Si chiama The Nile Project, il Progetto Nilo, e ne fanno parte musicisti di differenti nazioni, differenti generi e tradizioni. Il loro obiettivo? Promuovere la cooperazione e l’integrazione culturale delle diverse popolazioni che si affacciano sul Nilo e per le quali la scarsità di acqua e i cambiamenti climatici rappresentano una tragedia.

articolo di Giovanni Fez

Si comincia con un tamburo, poi una nota di basso e qualche altra nota dall’ud. Poi a un certo punto entrano un sassofono e una chitarra, il flauto kawala. Tanti strumenti e voci, che compongono una canzona traendola da tanti elementi. La gente che guarda è sedotta e prima della fine della serata sta già ballando. E’ quello che succede con i concerti del Progetto Nilo, che ha portato diverse nazioni a collaborare per cercare di salvare i loro ecosistemi interdipendenti. The Nile Project raggruppa diversi musicisti; c’è la cantante etiope Selamnesh Zemene; Alsarah, da Sudan e Brooklyn, definita dal The Guardian “la nuova principessa nubiana”; Sophie Nzayisenga, cantante ruandese e virtuosa dell’inanga; l’etiope-americano Meklit Hadero, fondatore del progetto; Dina El Wedidi, egiziana; Jackline Kasiva Mutua, la prima donna a irrompere nella tradizione kenyota delle percussioni; e altri ancora. Suonano insieme come se lo avessero sempre fatto, anche se non è così. Il loro obiettivo è promuovere la cooperazione e l’integrazione culturale tra le diverse genti del Nilo, che attraversa undici paesi e quattro zone climatiche ed è uno dei fiumi più lunghi del mondo. Le sorgenti in Ruanda e Burundi alimentano il lago Victoria, suddiviso tra Uganda, Kenya e Tanzania. Il Nilo bianco arriva nel Sud Sudan, poi incontra il Nilo Blu dall’Etiopia. Poi il Nilo scorre attraverso il deserto del Sahara in Sudan ed Egitto, finendo infine nel Mediterraneo.

Per migliaia di anni, le culture del bacino del Nilo hanno sviluppato strategie alimentari per usufruire delle caratteristiche del fiume. Ma oggi le attività umane hanno bisogno di più acqua e inquinano. Se il trend rimarrà costante, si stima che la popolazione del bacino del Nilo raddoppierà nei prossimi 30-40 anni, arrivando a 945 milioni di persone. Gli esperti temono che non ci sarà sufficiente acqua per tutti. Poi ci sono i cambiamenti climatici, già si verificano prolungati periodi di siccità e la vita umana è in pericolo. Occorre quindi che queste genti collaborino insieme per gestire e proteggere gli ecosistemi interdipendenti. The Nile Basin Initiative, sottoscritta da nove paesi nel 1990, venne costituita per creare una piattaforma di dialogo intergovernativa. Ma nel 2010 cinque nazioni hanno siglato un accordo, il Cooperative Framework Agreement, per attingere più acqua al Nilo. I progressi politici sono lenti, la popolazione cresce e le economie divengono più complesse e globalizzate. L’Etiopia, oggi il secondo paese più popoloso dell’Africa, sta emergendo come un “leone economico” che ha vorace bisogno di energia (nel 2013 è iniziata la costruzione di un enorme impianto idroelettrico) e, ad esempio, l’Egitto è dipendente dal Nilo per il 97% delle proprie risorse di acqua. Costruire integrazione culturale può essere un punto di partenza per prevenire conflitti, spiega Mina Girgis, co-fondatore e responsabile del The Nile Project. “E la musica può essere uno strumento. Si può usare la musica per cambiare la natura di una conversazione prima che il conflitto scoppi e ciò deve accadere prima che la gente abbia raggiunto il punto di scontro”.

“Siamo convinti che questa idea, questo progetto culturale sia qualcosa che la gente stava cercando” spiega Girgis, etnomusicologo egiziano. “Per promuovere la sostenibilità del bacino del Nilo, bisogna prima chiedersi come la gente si atteggia reciprocamente e come si relaziona con l’ecosistema. Se non siamo capaci di risolvere i nostri problemi in quanto persone che vivono nello stesso ecosistema, non saremo capaci di proteggere questo stesso ecosistema”.

Durante il loro primo tour africano, qualche mese fa, il progetto ha toccato otto città lungo il Nilo e sono stati organizzati workshop nelle università in Uganda, Tanzania, Kenya, Etiopia e Egitto. Sta crescendo l’interesse tra i giovani ed è stato istituito anche il Nile Prize per incentivare soluzioni innovative alle sfide ambientali che la regione sta affrontando. Ora il gruppo sta affrontando un tour negli Stati Uniti, tenendo workshop nei college e nelle università. Ha detto il sassofonista etiope Jorga Mesfin: “Il progetto è veramente diverso e unico perchè non stiamo insieme solo per fare musica, ma viviamo insieme da mesi. Tante anime africane vivono insieme ed è quello su cui lavora il progetto stesso, ci capiamo e abbiamo una vita migliore”.

Maggiori informazioni sul The Nile Project tour www.nileproject.org.

Gli 11 paesi del bacino del Nilo sono: Ruanda, Burundi, Egitto, Kenya, Tanzania, Sudan, Sud Sudan, Uganda, Eritrea, Etiopia e Repubblica Centrafricana.

Si ringrazia Valerie Schloredt, che ha riportato la notizia con grande freschezza ed entusiasmo su YES! Magazine

L’articolo originale può essere letto qui