Solo gli ex combattenti possono fare la pace?

Il 2014 si annuncia davvero come un anno di svolta nei Balcani, e non solo per le ricorrenze e le commemorazioni. È questo l’anno di apertura, a partire da questo 21 gennaio, del negoziato ufficiale di adesione della Serbia alla Unione Europea che, secondo le previsioni più ottimistiche, potrebbe concludersi entro il 2020, consegnando all’Unione Europea la ventinovesima stella, dopo l’ingresso recente della Croazia. E sarà anche l’anno della celebrazione di almeno una campagna elettorale importante, in Bosnia (e forse in Serbia), chiamata alle elezioni parlamentari e presidenziali in ottobre, ma che non ha ancora risolto quelle controversie, legate soprattutto all’organizzazione etnica della vita politica e istituzionale del Paese le quali, sollevate in particolare dall’Unione Europea, potrebbero perfino avere come risultato un rinvio “sine die” dell’appuntamento elettorale del prossimo autunno.

E poi c’è il Kosovo. Nella recente, prestigiosa occasione, del Festival del Cinema per i Diritti Umani di Napoli, in una appassionata e partecipata conferenza universitaria, relatori e pubblico si sono soffermati sul carattere “costituente” e, per molti aspetti, “paradigmatico”, della guerra imperialista condotta dall’Alleanza Atlantica nel 1999 e sul ruolo del Kosovo oggi come vero e proprio snodo e crocevia dei progressi e delle involuzioni nella regione, un luogo-chiave destinato a condizionare sia le possibilità di riconciliazione in quella che una volta era la Jugoslavia socialista sia le prospettive del processo di ampliamento e di integrazione, soprattutto ad Est e a Sud Est, dell’Unione Europea.

In questo luogo così decisivo, le prime settimane dell’anno cruciale 2014 sono destinate a segnare un punto di svolta. All’indomani del turbolento itinerario delle elezioni amministrative in Kosovo, dello scorso novembre-dicembre, lo scorso 11 gennaio si sono finalmente insediate le municipalità serbe del Kosovo, in particolare, quelle del Nord, sulla base di quanto concordato a Bruxelles dai due premier, Ivica Dacic, capo del governo serbo, e Hashim Thaci, leader dell’auto-governo kosovaro. Ma, come sempre in Kosovo, non sono mancati i colpi di scena. Insediatisi regolarmente i sindaci e le municipalità di Zvecan, Leposavic e Zubin Potok, il sindaco di Mitrovica Nord, Kristmir Pantic, ha invece rifiutato di rispettare la procedura, dal momento che, sebbene i simboli e i loghi della c. d. “Repubblica di Kosova”, non riconosciuta dalla comunità internazionale né tanto meno dalle autorità serbe, fossero stati coperti con adesivi inamovibili, si trattava comunque di carta “ufficiale” del “cosiddetto Stato del Kosovo”, tale quindi da motivare il rifiuto ad accettare la verifica del mandato.

Tutto da rifare, dunque, ed anche un bel rompicapo, soprattutto per la c. d. “Belgrado ufficiale”. Da un lato, essendo state le elezioni amministrative indette nel quadro degli accordi di pacificazione del 19 Aprile 2013 quindi monitorate dall’OSCE nel quadro normativo kosovaro, Mitrovica Nord dovrà tornare al voto, certamente nel mese di febbraio, probabilmente il 23 febbraio. Il che significa nuova campagna elettorale, nuove manifestazioni e, sperando di essere smentiti, nuovi disordini. Ma dall’altro lato, c’è di più: tutto ciò ritarda infatti l’insediamento delle dieci municipalità serbe del Kosovo nel loro insieme e di conseguenza rimanda il varo della Unione dei Comuni Serbi, che rappresenta al tempo stesso l’architrave degli storici accordi del 19 Aprile e il luogo ufficiale dell’ampia autonomia dei Serbi del Kosovo all’interno dei confini della regione. Non è, com’è facile intuire, cosa da poco.

Anche perché, e siamo alla più clamorosa delle sorprese di questo inizio 2014, proprio per la portata storica di quell’accordo i due ex combattenti ed ex nemici giurati, il socialista Ivica Dacic ed il nazionalista Hashim Thaci, “rischiano” persino di vincere il Premio Nobel per la Pace 2014. I rappresentanti del comitato albanese e del comitato serbo della Camera dei Rappresentanti USA, hanno già inviato al Comitato per il Nobel la lettera ufficiale di candidatura: «L’accordo del 19 Aprile 2013 tra i premier Dacic e Thaci, facilitato da Catherine Ashton dopo mesi di intense trattative, segna una svolta storica per la Serbia e il Kosovo – e per i Balcani nel loro complesso. Rompendo nettamente con il passato e avviando un percorso per un futuro migliore, i due hanno mostrato notevole impegno, coraggio e visione. Al contempo, la Ashton ha dimostrato notevole capacità di leadership, dedizione e perseveranza nel contribuire a costruire il consenso tra le parti».

Se spesso sono proprio gli ex combattenti a fare la pace, questo 2014 potrebbe davvero riservare molte sorprese e portare insegne di pace in luoghi che sin troppo hanno subito l’inferno della guerra.