La moschea di Juma-Jami a Eupatoria in Crimea. La moschea di Juma-Jami a Eupatoria in Crimea.

Da questa mattina delle forze armate non identificate hanno occupato i due principali aeroporti della Repubblica autonoma di Crimea. Negli scorsi giorni le milizie armate hanno anche occupato due palazzi del governo locale, i politici sono stati costretti alle dimissioni e sugli edifici sono state issate bandiere russe. Buona parte del centro del capoluogo Sinferopoli è stata transennata e tutti gli edifici pubblici sono rimasti chiusi. Mentre il nuovo premier ad interim ucraino Jatsenjuk accusa Mosca di invasione armata, Sergei Aksyonov, del principale partito pro Russia della Crimea e nuovo premier della Repubblica Autonoma di Crimea, nominato in seguito alle dimissioni forzate del governo locale, ha annunciato per maggio un referendum per una maggiore autonomia e minori vincoli con Kiev.

La situazione della Crimea è complessa ed è il risultato di una storia travagliata. Dei 2 milioni di abitanti della Crimea, circa il 58% è russo, il 24% ucraino e circa il 13% appartiene alla minoranza dei Tatari di Crimea. La popolazione in Crimea sembra quindi letteralmente spaccata tra filo-russi e chi ha appoggiato le proteste di piazza Maidan a Kiev.

La Crimea entrò a far parte dell’Impero Russo con il Trattato di Iassy (1792) che pose fine alle guerre tra Impero Russo e Impero Ottomano. L’annessione portò al primo grande esodo di Tatari e alla contemporanea colonizzazione russa. Nel 1921 fu creata la Repubblica Socialista Sovietica Autonoma di Crimea come parte della Federazione Russa in cui il russo e il Tataro di Crimea furono riconosciuti come lingue ufficiali. Il brevissimo periodo di rinascita fu subito interrotto dalle prime purghe staliniane e nel 1941 dall’occupazione delle truppe tedesche. Nel 1944 la Russia riconquistò la penisola, Stalin accusò i Tatari di Crimea di collaborazionismo con i Nazisti e il 18 maggio 1944 fece deportare l’intera popolazione tatara. Le autorità russe tentarono di cancellare qualsiasi traccia del lungo passato dei Tatari di Crimea. Furono abbattute le loro case, i cimiteri svuotati dai resti dei morti e rivangati e fu bruciato ogni libro e documento scritto e stampato in lingua tatara. Nel 1945 la Repubblica Autonoma Socialista Sovietica di Crimea venne abolita e nel 1954 Nikita Kruscev trasferì la Provincia (oblast) di Crimea all’Ucraina.

Circa il 44% dei deportati tatari morì di freddo e fame nei luoghi in cui erano stati trasferiti. A differenza di altre etnie e popoli deportate dal regime stalinista, i Tatari di Crimea non ottennero mai il permesso di tornare alla loro terra. Per decenni si appellarono ai vari governi sovietici per chiedere il ritorno a casa ma gli iniziatori di appelli e attivisti per il diritto al ritorno furono arrestati e internati in campi di lavoro. Solo alla fine degli anni ’80 fu loro concesso di tornare in Crimea. Figura di spicco del movimento per il rientro in Crimea è stato Mustafa Djemilev. Sopravvissuto da bambino alla deportazione di Stalin, Djemilev ha lavorato attivamente per il ritorno a casa dei Tatari e ha per questo passato 15 anni nei campi di lavoro sovietici. Nel 1991 Djemilev è stato eletto presidente del Parlamento dei Tatari di Crimea e nel 1998 è stato insignito del Premio Nansen dell’ACNUR per il suo impegno a favore dei diritti delle minoranze nazionali.

Con il collasso dell’Unione Sovietica la Crimea ha proclamato nel 1992 l’autogoverno ma ha poi accettato di continuare a far parte dell’Ucraina con lo status di repubblica autonoma. Le vicissitudini storiche hanno portato la Crimea ad essere uno dei forse più interessanti e quindi anche complessi luoghi di incontro e convivenza tra culture diverse, la cui popolazione civile ancora una volta rischia di essere schiacciata dai giochi di potere delle potenze circostanti. L’Associazione per i Popoli Minacciati (APM) si appella ai governi europei affinché facciano pressione per una soluzione pacifica della situazione in Crimea, nel rispetto dei diritti delle sua minoranza e della sua popolazione civile in generale.