Forse nessuno ve l’ha ancora detto, i mass media non ne parlano e anche da parte dei sindacati, sulla questione, c’è un silenzio quasi assoluto.
Il dato principale è che nel 2015 mediamente i dipendenti con reddito inferiore ai 26.500 euro alla fine dell’anno corrente percepiranno 1500€ in meno, soldi che in buona parte finiranno nelle tasche del governo.
Inutile adesso stracciarsi le vesti , come spiegato in seguito, il danno per i lavoratori dipendenti per l’anno in corso purtroppo è già conclamato.
Tutta la questione è incentrata sui “premi di risultato”, fino al 2014 i premi erano considerati salario di produttività e per tanto soggetti a tassazione separata e agevolata pari quindi al 10%.
Questa regola della tassazione separata legata ai premi di produttività finora aveva permesso anche vantaggi fiscali e contributivi per le imprese che grazie ad essa risparmiavano circa 1,2 miliardi di contribuzione. Questa nuova “porcata” si rende possibile grazie ad un semplice espediente, non promulgare un semplice decreto legge.
La detassazione del salario di produttività, era stata introdotta a partire dal 2008, tramite la legge 126/08, essa si configura come una misura non strutturale che ogni anno ripropone uno sgravio fiscale sui bonus erogati ai lavoratori da rinnovare tramite promulgazione del decreto attuativo. A partire dal 2008 era sempre stato promulgato da tutti i precedenti governi . Persino il famigerato governo Monti, nonostante le varie manovre impopolari lo aveva comunque promulgato anche per l’anno 2011.
Nel 2013 e nel 2014 ad esempio, i premi retributivi e le voci di salario legate agli incrementi della produttività erano stati concessi con tassazione agevolata al 10%, con un massimo di 2.500 euro di sconto fiscale riservato ai lavoratori con reddito annuo fino a 40mila euro.
Le risorse erano state rese disponibili grazie dalla Legge di Stabilità (art. 1, comma 481, legge 228/2012), che rimandava poi ad un successivo decreto attuativo i criteri di applicazione  il DPCM del 22 gennaio 2013, pubblicato in GU n.75 del 29 marzo 2013.
Renzi, sostiene di essere dalla parte dei lavoratori e al tempo stesso anche dalla parte delle imprese ma il dato vero che nessuno riporta è che a parlare chiaro sono i numeri, facciamo un esempio, il lavoratore dipendente medio, con reddito di 26.500 euro di cui 3.000 provenienti dal premio di risultato, l’anno scorso ha pagato l’Irpef su 23.500 euro, mentre per i 3.000 euro di premio residui aveva beneficiato della tassazione agevolata del 10%, godendo così di un credito d’imposta di circa 640 euro, soldi provenienti dal DL66/14, per intendersi meglio il decreto dei tanto decantatati 80 euro di Renzi…
Non aver rinnovato il decreto nel 2015 ha comportato immediatamente la scomparsa della tassazione agevolata per il salario di produttività̀  che passa così dal 10% al 32%.
Il nostro lavoratore medio perciò, nelle medesime condizioni, con un reddito di 26.500 euro, di cui 3.000 pagati con il premio di risultato, quest’anno si vede tassata l’intera cifra con le aliquote Irpef  legate agli scaglioni, in pratica non ci sono più quote sottoposte a tassazione separata e così dispone di un reddito superiore ai 26mila euro, limite stabilito per poter beneficiare dei famosi 80 euro al mese e così per il per il 2015 il nostro lavoratore tipo si vede sottratti altri 960 euro annui.
Il risultato finale è che nel 2015, ormai quasi a termine, il reddito netto del lavoratore avrà una perdita secca di circa 1500 euro. Sul fronte imprese invece, come detto sopra la non promulgazione del decreto significa un aumento dei versamenti contributivi pari a circa 1,2 miliardi di euro annui complessivi.
Complimenti non c’è che dire davvero un gran bel risultato.
Nella pratica questa furbata del governo Renzi, rappresenta a tutti gli effetti una bella manovra economica lacrime sudore e sangue e come al solito sempre ed esclusivamente a carico di quelli che col loro lavoro sostengono sulle loro spalle il paese.

Un vero talento artistico quello di Matteo, un colpo da “maestro”. Senza clamore Renzi ottiene ben due risultati, frugare ancora nelle tasche degli italiani e intanto poter continuare a riempirsi la bocca parlando di ripresa, di lavoro e di sostegno ai lavoratori.
A fine 2011, l’allora governo Monti, fece una manovra economica che incise mediamente per circa 900 € in meno sul reddito medio annuo dei lavoratori. La manovra fu imposta dall’Unione Europea su mandato delle banche. All’epoca giustamente venne gridato allo scandalo, il professor Monti con quella manovra, gettò la maschera e tutti gli italiani ancora ora se lo ricordano.
Oggi invece la partita viene giocata in modo completamente diverso, molto più subdolo. Gli sceneggiatori della trama sono sempre gli stessi ovvero le banche, l’attore protagonista del serial televisivo però è il signor Renzi, per il quale bisogna avere tanto di cappello, perché nel recitare la sua parte, dimostra d’essere davvero bravo.  Parla di diritti, di ripresa, di lavoro, di solidarietà, di cambiar verso, si vanta del decreto “Riparti Italia” a volte tende persino la mano, altre volte fa sorrisi e altre ancora si china e offre pure caramelle…. Un po’ come la barzelletta su quel tale.
“Ama tanto i bambini, per questo ne ha presi quattro con se a lavorare, di tanto in tanto li paga pure con qualche caramella.”