Ieri,  20 Luglio, a Suruç, durante la conferenza stampa di un centinaio di persone un infiltrato si è fatto esplodere ed ha causato la morte di 32 persone e quasi 100 feriti.

Il giorno prima, il 19 Luglio, in diverse parti della Turchia si festeggiava il secondo anniversario della rivoluzione di Rojava, la zona autoproclamata autonoma nel nord della Repubblica Araba di Siria. Rojava è entrata nella nostra quotidianità soprattutto nel 2014, con la prova di resistenza che hanno dimostrato le unità di difesa popolari YPG e YPJ attive a Kobane, che hanno lottato contro il terrorismo dello Stato Islamico (ISIS).

Il giorno dopo, a Suruç, proprio di fronte a Kobane, circa 300 giovani provenienti da diverse parti della Turchia si preparavano per partire per Kobane con lo scopo di dare una mano alla sua ricostruzione. La città, ormai a pezzi, dopo mesi di scontri, avrebbe accolto questi ragazzi che volevano aiutare la ricostruzione di Kobane. Insieme a loro si sarebbero portati anche  aiuti umanitari e tanti giocattoli per i bambini della guerra.

Verso le undici di mattina, mentre leggevano un comunicato stampa nel giardino del Centro Culturale Amara una persona infiltrata tra i giovani si è fatta esplodere ed ha causato la morte di 32 corpi ferendo circa 100 persone.

Le persone morte durante l’attentato si trovavano lì chiamate dalla Federazione delle Associazioni dei Giovani Socialisti (SGDF),sezione giovanile del Partito Socialista degli Oppressi (ESP); questo partito, fondato nel 2010, è considerato come la parte “legale” del Partito Comunista Marxista-Leninista, organizzazione armata che a partire dal 2012 è presente in Siria per combattere con le Unità di Difesa Popolari (YPG-YPJ) a Rojava.

Il 16 Giugno del 2015 il prefetto della città di Urfa, Izzettin Kucuk, durante la sua visita in confine con la Siria per vedere dal vivo la situazione dei profughi, aveva detto ai giornalisti che in zona non c’era nessun tipo di pericolo di attacchi terroristici da parte dell’ISIS: secondo il prefetto le persone che scappavano dal nord della Siria trovavano rifugio in Turchia perché si sentivano sotto la minaccia del YPG e dei bombardamenti aerei dell’alleanza 40, di cui fa parte anche la Turchia.

Quasi un anno fa, il 6 Agosto del 2014, l’ex Ministro degli Affari Esteri, l’attuale Primo Ministro Ahmet Davutoglu, durante un’intervista televisiva rilasciata all’emittente NTV aveva pronunciato queste parole: “L’ISIS potrebbe sembrare come una struttura radicale e terroristica ma tra i suoi partecipanti ci sono i Turchi, gli Arabi ed i Curdi. Questa struttura nasce come reazione scaturita dalla rabbia che proviene dal malcontento che c’è in zona”.

Dopo l’attentato di ieri tutto il mondo politico si è messo in filaper condannare questo attacco terroristico. Tra queste persone c’erano anche il prefetto della città di Urfa e l’attuale Primo Ministro della Repubblica di Turchia.

Oltre loro c’erano anche migliaia di persone in diverse parti della Turchia a protestare l’uccisione di questi 32 giovani che sarebbero partiti per ricostruire una città, una vita nuova e sostenere la lotta di chi ha rischiato la sua vita contro il terrorismo. Diyarbakir, Mardin, Kiziltepe, Mazidagi, Savur, Omerli, Batman, Siirt, Malatya, Ergani, Cizre, Dersim, Ankara, Izmir, Antalya, Bursa, Adana, Kocaeli, Canakkale, Malatya. Partiti politici parlamentari ed extraparlamentari, associazioni non governative, collettivi degli studenti e cittadini semplici. Tutti a condannare la strage, sostenere l’obiettivo che avrebbero voluto realizzare questi giovani, sostenere la resistenza di Kobane. Tra gli slogan gridati non mancavano quelli contro il Partito della Giustizia e dello Sviluppo (AKP) che ha governato la Turchia per circa 15 anni; “Ladro, assassinio AKP”, “Assassinio ISIS, collaboratore AKP”. Ad Ankara, Izmir e Canakkalela popolazione ha protestato di fronte alle sedi del Partito.

Invece ad Istanbul decina e migliaia di persone sono scese per le strade di Taksim per gridare “uniti contro il fascismo” condannando l’uccisione dei giovani a Suruç. Ovviamente erano in tanti i membri della SGDF e dell’ESP ma erano presenti prima di tutto diversi parlamentari del Partito Repubblicano del Popolo (CHP) e del Partito Democratico dei Popoli (HDP) Tra le persone che hanno preso il microfono c’era anche il parlamentare nazionale dell’HDP, Sirri Sureyya Onder che ha detto: “I rivoluzionari muoiono ma la rivoluzione vive per sempre. Viva il socialismo, viva la fraternità dei popoli”. Durante lo svolgimento della manifestazione la polizia non ha esitato a sparare lacrimogeni e acqua  per disperdere le persone.

Le proteste arrivano anche in Italia, per condannare il terrorismo dell’ISIS e contestare tutti quelli che collaborano con esso. Stasera, alle ore 17:00 in Piazza Castello a Torino, si svolgerà una manifestazione cittadina con il titolo “Non si può restare in silenzio!”.