Papa Francesco si accinge ad andare in Repubblica Centrafricana, un’occasione preziosa per riportare all’attenzione del mondo una crisi gravissima e dimenticata.

Dal 2013 il paese vive uno stato di insicurezza politica e violenze continue (l’ultimo picco a fine settembre con decine di morti e centinaia di feriti). Il 20% della popolazione è sfollato o rifugiato nei paesi vicini. La situazione medico-umanitaria è quella di un’emergenza cronica e prolungata: 1,5 milioni di persone soffrono la fame, il tasso di prevalenza dell’HIV è il più elevato dell’Africa centrale, i bambini muoiono di malaria, il 72% delle strutture sanitarie pubbliche è danneggiato o distrutto. Nonostante tutto, le Nazioni Unite hanno retrocesso questa crisi dal livello 3 al livello 2, con una conseguente minore allocazione di risorse e personale per un paese che ne ha disperatamente bisogno.

Medici Senza Frontiere lavora nella capitale Bangui e gestisce più di 15 progetti in tutto il paese. Offriamo assistenza medico-umanitaria agli sfollati, alle vittime delle violenze, alle comunità musulmane bloccate nelle enclave e testimoniamo violenze quotidiane ed estreme che non risparmiano le strutture sanitarie.

“Il paese viene da anni di conflitto e di violenza. La gente continua a fuggire per paura di attacchi dei gruppi armati e l’accesso umanitario sta diventando sempre più complicato – ha detto Enrica Picco, esperta di affari umanitari di MSF con una lunga esperienza in Repubblica Centrafricana. “La visita del papa sicuramente contribuirà a dare visibilità a una crisi che rischia di essere dimenticata. È importante che il paese rimanga una priorità a livello di assistenza umanitaria e nell’agenda politica internazionale.”

Di seguito una scheda sul Paese:

  • La Repubblica Centrafricana (CAR) vive una situazione di emergenza sanitaria cronica e prolungata. La crisi politica e la violenza che scuote il paese dal 2013 hanno aggravato la carenza generale di servizi sanitari e il 72 per cento delle strutture sanitarie sono state danneggiate o distrutte. Allo stato attuale, la stragrande maggioranza delle strutture sanitarie pubbliche dipende dal sostegno di organizzazioni umanitarie e religiose.
  • Più di 447.000 persone sono ancora sfollate in CAR, più di 44.000 nella sola Bangui. A loro si aggiungono i 460.000 rifugiati centrafricani che sono fuggiti nei paesi limitrofi, soprattutto in Camerun, Ciad e nella Repubblica democratica del Congo (RDC). In totale, il 20% della popolazione del CAR è sfollato internamente o rifugiato nei paesi vicini.
  • Il 26 settembre, Bangui è stata teatro di una nuova ondata di violenza e da allora l’insicurezza persiste. Molte altre persone anno cercato rifugio nei già gremiti campi per sfollati. MSF le assiste attraverso cliniche mobili in sei aree della capitale. I gruppi armati ancora attivi e la criminalità organizzata rendono la sicurezza incerta a Bangui e in molte zone del paese. Questa situazione continua a ostacolare la capacità di MSF di raggiungere le persone bisognose di assistenza. Le cliniche mobili di MSF sono state fermate più volte da persone armate nelle vicinanze di città come Batangafo, Kabo, Bambari e Boguila.
  • Dal mese di maggio, in alcune zone si osserva un forte aumento degli incidenti a scapito delle ONG. Durante le violenze del mese di settembre, molte ONG sono state saccheggiate, prese di mira e derubate.
  • La situazione delle popolazioni isolate rimane estremamente preoccupante. A Carnot, le popolazioni musulmane vivono intrappolate da oltre un anno. MSF continua a sostenerle attraverso cliniche mobili ed è stato istituito un sistema di riferimento per il ricovero dei pazienti. A PK5, l’enclave musulmana di Bangui, la situazione non migliora e la popolazione non riesce a provvedere ai propri bisogni fondamentali. Per quanto riguarda gli sfollati che cercano rifugio nella Diocesi di Berberati, tutti sono riusciti a tornare alle loro case tra la fine di luglio e i primi di agosto 2015.
  • Le percentuali di copertura vaccinale nella CAR erano già ben al di sotto degli obiettivi nazionali prima del 2013, ma la crisi ha provocato la diminuzione delle attività di vaccinazione nel paese. Per MSF, la vaccinazione rimane una priorità per tutelare la salute dei bambini piccoli. All’inizio di quest’anno, MSF ha organizzato campagne di vaccinazione di massa contro il morbillo nel campo sfollati, nella città di Batangafo e nelle città di Bria, Nzako e Bakouma, nella parte orientale del paese. Un’altra campagna di vaccinazione si è svolta nelle città di Berberati e Mbako nel mese di maggio. In totale, oltre 60.000 bambini sono stati vaccinati contro il morbillo.
  • La malaria è la principale causa di morte tra i bambini di età inferiore ai cinque anni. Per proteggere i bambini durante la stagione di punta della malaria, ai primi di luglio MSF ha lanciato una campagna terapeutica preventiva antimalarica nelle regioni di Batangafo, Kabo e Ndele. In totale, durante il primo turno oltre 15.000 bambini hanno ricevuto il trattamento. Il secondo e il terzo turno si sono svolti nel mese di ottobre e novembre e – nonostante le precarie condizioni di sicurezza – hanno interessato circa 12.000 bambini.

Ad oggi, MSF gestisce più di quindici progetti sparsi in tutto il paese. A questi si aggiungono i progetti di assistenza ai rifugiati centrafricani in Camerun, Ciad e nella Repubblica Democratica del Congo. I nostri progetti si concentrano in particolare sulla malaria, le vaccinazioni e la salute materno-infantile. Più di 2.400 operatori nazionali lavorano insieme a 230 operatori internazionali.