“Riteniamo che non sia possibile eludere la responsabilità storica della nostra magistratura in relazione alla violazione dei diritti di base della persona umana avvenuta durante il regime dittatoriale. Occorre dirlo e riconoscerlo con chiarezza e interezza: il potere giudiziario, e in special modo la Corte Suprema dell’epoca, vacillarono nel loro lavoro essenziale di tutelare i diritti fondamentali e proteggere coloro che furono vittima dell’abuso dello Stato”.

Con una dichiarazione inedita, l’Associazione nazionale dei magistrati del potere giudiziario del Cile, ha chiesto “perdono” per le sue “omissioni” durante il regime di Augusto Pinochet (1973-1990): l’11 settembre ricorrerà il 40° anniversario dal golpe e dalla scomparsa del presidente democratico Salvador Allende.

“La nostra magistratura è incorsa in azioni o omissioni improprie per la sua funzione, essendosi rifiutata, salvo eccezioni isolate ma coraggiose che ci onorano, di prestare protezione a coloro che reclamarono più volte il suo intervento” si legge in un documento pubblicato dai principali mass media nazionali. “L’inammissibilità o il rifiuto da parte dei nostri tribunali – prosegue il testo – di migliaia di ‘recursos de amparo’ (ricorsi basati sulla questione di costituzionalità), molti dei quali furono sostanzialmente presentati a nome di compatrioti della cui sorte non si seppe più nulla, il diniego sistematico di investigare sulle azioni criminali perpetrate dagli agenti dello Stato e il rifiuto di recarsi personalmente nei centri di detenzione e tortura, senza alcun dubbio contribuirono al doloroso bilancio che in materia di diritti umani rimase dopo quel grigio periodo”.

“Senza ambiguità né equivoci – aggiunge l’Associazione dei magistrati – riteniamo che sia giunta l’ora di chiedere perdono alle vittime, ai loro familiari e alla società cilena per non essere stati capaci in questa fase cruciale della storia di orientare, interpellare e motivare la nostra istituzione e i suoi membri così da non desistere dall’esecuzione dei loro doveri più elementari e imperdonabili, ovvero il compimento della funzione cautelare che in se stessa giustifica e spiega l’esistenza della giurisdizione”.