“La società a costo marginale zero” è un saggio molto denso e significativo di Jeremy Rifkin, il famoso pensatore americano che è diventato consulente dell’Unione Europea (Mondadori, 2014, 439 pagine effettive, euro 22).

L’Internet delle cose è l’argomento centrale del libro da cui si dipana una lunga serie di considerazioni. Rifkin ci offre una visione a 360 gradi dell’economia e della società, a differenza di quasi tutti gli economisti, che trascurano il “fatto che l’attività economica è condizionata dalle leggi della termodinamica”. Inoltre nelle società dove i costi marginali di produzione, di promozione e di scambio sono vicini allo zero, le cooperative diventeranno i modelli aziendali ideali per far incontrare le nuove funzionalità del Web con le nuove esigenze dei consumatori.

In realtà la nuova economia collegata all’Internet delle cose “è costituita da un’Internet delle comunicazioni, un’Internet dell’energia e un’Internet della logistica [il cuore dell’economia], che lavorano tutte insieme in unico sistema operativo, individuando continuamente modi per aumentare l’efficienza termodinamica e la produttività nella gestione delle risorse, nella creazione di beni e servizi, e nel riciclaggio dei rifiuti. Ciascuna di queste tre reti rende possibili le altre”.

I sistemi economici comunitari e no-profit sono nati prima del sistema capitalistico e la nuova economia dei beni comuni si è sviluppata grazie ai consumatori più attivi e più produttivi (prosumers), che condividono di tutto “a costo marginale quasi zero”: “informazioni, materiale d’intrattenimento, energia verde, merci realizzate con stampa 3D, corsi di massa online… automobili, case, vestiti e altri beni attraverso noleggi, affitti, gruppi di redistribuzione e cooperative”. Molte persone possono affidarsi al finanziamento partecipativo (crowdfounding). I corsi di massa online sono stati adottati dalle migliori università americane (www.edx.org, www.coursera.org, www.udacity.com).

Rifkin identifica tre sistemi economici principali: pubblico (statale), privato e comunitario (basato sui beni comuni). A volte possono sovrapporsi e “non è possibile stabilire quale sia in assoluto il migliore o il peggiore. A quale debba essere riconosciuta la preminenza dipende in gran parte dal contesto specifico [ecologico e culturale]. Per certe finalità gli accordi di proprietà privata sono alquanto efficienti. Ma l’idea che mettere in mani private praticamente tutto ciò che esiste sia la soluzione migliore… non passa l’esame di realtà, soprattutto quando si tratta di beni pubblici”.

Ultimamente la crescita del Pil mondiale ha rallentato e “forse nell’ombra è all’opera un fattore potente, sia pure in fase aurorale, un fattore che potrebbe spiegare almeno in parte la stentata crescita del Pil. Settore dopo settore, i costi di produzione di beni e servizi si stanno spostando verso lo zero, con la conseguenza che i profitti vanno riducendosi… sempre più beni e servizi stanno diventando pressoché gratuiti, nel mercato si fanno meno acquisti, il che comporta un’ulteriore riduzione del Pil” (p. 31). In effetti “il capitalismo opera attraverso il libero mercato, [ma] per il libero mercato il capitalismo non è indispensabile” (p. 56).

Keynes aveva previsto la disoccupazione legata alla rapida evoluzione tecnologica, che avrebbe risparmiato molto fatiche ai lavoratori e avrebbe risolto molto problemi economici. Per molte persone è aumentato il tempo a disposizione da dedicare a piccoli e grandi piaceri della vita. Ma per vivere decentemente occorre una quota minima di denaro, e quindi bisogna riprogettare gli ammortizzatori sociali per fare in modo che quasi tutti i disoccupati e i sottooccupati possano investire il loro tempo nel consumo e nelle loro attività di produzione più autonome e decentrate.

In alcuni casi i migliori consumatori possono diventare i nuovi produttori e i nuovi imprenditori. L’interattività illimitata del Web ha già portato un po’ più di giustizia sulla terra, ma il regno terrestre si fonda ancora sul petrolio. Domani potrebbe fondarsi sull’energia fornita da alcuni gas sottomarini, che secondo Carlo Rubbia possono alimentare le dispendiose attività delle civiltà umane più tecnologiche per alcuni millenni (soprattutto i clatrati).

Jeremy Rifkin è un economista, attivista e saggista americano. Consulente di molti leader nel mondo, tiene lezioni all’University of Pennsylvania, sulle relazioni fra l’evoluzione della scienza e delle tecnologie, e lo sviluppo economico, l’ambiente e la società.

Per conoscere meglio le attività di Rifkin: www.thethirdindustrialrevolution.com/masterPlan.cfm.

Per gli approfondimenti sulle ricerche europee: www.internet-of-things-research.eu.

Nota tridimensionale – Esiste una stampante 3D creata dalla Mcor Technologies che utilizza carta economica per produrre oggetti con la consistenza simile a quella del legno e “il costo della carta caricata è appena il 5 per cento di quello delle materia prime finora usate” (p. 133). Invece la stampante 3D Solar Sinter utilizza la sabbia e i raggi solari per produrre oggetti di vetro.

Nota sulla disoccupazione tecnologica – Nei Paesi Bassi la Philips ha costruito stabilimenti con “128 bracci robotizzati che lavorano a un ritmo talmente esasperato che è stato necessario chiuderli in teche di vetro per evitare che i pochi addetti alla supervisione venissero feriti. La fabbrica robotizzata olandese produce la stessa quantità di prodotti elettronici dello stabilimento cinese della Philips con un decimo del numero di addetti” (p. 173). Nel 2011 le vendite di robot sono aumentate del 43 per cento (negli Stati Uniti e in Europa).

Nota sulle cooperative – In Europa “le persone che investono in cooperative sono più di quelle che investono nel mercato azionario, il finanziamento delle cooperative per l’elettricità verde è sempre più attivato dagli istituti di credito cooperativo” (i soci sono gli investitori). Nell’Unione Europea il 12 per cento delle famiglie abita in case costruite da cooperative immobiliari (più di 10 milioni di abitazioni). Negli Stati Uniti ci sono 29.000 cooperative, con 120 milioni di soci impegnati in 73.000 punti operativi sparsi per il paese. Nel mondo i soci di cooperative sono più di un miliardo (su 7) e “le persone che lavorano in cooperative sono più di 100 milioni, cioè il 20 per cento in più dei dipendenti di multinazionali”.

Nota sui beni comuni – La “tragedia dei beni comuni” avviene con lo sfruttamento estremo non gestito (Garrett Hardin). Se i beni vengono gestiti da una comunità che ha fissato delle regole molto chiare, il problema non sussiste, anzi, i beni possono sopravvivere “a siccità, inondazioni, guerre, pestilenze e a immani rivolgimenti economici e politici” per secoli (Elinor Ostrom, premio Nobel per l’Economia). Ci sono esempi in tutto il mondo, dalle Alpi svizzere ai villaggi giapponesi.

Nota finanziaria – In molti paesi europei le cooperative bancarie raccolgono più del 30 per cento dei depositi e in Francia più del “60 per cento del servizio bancario al dettaglio è realizzato tramite cooperative” (p. 300). In questi ultimi anni sono nati molti società di finanziamento partecipativo, che consentono ai cittadini di finanziare i progetti di altri cittadini. Tra le realtà più diffuse segnalo www.zopa.com e www.kickstarter.com. Nell’economia sociale e nelle banche del tempo vince la reciprocità: “un individuo ne aiuta un altro con l’aspettativa che qualcuno, nella catena che in tal modo si sviluppa, farà lo stesso con lui” (Edgar Cahn). Comunque esiste www.shareable.net, una rivista che prende in esame le novità nel campo dell’economia del consumo collaborativo.

Nota di storia aziendale – La vita media di un’azienda “Fortune 500” dura circa trent’anni: delle 500 aziende presenti nell’elenco nel 1955, nel 2012 ne rimanevano 71 (Peter Senge, MIT Sloan School).

Nota demografica – A quanto pare “il fattore chiave per la stabilità demografica del pianeta è l’elettricità. Per questo il segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon, ha fatto dell’accesso universale all’energia elettrica il punto centrale del suo programma di sviluppo economico” (p. 404). Anche in Europa e in America è stata l’elettricità a emancipare le donne, poiché ha ridotto i lavori più pesanti e ha aggiunto molto tempo libero per leggere e studiare, e per fare vita sociale.

Nota americana – Perché imitare il neoliberismo assolutista americano quando negli Stati Uniti è presente il 25 per cento della popolazione carceraria mondiale, con solo il 5 per cento della popolazione totale?

Nota energetica – Robert Solow ha dimostrato che solo il 14 per cento della crescita economica dipende dagli investimenti nei macchinari e dall’organizzazione del lavoro. Secondo Robert Ayres la maggior parte della crescita economica dipende dalla “crescente efficienza termodinamica con cui l’energia e le materie prime vengono convertite in lavoro utile”. Quindi il migliore sfruttamento energetico aumenta con l’evoluzione tecnologica. Con la Terza rivoluzione industriale determinata dalla diffusa penetrazione economica del Web, si può arrivare a “un aumento dell’efficienza energetica complessiva pari al 40 per cento o più (nei prossimi 40 anni), con un incremento della produttività” molto più alto di quello sperimentato nel secolo passato. A proposito, se “il tempo è ciò che accade quando non accade nient’altro” (Richard Feynman), l’energia allora cos’è?