Il termine “labirinto” fa in genere pensare a un intrico di vie che offre molte alternative, ma spesso conduce a vicoli ciechi, a un edificio o un giardino dalla pianta intricata e complessa, o a una situazione cupa e oppressiva in cui si rischia di perdersi. Questa è tuttavia una formulazione ellenistica, risalente al periodo di massima diffusione della cultura greca, che si è in seguito affermata al punto da comparire in molti vocabolari come unica definizione. I labirinti più antichi – a partire dalle incisioni rupestri trovate tra l’altro in Spagna, Sardegna, Arizona e India – sono però quelli uni-cursali, che presentano una sola via e non offrono alcuna possibilità di perdersi. Labirinti di questo tipo compaiono successivamente in culture molto diverse tra loro, ma unite dalla speranza della rinascita e dalla credenza della vita dopo la morte.

La forma si ripete con qualche variazione (a volte i labirinti sono circolari, altre ottagonali o quadrati, a volte hanno undici spire, a volte meno), ma la funzione e il significato sono gli stessi: un percorso di iniziazione  e di contatto con il Sacro, come morte e rinascita simbolica. Due esempi in particolare illustrano il filo invisibile di una spiritualità che percorre i millenni e si manifesta in luoghi e momenti diversi: i labirinti delle cattedrali gotiche francesi e quelli d’erba inglesi e tedeschi.

Le cattedrali gotiche sorgono in tutta l’Europa in un periodo di grande fermento spirituale e la loro costruzione coinvolge intere comunità, in un rimando allo sforzo collettivo delle civiltà neolitiche, impegnate per generazioni nella creazione di magnifici templi. Quelle dotate di enormi labirinti percorribili e meta di pellegrinaggi di massa si concentrano nel nord della Francia; a prima vista di tratta di una particolarità sconcertante, che acquista però un nuovo significato collegandola alla pressante necessità da parte della Chiesa di evitare il risorgere di altre eresie come quella dei Catari, repressa nel sangue con la terribile Crociata degli Albigesi e occasione per la creazione dell’Inquisizione. I labirinti delle grandi cattedrali potrebbero dunque rappresentare lo sbocco fornito dalla Chiesa al bisogno di contatto con il Sacro e al fervore mistico che erano stati alla base dei movimenti eretici. La crociata degli Albigesi aveva visto tra i suoi protagonisti i grandi signori del nord della Francia, che ne erano usciti rafforzati in terre e potere e intendevano difendere quella loro nuova posizione da qualunque minaccia e messa in discussione: un altro motivo che potrebbe spiegare la concentrazione dei labirinti percorribili proprio in questa zona.

Si può allora formulare l’ipotesi che i labirinti percorribili fossero stati pensati e disegnati per permettere ai fedeli e ai pellegrini che accorrevano nelle cattedrali un contatto diretto con il Sacro, attraverso un percorso che, pur inquadrato in un contesto cristiano, non aveva bisogno di dogmi, intermediazioni e gerarchie. Ossia proprio il nucleo che rende ogni eresia pericolosa per il potere della Chiesa. Potrebbe essere questa la vera ragione, molto più profonda del fastidio per gli schiamazzi dei bambini fornito come spiegazione “ufficiale”, che ha portato in seguito alla distruzione dei labirinti e limita ancora oggi la visita a quello di Chartres, coperto di sedie salvo nei venerdì dei mesi estivi.

Percorrere gli enormi labirinti delle cattedrali richiedeva pazienza e permanenza, destabilizzava e faceva perdere ogni riferimento. L’unico sostegno era la fede che prima o poi il pellegrino sarebbe arrivato al centro e all’”illuminazione” e alla rinascita tanto cercate.

Alkborough

Labirinto d’erba di  Alkborough, Gran Bretagna

La forma dei labirinti delle cattedrali gotiche si ritrova in quelli d’erba inglesi e tedeschi, di cui sono rimasti solo una decina di esemplari. La loro ubicazione all’aperto, spesso in cima a colline, vicino a sorgenti e corsi d’acqua e in corrispondenza di luoghi sacri di culture precedenti fa pensare all’ennesima manifestazione di una ricerca del Sacro legata al contatto con la natura e alla celebrazione dei suoi doni, a una spiritualità gioiosa e profonda, in cui il divino non si oppone al terreno.

Un filo invisibile ma potente collega i riti di fertilità delle civiltà agricole del Neolitico con le danze, le corse e le processioni in occasione delle feste primaverili di comunità molto successive, ma che dipendono comunque dalla coltivazione dei campi e dall’allevamento per la loro sopravvivenza. Le antiche celebrazioni vengono trasferite in un contesto cristiano e legate alla Pasqua, ma soprattutto nelle feste di maggio conservano le caratteristiche gioiose e il sottofondo sensuale che probabilmente spiegano la distruzione di tanti labirinti d’erba a opera dei puritani inglesi. Il loro senso profondo si perde nel corso del tempo, per diluirsi in innocui divertimenti o finire confinato in giardini privati. La recinzione da parte dei proprietari terrieri dei terreni comuni dove spesso sorgevano i labirinti d’erba porta alla loro scomparsa e alla perdita di una dimensione comunitaria che andava al di là degli aspetti puramente materiali.

Distrutti, dimenticati o fraintesi, i labirinti continuano a comunicare il loro profondo significato a chi gli si avvicina in un atteggiamento di umile e attenta ricerca: percorsi costruiti dall’essere umano in epoche e contesti diversi, ma sempre con il proposito di facilitare l’accesso al Sacro.

La monografia da cui è tratta questa breve sintesi studia il significato e la funzione dei labirinti in culture e luoghi lontani e diversi e punta attraverso letture, ricerche e indagini sul campo a verificare l’ipotesi che essi costituissero un percorso di accesso al Sacro.

Il testo completo si può scaricare al link:

http://www.parcocasagiorgi.org/centro-studi/category/435-anna-polo-i-labirinti-e-l-accesso-al-sacro.html