“Il mercato siamo noi” è un saggio limpido e dettagliato di Leonardo Becchetti, che illustra i principali temi economici (Bruno Mondadori, 2012, 204 pagine, euro 18).

 

Il libro si presenta con un dato inoppugnabile: negli Stati Uniti, nel 1929 e nel 2007, in concomitanza con le due più grandi crisi economiche degli ultimi cento anni, si sono verificati i due maggiori picchi di concentrazione della ricchezza, con quasi un quarto della ricchezza nazionale in mano all’uno per cento degli individui più ricchi. Perciò le tasse sulle rendite finanziarie e su alcuni beni di lusso sono necessarie per ripristinare l’equilibrio economico. Negli anni Trenta il presidente degli USA Roosevelt, grazie ai suggerimenti dell’economista Keynes, riuscì a risollevare l’economia.

Però uno dei problemi economici più significativi risiede nell’incapacità di misurare un fattore invisibile e fondamentale come il capitale sociale. Infatti le relazioni e “le cose che contano non si possono contare”. Tutte le economie possiedono una parte invisibile “fatta di elementi come la speranza nel futuro, la fiducia, il capitale sociale, l’autostima e la reputazione” (p. 100). Il denaro non può diventare il metro di misura di tutte le relazioni e di tutte le cose: “Sembra che la nuova etica americana del lavoro… abbia fatto di noi delle tali puttane che se il prezzo è giusto tutto è in vendita!” (lavoratore americano del settore high-tech su www.fastcompany.com).

La fallacia dell’ideologia iperliberista è dimostrata dal famoso “paradosso di Easterlin”: dal 1946 al 1996, mentre il Pil pro capite aumentava, la quota delle persone molto felici, dopo una piccola variazione positiva giunta fino alla fine degli anni cinquanta, iniziava a scendere progressivamente. Con il passare degli anni quasi tutte le persone hanno maturato delle aspettative più elevate, si sono indebitate a causa delle pressioni consumistiche indotte dalla pubblicità e hanno passato troppo tempo a lavorare. E hanno trascurato le relazioni interpersonali e la tutela della salute.

Così, “dietro il giallo del paradosso di Easterlin si cela una crescita economica drogata dal debito che prima o poi diventa insostenibile”. Seguono inevitabilmente le crisi finanziarie, causate anche dall’egoismo miope che pensa solo ai guadagni a breve termine. Inoltre un altro grosso limite del libero mercato è l’anonimità, che favorisce “i comportamenti opportunistici rispetto a quelli cooperativi, con effetti negativi per il benessere della società” a medio e lungo termine.

Del resto secondo alcuni studiosi le crisi finanziarie “sono strumenti ordinari, ricorrentemente adoperati, per l’accumulazione di capitale mediante trasferimento in parte fraudolento, in parte forzato” (“La moneta copernicana”, Marco Della Luna e Nino Galloni, Nexus Edizioni, 2008). Infatti esistono delle procedure quasi segrete che creano liquidità bancaria dal nulla a favore delle grandi banche e dei grandi fondi finanziari. Ad esempio il trading delle MTNs (Medium Term Note Trading) ha gonfiato a dismisura le varie bolle speculative. In genere questi titoli sono denominati in dollari americani e in euro, “il taglio normale è cinquecento milioni di dollari… pagano correntemente un interesse del 6,5 per cento annuo” (“La moneta copernicana”, p. 209).

Purtroppo i cittadini sono diventati sempre più passivi, servili e schiavi del denaro, e non hanno ancora imparato a votare col portafoglio in maniera responsabile. D’altra parte quasi tutte le aziende e le banche non vogliono stringere delle vere alleanze con i consumatori. Ma lo cosa più assurda è che, nonostante la ricorrente emissione di titoli truffaldini, troppe persone non riescono ancora a capire che “Tutto ciò che rende di più, rende di più perché è anche più rischioso”.

Comunque la Responsabilità Sociale d’Impresa (CSR) è determinata da questi fattori principali: “filantropia, diritti dei lavoratori, rispetto dell’ambiente, diritti umani nei paesi in cui si fanno investimenti diretti, corporate governance, qualità del prodotto, attività in settori controversi”. Inoltre esistono anche vere e proprie agenzie di rating sociale: RiskMetrics-KLD (www.msci.com), www.ethibel.be (http://forumethibel.org), www.eiris.org. Di solito le politiche aziendali etiche ripagano le energie e i capitali investiti con significativi ritorni pubblicitari e “gli studi finanziari che misurano il rischio attraverso vari indicatori di volatilità evidenziano abbastanza chiaramente che la CSR riduce il rischio delle imprese quotate” (p. 189).

Per quanto riguarda la decrescita Becchetti è molto chiaro e diretto: si possono ridurre i beni materiali di consumo e aumentare i beni immateriali e culturali. Però resta “il problema serio della creazione dei posti di lavoro, del pagamento dei debiti e del mantenimento della qualità del welfare e dello Stato sociale in presenza di un Pil che non cresce. Ai sostenitori della decrescita l’onere di dimostrare che conciliare queste cose è possibile” (p. 53). Oltretutto la legge fondamentalista degli attuali manager, banchieri e politici recita: “Soldi, soldi, soldi dappertutto… ma non un centesimo per pensare” (William Whyte, giornalista e studioso americano).

 

Leonardo Becchetti insegna Economia all’Università di Roma Tor Vergata, è membro del consiglio di presidenza della Società Italiana degli Economisti (www.siecon.org) e presidente del Comitato Etico di Banca Etica. Dirige il sito www.benecomune.net e cura un blog su Repubblica.it.

 

Note varie

Al Centro-Nord Italia, il 45 per cento degli adulti insegna ai propri figli che ci si può fidare degli altri, mentre la percentuale si riduce al 20 per cento nel Mezzogiorno (Guiso, Sapienza e Zingales).

In uno studio del 1982, il sociologo economista e premio Nobel George Akerlof, ha scoperto che un aumento di stipendio “ingiustificato” (inteso come dono) produce il risultato di un aumento di produttività dei dipendenti (una forma di controdono). Nel 2012 è uscita la traduzione italiana di un ottimo libro di Akerlof: “Economia dell’identità” (Laterza).

La Banca Etica (www.bancaetica.com) ha finanziato oltre 4700 progetti dell’economia sociale per un valore che supera i 645 milioni di euro (fino all’agosto 2011); www.oxfamitalia.org è uno dei migliori esempi delle società multinazionali che operano nell’economia sociale.

Lincoln affermò: “Il privilegio di creare ed emettere moneta non è solo la suprema prerogativa dello Stato, ma anche la sua massima risorsa creativa. Mediante l’adozione di questi principi, al contribuente verranno risparmiati immensi importi di interessi passivi sul debito pubblico”. Questa affermazione risale al 1962 e questa filosofia consentì a Lincoln di autorizzare il Ministero del Tesoro a emettere direttamente biglietti di Stato a corso legale. Il presidente americano fu però ucciso in un attentato nel 1865 e le cose cambiarono presto in peggio. Kennedy fece la stessa fine.

Anche il presidente Jefferson fu molto esplicito: “Se il popolo americano permetterà mai alle banche private di gestire l’emissione della sua moneta, allora, alternando inflazione e deflazione, le banche e le società finanziarie che cresceranno intorno a esse spoglieranno il popolo di ogni proprietà, sinché i suoi figli si sveglieranno senza un tetto nel continente che i loro padri conquistarono” (1816, in “La moneta copernicana”, nota p. 142).