da Il Fatto Quotidiano

All’alba di oggi è stata eseguita tramite impiccagione la condanna di Reyhaneh,  la donna condannata a morte con l’accusa di aver ucciso il suo potenziale stupratore.

L’imminenza dell’esecuzione era stata paventata dalla sezione mediorientale di Amnesty International e a nulla sono valsi gli appelli moltiplicatisi in rete nell’ultimo mese, a cui si era aggiunta anche la voce di Papa Francesco. A nulla è servito nemmenoil tentativo della famiglia di chiedere il perdono ai congiunti dell’ucciso.

Il processo era stato giudicato da più parti “sommario” e l’accusa di premeditazione, che avrebe “giustificato” la pena capitale, era basata sul fatto che la donna avesse comprato il coltello solo due giorni prima di uccidere il suo molestatore.

In tutto il mondo si è levata l’indignazione per il caso specifico e l’affermazione dell’inutilità della pena di morte, in qualunque caso.