Lo stato caraibico è il primo paese al mondo ad aver sradicato la trasmissione da madre a figlio del virus HIV.
Da sempre paese avanzatissimo in campo sanitario, lo stato cubano ha ricevuto le congratulazioni da parte dell’OMS per lo “storico risultato raggiunto”, come definito dallo stesso comunicato dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Per eliminazione della trasmissione s’intende la riduzione dei casi a un numero così basso da non rappresentare più un’emergenza sanitaria.
Durante il 2013 sono nati nel mondo 240.000 bambini con il virus HIV, quasi la metà rispetto ai 400.000 registrati nel 2009, un marcato progresso ma comunque molto lontano dall’obiettivo, che per il 2015 era stato fissato a 40.000 unità.

Cuba ha raggiunto quest’importante obiettivo in soli 5 anni, avviando uno specifico programma sanitario partito nel 2010 grazie al fatto che la sanità cubana è gratuita e garantita per tutti gli abitanti.

“Il successo di Cuba dimostra coi fatti che, quando la sanità diventa un diritto universale garantito per tutti, la maggior parte delle malattie potrebbe essere sconfitta in poco tempo; quando l’accesso alla sanità viene messo in pratica diventa la chiave per vincere sfide quasi impossibili, come quella contro l’HIV “ ha dichiarato la Dottoressa Carissa F. Etienne, Direttrice del PAHO, Pan American Health Organization. “Il successo odierno di Cuba inoltre è d’ispirazione per gli altri paesi, in vista dell’eliminazione della trasmissione del virus HIV e della sifilide da madre a figlio.”

Attualmente a livello mondiale più di 35 milioni tra adulti e bambini vivono con l’HIV; la buona notizia è che il tasso d’infezione ha rallentato in modo significativo, con 2,1 milioni di nuovi sieropositivi nel 2013, in calo rispetto ai 2,9 milioni nel 2005, come riportato dai dati UNAIDS .

Il problema della diffusione del virus HIV è strettamente correlato allo stato di povertà di molte popolazioni che ancora oggi, oltre a non avere accesso a nessun tipo di sanità, né a forme di prevenzione, sono costrette a vivere in condizione di forte malnutrizione, senza accesso all’acqua e in ambienti sempre più degradati, spesso a causa dalle politiche di forte sfruttamento del territorio in cui queste popolazioni vivono, a opera dalla compagnie multinazionali occidentali.