecchia corruzione e vecchi privilegi contro la speranza di cambiamento il potere costituito e i suoi media stanno arrivando al capolinea per bloccare l’avanzata di Uniti Possiamo. Solo un esempio: il principale titolo del numero del 20 giugno del quotidiano conservatore El Mundo strillava: “BANCHIERI OLTREOCEANO SEGNALANO RECESSIONE SE VINCE PODEMOS”.

Uniti Possiamo mette insieme Podemos e Sinistra Unita (IU) e vaste coalizioni in Catalogna (Insieme possiamo), Galizia (In marea) e Valencia (A La Valenciana). Nelle Isole Baleari Uniti Possiamo include anche la forza regionalista verde-sinistra Di Più per Maiorca (Mès). La nuova colazione è stata creata agli inizi di maggio dopo che era divenuto chiaro che la disunione tra Podemos e IU era costata molti seggi alle elezioni generali del 20 dicembre.

Ora, dopo che quelle elezioni non hanno prodotto una coalizione di governo, la Spagna sta passando a un “secondo round” elettorale in cui la campagna di Uniti Possiamo è l’unica vera novità. Minaccia di capovolgere la politica spagnola sorpassando il Partito Socialista dei Lavoratori spagnolo (PSOE) come primo partito della sinistra.

Nell’attuale contesto il PSOE, il Partito Popolare (PP) conservatore al governo e i modaioli di Cittadini hanno in effetti ricevuto tutti contratti sovrapposti dalle élite dominanti per il compito di tenere il nuovo giocatore fuori dal “loro” quartiere. Tutti possono proporre agli elettori i loro diversi programmi, ma a condizione di condividere lo stesso punto principale: chiunque come primo ministro ma non “il tizio con la coda di cavallo” (il principale candidato di Uniti Possiamo, Pablo Iglesias).

Comune a tutti e tre i partiti del sistema è una sintesi di paura e ripugnanza: ciascuno è libero di sparare addosso a Uniti Possiamo l’accusa “estremista”, “populista”, “ideologico”, “sognatore”, “distruttivo”, “anticostituzionale”, “inesperto”, “negativo”, “antieuropeo” e “minaccia all’unità della Spagna”.

Al tempo stesso le dispute dei tre partiti devono essere tenute sotto controllo per assicurare che, insieme, Uniti Possiamo e le altre coalizioni radicali non superino il PSOE. Tale risultato porrebbe la socialdemocrazia spagnola, il partito più antico del paese (fondato nel 1879), sotto grande pressione per diventare un partner di minoranza di un governo a guida Uniti Possiamo, riproducendo a livello generale in Spagna l’alleanza governativa nei consigli comunali di Madrid, Barcellona e Valencia.

Il 15 giugno il primo ministro ad interim del PP, Jorge Fernàndez Dìaz – un cultore cattolico di Santa Teresa dalla mentalità feudale e con una ripugnanza viscerale per la sinistra e per il “secessionismo” catalano – non ha potuto fare a meno di lasciarsi scappare la verità: “Forse un superamento [del PSOE da parte di Uniti Possiamo] sarebbe un bene per il PP, ma sarebbe un male per la Spagna”.

Quanto al PSOE il segno più chiaro della sua disperazione è il crescente impiego del vecchio standard della politica centralista spagnola, attacchi farneticanti ai “rossi” e ai “secessionisti” mirati a buttar giù dal letto ogni elettore in ritardo il giorno del voto. Probabilmente ad aprire la via a raschiare il fondo del barile è la premier andalusa Susana Dìaz che l’11 giugno ha detto che “i voti degli andalusi non pagheranno per i privilegi di Ada Colau [sindaca di Barcellona] né per la bizzarra assurdità dei filo-indipendentisti cui lei è legata”.

Comunque la Dìaz in questa gara concorre con l’ex premier del PSOE dell’Estremadura, Juan Carlos Rodriguez Ibarra. In una manifestazione del 16 giugno nella capitale regionale Mérida ha detto che “non ci depraveremo a vestirci di stracci e a fare accordi con i comunisti, non lo faremo, non abbiamo mai fatto accordi con i comunisti”. Ha aggiunto che il PSOE “non farà mai accordi con nessuno che difenda il diritto all’autodeterminazione”.

L’altra tendenza individuabile nei sondaggi dell’ultima quindicina è l’aumento del voto totale a favore della vasta sinistra spagnola a tutto campo (Uniti Possiamo più PSOE) rispetto alla destra spagnola a tutto campo (PP più Cittadini).

Il 20 dicembre quel voto è stato praticamente pari: la destra ha ottenuto il 42,5% e la sinistra il 42,7%. Al 19 giugno la media dei sondaggi dell’ultima quindicina ha mostra il voto totale a destra al 43,9% e quello alla sinistra allargata al 45,9%.

Questa realtà tesa non ha fatto altro che aggravare l’agonia e le tensioni interne del PSOE. Esse sono state ulteriormente esacerbate dal fatto che le offensive della campagna scatenate dai tre partiti tradizionali contro Uniti Possiamo sembrano lungi dall’aver avuto qualche effetto sul suo impeto.

Per primo è venuto il fallimento della campagna scandalistica sul “collegamento venezuelano” di Podemos-IU: doveva dipingere Podemos come una creatura del bolivarismo e convincere gli elettori che portare al governo Uniti Possiamo avrebbe significato importare in Spagna i mali economici del Venezuela.

Dopo una settimana di commenti ironici di portavoce di Uniti Possiamo a proposito dell’interesse unilaterale degli altri partiti alle violazioni dei diritti umani fuori dalla Spagna, PP, PSOE e Cittadini hanno più o meno lasciato cadere il tema venezuelano; i loro gruppi di analisi sociale avevano probabilmente detto loro che gli elettori spagnoli indecisi erano più interessati ad altri problemi.

Dopo il Venezuela è venuta la Grecia. Prima dell’unico dibattito televisivo della campagna (13 giugno) tra i quattro leader di partito, Rajoy aveva detto contro Podemos: “Il loro catalogo pretende di essere svedese [un’allusione allo stile IKEA dell’opuscolo elettorale di Podemos], ma cela una realtà greca”.

A questa linea di attacco, spinta con forza dalla “caverna” mediatica di Madrid, ha risposto il 15 maggio Iglesias in un’intervista al quotidiano conservatore madrileno La Razòn, in cui gli è stato chiesto se non temeva che Podemos potesse trasformarsi in un bluff come SYRIZA:

Fortunatamente per gli Spagnoli, la Spagna non è la Grecia. Siamo la quarta economia più vasta dell’Europa. Nel bene e nel male la Grecia è oggi quasi un protettorato, quasi priva del potere sovrano di prendere decisioni politiche. Sono costretti a sistemare i disastri lasciati dai partiti precedenti, Nuova Democrazia e PASOK. La Spagna, nonostante tutte le sue tribolazioni, ha un’economia molto più forte. Con difficoltà ed entro certi limiti le cose possono essere fatte in modo diverso qui.

Approccio di Uniti Possiamo

Avendo unito IU e Podemos su un’unica piattaforma, la campagna di Uniti Possiamo si è concentrata decisamente sull’attirare tradizionali elettori del PSOE: il suo messaggio è che il suo obiettivo consiste nel superare il PP come primo partito e che il PSOE non è un nemico ma un partner in un futuro governo di sinistra in stile Barcellona.

Molto dello sforzo di Uniti Possiamo è stato dedicato a garantire che non sarà offerto alcun calcio di punizione alla dirigenza del PSOE alla disperata ricerca di un pretesto per giustificare la sua mancata collaborazione a un governo di sinistra.

Inoltre, per contribuire a rendere digeribile alla base del PSOE un’alleanza di governo con Uniti Possiamo, Iglesias ha dichiarato al Circolo Economico di Barcellona il 26 maggio:

“Siamo l’espressione politica che nasce dalla convinzione che le politiche di austerità e di riforme strutturali non solo non risolvono la situazione attuale ma comportano anche un costo eccessivo per un vasto segmento della popolazione che né è responsabile della crisi, né ha i mezzi per sopportarla. Qualcuno ci definirà oggi i nuovi socialdemocratici. Potete appiccicarci qualsiasi etichetta vi piaccia. Quello che è chiaro è che in nome dell’efficienza è necessaria una politica economica diversa. Oggigiorno c’è unanimità tra un buon numero di economisti – su scala mondiale – sul fatto che le cosiddette politiche di austerità sono state inefficaci nel far fronte alla crisi”.

 

Dick Nichols è il corrispondente europeo del Green Left Weekly e del Links International Journal of Socialist Renewal, residente a Barcellona.

Da ZNetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo

Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/spanish-general-election-united-we-can-knocking-at-the-door/

Originale: Links.org

traduzione di Giuseppe Volpe

Traduzione © 2016 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.0

 

Link all’articolo completo: http://znetitaly.altervista.org/art/20297