Intervista con Arthur Conrad Kisitu

Arthur Kisitu è un artista ugandese che ha deciso di vivere per un periodo di tempo in un misero sobborgo, uno slum chiamato Katanga, nei pressi di Kampala, praticamente una terra di nessuno. Come fotografo ha iniziato ad interessarsi in maniera attiva alle vite dei suoi vicini, specialmente a quelle dei bambini, e ha cominciato così a documentare le loro storie.

Nel 2013 è venuto a Berlino per il progetto di scambio” Peace Matters” sull’arte tra i bambini tedeschi e ugandesi. Quando è tornato in Uganda ha continuato a lavorare a Katanga, includendo, nel suo programma, anche bambini provenienti dalla campagna e dalle comunità marginalizzate. In questo momento ha sviluppato, con altri collaboratori, un progetto danza di scambio tra i bambini della minoranza della tribù pigmea Batwa, i quali sono stati scacciati dalla loro terra di origine. Pressenza lo ha intervistato, a proposito della situazione dei bambini e dell’idea del progetto.

Puoi raccontarci per favore quali sono le peculiari difficoltà che quei bambini del Katanga e della tribù pigmea Batwa affrontano?

I Pigmei Batwa sono un gruppo indigeno di cacciatori e di raccoglitori, abitanti della foresta. Espropriati delle loro terre negli anni ’90, ora vivono in insediamenti rurali e le autorità negano loro l’accesso alla terra nativa.

La loro storia è una di quelle tristi. Sono indigeni del Bakiga in Kabale. La comunità è stata espulsa a forza dalle foreste del Kisoro e dal monte Mufumbira, dove sopravvivevano come cacciatori e raccoglitori. Ora costituiscono meno del 1% della popolazione del lago Bunyonyi, dove sono stati ricollocati dal governo.

La percezione di essere individui di seconda categoria continua a dominare le loro vite. Le nascite dei Batwa non vengono registrate in anagrafe e quindi, senza uno status legale, non hanno diritto di usufruire dei servizi pubblici, come ad esempio i servizi sanitari. Per un lungo periodo i Batwa non avevano il permesso di entrare nelle case delle altre persone. Erano visti come individui ai margini della società, senza nessun valore. Nelle loro colonie rurali sono stati ridotti a delle attrazioni turistiche. Fino a poco fa non c’era nessun matrimonio misto. I Batwa, che una volta dipendevano come cacciatori e raccoglitori dalle foreste ormai quasi esaurite, sono ora per la maggior parte lavoratori occasionali.

Vogliono che i loro diritti vengano riconosciuti ed esigono un accesso equo alla terra, all’educazione e ai servizi sanitari.

I 25.000 residenti dei bassifondi di Katanga sopravvivono in estrema povertà. Il grado di scolarizzazione è basso e ci sono poche opportunità di uscire dal ciclo di povertà.

Perchè la danza? La gente potrebbe pensare che ci sono cose più importante per i bambini da fare come andare a scuola, ottenere un trattamento sanitario, etc.

Dopo quattro anni vissuti in quei miseri sobborghi, ho iniziato a raccogliere opinioni dei vari abitanti. Molte volte i residenti della zona si lamentavano del racconto ingiusto della loro storia, da parte delle maggiori fonti d’informazione. Partendo da questi presupposti, ho iniziato a fotografare ed intervistare le persone.
Ho anche appreso, che gli esseri umani, anche nelle situazioni più drammatiche, non sono solo ridotti a mere “macchine fagocitanti” che aspettano il prossimo pasto. E’ vero, un individuo ha bisogno della scuola, di un posto dove dormire, del cibo per la sopravvivenza, ma ciò non fornisce il nutrimento emozionale, mentale e spirituale che rende una persona completa.

Uno degli aspetti normalmente trascurati, quando si entra nelle vite degli individui in situazioni di povertà è la ricreazione, intesa come legami relazionali, tempo libero, gioco.
Nel mio paese, ad esempio, i parchi giochi furono dati agli investitori commerciali e di questo, come bambino, ne ero a conoscenza. I bambini, essendo tali, tendono a rispondere alla fame di relazioni e di divertimento in modi creativi, alcune volte meglio degli adulti che sono inclini a rimanere coinvolti in attività ricreative di tipo più distruttivo e di dipendenza.

Nella loro innocenza, i bambini hanno molto da insegnarci. Katanga è stato uno dei primi slum a perdere l’unico parco giochi, che era stato progettato da questa parte di Kampala. Mentre molti adulti hanno iniziato a darsi all’alcolismo e a stili di vita e passatempi autodistruttivi, i bambini hanno invece adottato un modo piuttosto creativo di soddisfare il loro bisogno di giocare, danzare, riciclare, per non soccombere alle loro sfide quotidiane.

Cosa accadrà quando queste due comunità emarginate s’incontreranno?

Nel corso della documentazione della storia del Katanga, ho spesso seguito i bambini dei bassifondi di Kampala, al ritorno nei loro villaggi, in occasione del Natale o dei ritrovi per i festival culturali. In una di queste occasioni ho osservato bambini, che discutevano su quale canzone suonare o su che pezzo danzare. Quelli provenienti dal sobborgo cittadino volevano ballare su musica pop moderna e metropolitana, al contrario di quelli provenienti dalla campagna, che preferivano le loro canzoni popolari tradizionali da cantare e ballare.

La mia speranza è che quando i bambini s’incontreranno, riusciremo ad incoraggiarli a trasmettersi il loro modo differente di ballare.
Dopo che avranno imparato la maniera di danzare dell’altro, il nostro gruppo di coreografi professionisti congiungerà insieme i movimenti dei bambini, in una sequenza di danza armonizzata, dove si celebrerà la diversità culturale in cui il tradizionale incontra l’urbano.

Risorse e tempo permettendo, siamo fiduciosi che questa coreografia nel futuro viaggi negli altri paesi e continenti, come testimonianza che la danza è un linguaggio universale, che trascende i confini e le barriere.

Come hai iniziato ad essere partecipe della situazione dei bambini del Katanga e della tribù dei pigmei Batwa?

Katanga, che era una cintura verde, era stato uno dei pochi posti in cui nel primo piano urbanistico di Kampala City era stato progettato un campo giochi. Ma quando l’attuale governo venne al potere, il pezzo di terra dedicato all’infanzia fu regalato ai veterani, che combatterono la guerra di “liberazione”.

Con uno spazio limitato in cui giocare, i bambini che costituiscono la maggioranza della popolazione dello slum, hanno iniziato a creare spazi improvvisati, alternativi e, nella loro innocenza, la danza ha iniziato ad essere uno dei giochi preferiti per passare il tempo e per relazionarsi con gli altri coetanei, contro ogni avversità.

Tra le quinte della prima della mostra d’arte di scambio interculturale, dedicata ai bambini di Katanga e di Berlino, realizzata nel 2013, grazie ai nostri successi e alle nostre difficoltà, ho capito che il dialogo di scambio culturale, che avevamo sperimentato a livello intercontinentale fosse necessario, per colmare il vuoto generazionale e culturale. Questa divisione è stata generata da conflitti interni, causando l’emigrazione forzata tra differenti comunità locali in Uganda.

Nel 2014 la danza è stata inclusa nel nostro programma. Quindi ho iniziato un progetto di scambio culturale tra i bambini dello slum del Katanga con la loro controparte in Kabale, vicino al Lago Bunyonyi. Fino a questo momento l’enfasi è stata nel raggiungere e coinvolgere i bambini della comunità Batwa, che subiscono forti discriminazioni, da parte degli altri abitanti locali in Kabale.

La danza Ekizino è una delle poche cose che vengono condivise sia dai Bakiga (che sono la maggioranza della popolazione Bunyonyi), che dalla minoranza Batwa. L’unica volta in cui ci è sembrato che le due comunità si amalgamassero armoniosamente è quando hanno ballato insieme la danza tradizionale.

Mentre queste relazioni sono sole un aspetto delle sfide che rimangono, stiamo sperando che l’utilizzo della musica e della danza serva a riparare le relazioni, fortificando la fierezza dei Batwa e allo stesso tempo promuovendo la loro partecipazione. Ho visto, nella loro comune passione per la danza, un’opportunità per unirli.
Credo che mentre la danza sia un modo per riconnettersi con la loro storia e tradizione culturale, questo progetto possa, davvero, favorire future collaborazioni, sia a livello locale che globale.

Se volete saperne di più su questo progetto o appogiarlo, potete contattare Arthur Kisitu via email: theportraithome@gmail.com