Una lettera aperta al Presidente del Consiglio dei Ministri

Egregio presidente del Consiglio dei ministri,

il moltiplicarsi e l’estendersi delle abominevoli stragi compiute dalle organizzazioni terroriste tragicamente dimostra l’assoluta necessità ed urgenza di strategie di contrasto adeguate ed efficaci. Strategie di contrasto che non ripetano gli sciagurati errori che hanno consentito e fin favoreggiato la nascita e la crescita delle organizzazioni terroriste.

Alcuni dati di fatto

Credo che alcuni dati di fatto siano ormai evidenti a chiunque:

– le guerre che hanno devastato e destrutturato alcuni stati – dalla prima guerra del Golfo ad oggi – hanno creato le condizioni per l’affermarsi, l’estendersi e il radicarsi di organizzazioni criminali di inaudita ferocia;

– i bombardamenti a tappeto che diversi stati eseguono da anni senza soluzione di continuità sui territori e sulle popolazioni cui l’Isis ha imposto la sua dominazione schiavista, terrorista e genocida non solo non hanno sconfitto l’organizzazione criminale, ma ne hanno rafforzato la propaganda;

– i governi di alcuni paesi democratici continuano sciaguratamente ad essere complici e protettori di regimi e potentati che in vario modo sostengono – finanziandole ed armandole, e finanche fiancheggiandole militarmente – le organizzazioni terroriste;

– pensare di contrastare il terrorismo con la guerra è una triplice assurdità: in primo luogo perché la guerra è essa stessa terrorismo e stragismo portati all’estremo; in secondo luogo perché aggiungendo stragi a stragi essa favorisce la propaganda e il reclutamento da parte delle organizzazioni terroriste; in terzo luogo perché con essa gli stati stessi divengono organizzazioni terroriste e stragiste.

Alcune cose che occorre fare

Che fare dunque per far cessare i massacri, per recare soccorso agli innocenti, per arrestare i criminali?

Alcune cose sono talmente evidenti che è fin troppo facile elencarle:

– occorre far cessare la guerra in Siria, ed a tal fine occorre promuovere un accordo tra il governo di Damasco e tutte le opposizioni – civili e militari – disponibili a una trattativa che miri a ripristinare un ordinamento giuridico statuale sull’intero territorio ed a realizzare uno stato di diritto, democratico e rispettoso dei diritti umani;

– occorre far cessare il caos negli altri paesi in cui regimi e milizie si fronteggiano nella destrutturazione degli ordinamenti giuridici inabissandosi nella barbarie, ed a tal fine occorrono adeguati interventi diplomatici, politici ed economici, forti azioni umanitarie di soccorso alle popolazioni e di ricostruzione delle infrastrutture civili, rilevante presenza di corpi civili di pace, un’opera di disarmo generalizzato;

– occorre far cessare il traffico di armi: meno armi sono disponibili, più vite umane si salvano; meno armi sono disponibili, più i conflitti si smilitarizzano e si civilizzano; meno armi sono disponibili, più cresce il rispetto della dignità umana, la fiducia nei rapporti sociali, la democrazia;

– occorre far cessare tutti gli interventi di carattere bellico per poter avviare un’azione di polizia contro i criminali assassini: guerra ed azione di polizia (anche internazionale) sono incompatibili;

– occorre che i criminali assassini appartenenti alle organizzazioni terroriste siano catturati, processati e condannati secondo gli standard legali internazionalmente accettati, nel rispetto dei diritti umani inerenti ad ogni essere umano.

Non sono cose facili, la situazione è complessa e resa assai instabile da molti fattori e molte dinamiche, non esistono soluzioni semplici ed immediate, ma proprio per questo occorre iniziare subito ad operare nella giusta direzione: la direzione della pace e dei diritti umani, del salvare le vite come primo dovere comune dell’umanità intera.

La scelta di fondo

Non mi nascondo e non le nascondo che in queste proposte e in questo ragionamento sono implicate scelte etiche e politiche, necessariamente concrete e coerenti, assai impegnative, ed a mio parere assolutamente ineludibili: in primo luogo l’urgente necessità del disarmo e della smilitarizzazione dei conflitti e delle relazioni a livello globale (con le sue ovvie conseguenze: lo scioglimento delle alleanze militari belligene; la progressiva e drastica riduzione delle spese militari ed il connesso trasferimento delle risorse verso strutture e interventi di pace e di solidarietà – la difesa civile non armata e nonviolenta, i corpi civili di pace, l’azione umanitaria, la cooperazione internazionale…).

Per dirla in breve: scegliere la nonviolenza come unica politica adeguata.

Alla nonviolenza infatti ci invitano le menti e le esperienze più luminoso del nostro tempo.

Ed alla nonviolenza ci invita il filo conduttore, la “corrente calda”, della Costituzione della Repubblica Italiana quando nei suoi “principii fondamentali” vincola lo stato italiano alla difesa dei diritti umani, all’accoglienza delle persone oppresse, al ripudio della guerra.

Lei che ha studiato la figura e l’opera di Giorgio La Pira, che proviene da quella Firenze in cui assai vivo è tuttora il magistero di Ernesto Balducci e di Lorenzo Milani e di tante altre insigni figure di educatori alla pace, e che ha espresso vivo consenso all’impegno di pace dell’attuale pontefice cattolico, ha l’opportunità in virtù del suo rilevante incarico pubblico – ed alla luce di un profondo esame di coscienza – di dare una svolta alla politica italiana nello scenario internazionale scegliendo finalmente la pace e la nonviolenza, adoperandosi quindi per il bene comune dell’umanità in un mondo ormai unificato.

Egregio Presidente del Consiglio dei Ministri,

è evidente che non è possibile nelle poche righe di una lettera aperta svolgere le articolate argomentazioni che alle brevi conclusioni sopra esposte mettono capo.

E tuttavia mi sembrava utile proporle queste essenziali riflessioni e – se me lo consente – questi sinceri consigli.

Come molte persone (e vorrei dire, se non suonasse retorico: come tutte le persone coscienti della gravità della situazione in cui oggi si trova l’umanità) sono assai preoccupato delle scelte e dei proclami di alcuni ministri italiani che in questi giorni e mesi hanno detto cose davvero non meditate ed in flagrante conflitto con la legge fondamentale del nostro stato; e sono ancor più angustiato dal fatto che il nostro paese continua a partecipare a inammissibili guerre, continua a rifornire di armi regimi belligeranti e violatori dei diritti umani, continua a far parte di alleanze militari responsabili di crimini gravissimi; continua a sperperare risorse ingentissime a fini di morte (in ultima analisi a questo servono le spese militari: ad alimentare un apparato il cui fine ultimo è fare la guerra, che sempre e solo consiste dell’uccisione di esseri umani).

L’Italia è una democrazia. Esiste lo strumento del voto. Ed esiste anche lo strumento della franca parola, della libera discussione, dell’azione civile, del buon esempio.

Glielo dico sinceramente: ben poco, o quasi nulla, di ciò che sta facendo il suo governo condivido; ma se il suo governo decidesse finalmente di inaugurare una politica di pace, di disarmo, di smilitarizzazione, di nonviolenza, una politica concretamente e coerentemente orientata a salvare le vite invece di sopprimerle, ebbene, apprezzerei e sosterrei queste iniziative nonviolente di pace con tutto il cuore.

Ogni vittima ha il volto di Abele. Salvare le vite è il primo dovere.

La civiltà umana è sull’orlo dell’abisso. Solo la nonviolenza può salvare l’umanità dalla catastrofe.

Ringraziandola per l’attenzione, voglia gradire distinti saluti.

Peppe Sini, responsabile del “Centro di ricerca per la pace e i diritti umani”