Quando la freddezza dei numeri domina ogni cosa, occulta nomi e volti delle persone, scompare ogni pietas, viene cancellato ogni diritto,  l’anziano, una volta rispettato saggio di una comunità,  diventa un peso già morto dal quale va accelerato il commiato e il disabile, colpevole di scarsa produttività, va abbandonato al suo destino.

Quando ho letto la proposta del commissario Carlo Cottarelli di tagliare le pensioni d’invalidità ho chiuso gli occhi e per qualche secondo ho rivisto una dopo l’altra le facce di coloro che avevo visitato la mattina nelle commissioni d’invalidità.

La novantenne con paraplegia e incontinenza urinaria; il signore di 52 anni con tumore alla prostata, sindrome depressiva e grave retinite pigmentosa; l’anziano che durante il nostro colloquio indicava la badante come sua moglie e sosteneva che un caffè costa 10.000 lire; la ragazza ricoverata per l’ennesima volta in psichiatria con un TSO – Trattamento Sanitario Obbligatorio – per atti di autolesionismo; la giovane mamma con i due gemellini, un bambino e una bambina di sei anni con grave ritardo mentale; la signora di sessant’anni con tumore all’utero con metastasi polmonari, cardiopatica e con un anchilosi lombare…

Ho riaperto gli occhi e ho letto su un giornale che il commissario “tagliatutto” riceve per il periodo del suo incarico, tre anni e qualche mese, uno stipendio di 950.000 euro pagati da noi.

Ho acceso la televisione e ho ascoltato il Presidente del Consiglio che parlava della necessità di restituire al paese una maggior giustizia sociale e di cancellare odiosi privilegi maturati nel tempo.

Improvvisamente mi ha colto una forte nausea, un conato di vomito, un grave crisi depressiva.