Tempo fa abbiamo presentato l’opera artistica di Abdullah al- Rozzi, un artista di Gaza, come arte sotto l’occupazione. Si tratta dunque di un’arte che nasce dalla sofferenza, dall’utero della sofferenza, come ci dice Abdullah. Siamo convinti che l’arte dei popoli occupati sia un’arte sublime da rispettare ed ammirare. E Abdullah al-Rozzi è un esempio di quest’arte. Vorremmo ringraziare il Signor al-Rozzi per aver risposto alle nostre domande. Speriamo che Gaza sia presto libera e che gli artisti di Gaza scopriranno nuovi orizzonti per la loro arte, al di là dell’orribile realtà del colonialismo sionista.

 Che cosa significa l’arte palestinese per te?

L’arte palestinese per me significa identità, eredità e cultura dei palestinesi e rappresenta dunque un mezzo per difendere un popolo indigeno privo di alcun potere che cerca disperatamente di aggrapparsi alla propria terra, alle sue tradizioni e ai suoi valori. L’arte è capace di superare le barriere del silenzio e l’immaginazione artistica permette di esprimere idee ed opinioni che si trovano oltre gli standard accettati e la correttezza politica.

 

Che importanza ha l’espressione della sofferenza palestinese nell’arte?

Noi palestinesi che viviamo sotto un’occupazione continua e brutale, che siamo assediati, perseguitati, derubati, arrestati, torturati e uccisi, non possediamo alcun potere militare e non disponiamo neppure di altri mezzi di difesa per proteggere l’esistenza del nostro popolo. Di conseguenze ci rimane l’unica alternativa di far riferimento alla forza e al vigore della nostra cultura e arte al fine di esprimere il nostro desiderio di libertà e di giustizia. Un indirizzo artistico di questo tipo viene promosso dalle attività artistiche e dalle manifestazioni nazionali, sostenute da palestinesi dalle esperienze molto diversificate, inclusi i detenuti e i rifugiati che si rendono tutti partecipi di quest’arte.

Tu dici che l’arte deriva dall’utero della sofferenza. Potresti spiegare questo tuo pensiero?

Nonostante l’inimicizia nei loro confronti, nonostante l’ingiustizia e la pressione dell’occupazione militare, la continua minaccia delle persecuzioni delle case, di arresti, di torture e di reclusioni, nonostante le invasioni militari regolari accompagnate da bombardamenti inesorabili, che portano morte e distruzioni; e nonostante la “tolleranza” dei crimini israeliani contro l’umanità da parte del resto del mondo, gli artisti palestinesi sono ancora in grado di trovare materiali, spazio e tempo per creare opere d’arte espressive.

Che significato assume l’occupazione per gli artisti palestinesi? Quali sono gli aspetti più duri dell’occupazione sionista?

L’incubo dell’occupazione con la sua continua persecuzione non solo rende impossibile qualsiasi senso di normalità, distruggendo la libertà di movimento, d’espressione, di lavoro, di costruzione e ricostruzione di un’infrastruttura distrutta o la libertà di religione. Questo rifiuto di concedere i diritti umani viene rafforzato illegalmente mediante punti di controllo militari umilianti, rinchiusi dall’apartheid, che ci rinchiude tra muri con delle torri di controllo che rubano la terra ai palestinesi e dividono le famiglie palestinesi. Inoltre molte famiglie palestinesi vengono volutamente sloggiate da Israele.

In che modo gli artisti riescono ad esprimere idee politiche?

Gli artisti palestinesi, che hanno le loro preferenze come tutte le altre persone, desiderano esprimere l’umanità e la giustizia delle loro comunità. Ma viene loro impedito di farlo a causa di tutte le limitazioni imposte dal potere dell’occupazione e dalle sue ramificazioni politiche. La loro libertà di espressione viene limitata dalla minaccia di tutte le possibilità, dalla perdita della libertà e dalla perdita della vita.

Per me l’arte è un linguaggio universale per promuovere la pace. Che ne pensi di questo?

AR: Spero che un’arte espressiva di questo tipo aiuterà a costruire ponti tra diversi popoli e a migliorare le opportunità di costruire un mondo all’insegna della pace e della sicurezza.

Traduzione in italiano a cura di Promosaik

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