Negli ultimi atti dell’amministrazione regionale c’è la richiesta del presidente Giani e della Regione, che ne è proprietaria, dello sgombero del plesso universitario di Santa Apollonia, la cosiddetta Polveriera, spazio occupato e autogestito dal movimento studentesco fiorentino.
Sembra che dopo il caso eclatante del Leoncavallo a Milano anche in altre parti d’Italia e anche qui a Firenze le giunte regionali e comunali indipendentemente dalla colorazione si apprestino a reprimere o comunque a riportare nel solco di una pelosa legalità quelle realtà di autogestione che spesso si configurano piuttosto come custodia di bene comuni.
Beni immobiliari che spesso sono stati lasciati abbandonati in attesa di un adeguato inserimento in un piano urbanistico di mercificazione e speculazione edilizia. A Firenze questo processo è in atto da tempo e le criticità recenti hanno messo in luce una evidente complicità delle amministrazioni che si sono succedute a favorire la speculazione privata.
Firenze ha visto sorgere miriadi di alberghi di lusso, studentati difficilmente abbordabili da studenti comuni, ristrutturazioni edilizie per pura rendita turistica. Processo che ha espulso i residenti dal centro storico.
Sul tema abbiamo intervistato un attivista della “Polveriera”.
L’esperienza della Polveriera va avanti da molti anni; la possibilità di essere sfrattati è nata di recente. Ve l’aspettavate?
Non è una novità. Nel mio caso specifico sono militante in Polveriera da almeno tre anni e già due anni fa abbiamo avuto la netta sensazione che potesse avvenire uno sgombero.
Erano state addirittura pubblicate su alcuni giornali come la Repubblica le dichiarazioni di Giani che parlavano di riqualificare il plesso, perché era in stato di abbandono.
Quindi è un processo che va avanti da prima, da anni addirittura. Gli occupanti subentrati nel 2014 erano consapevoli che questo plesso fosse interessato da dei possibili lavori di ristrutturazione.
Quindi già nel 2015 si tentò di creare un processo partecipato con una tavola rotonda che comprendesse realtà studentesche, regione, l’ente privato che gestisce la mensa e i servizi vari all’interno del plesso, architetti, per costruire un progetto che mettesse d’accordo tutti sostanzialmente.
Questo tavolo è stato avviato?
Questo tavolo è stato avviato più volte, addirittura si parla del 2015 come primo approccio, poi un altro approccio nel 2019 e in seguito in altri momenti in cui la giunta regionale era totalmente diversa; infatti Giani si è insediato nel 2020.
Una trattativa che è partita ma è morta subito, un po’ per i classici motivi: ovviamente la differenza fra le varie parti che in qualche modo non ha fatto decollare la cosa.
Ora a che punto siamo?
Eh, questa è un’ottima domanda. Permane la sensazione che si sia isolati, che non ci sia interesse nell’instaurare un dialogo con gli occupanti, ma più che con gli occupanti direi con gli utenti o i possibili utenti. Questo è un plesso pubblico attraversato da studenti, da cittadini, da lavoratori. Abbiamo visto che le varie mail, sia quelle che abbiamo mandato, che quelle che arrivavano a nome dei frequentatori dello spazio, venivano ignorate.
Quando invece arrivano da altre realtà studentesche o comunque da quelle realtà che fanno parte del consiglio studentesco, come possono essere gli SDS, che attualmente fanno parte del consiglio universitario, allora c’è dialogo.
L’assemblea dell’altro giorno, quella pubblica di movimento, ha raccolto solidarietà da varie realtà fiorentine; c’erano anche rappresentanti del Collettivo di fabbrica della ex GKn e il dato fondamentale che ne è uscito è quello di cercare una convergenza di lotte contro la mercificazione di bene comuni a Firenze.
Voi su questo cosa potete dire?
Noi ci troviamo del quartiere uno di Firenze, che è vittima di uno spietato processo di mercificazione e speculazione. Il fiorentino lo sa, non esistono più fiorentini nel centro.
Questo è un fenomeno che ci tocca particolarmente. Noi, ovviamente, andiamo in controtendenza cercando di mantenere vivo uno spazio accessibile.
Che non sia il privilegio di chi ha i soldi a permettere di frequentare i luoghi del centro, che sono costosissimi e quindi inaccessibili. Prendiamo per esempio gli affitti, che sono proibitivi nella maggior parte dei casi.
Quindi noi ci troviamo in questa posizione: nella consapevolezza di essere all’inizio di un lavoro fortissimo, strutturatissimo e che dobbiamo lavorare insieme a realtà come Salvi-Amo Firenze per Viverci, che si occupano esattamente solo di questo e con cui abbiamo contatti e a cui proviamo a dare una mano e a fare da supporto.
Quale tipo di attività si svolgono in questo spazio?
Questa è un spazio che ha una offerta di attività socio culturali di ogni tipo e anche attività più semplici di svago.
Le attività, le realtà musicali, le arte performative che avvengono qua hanno un denominatore comune: quello dell’accessibilità. Sono gratuite: workshop, corsi, mostre, tutto gratuito.
Nella Polveriera c’è una palestra popolare con, se non sbaglio, sei corsi a cadenza settimanale, improvvisazioni teatrale ecc.
Sono tantissime cose e oltre a questo c’è tutta la parte della divulgazione e dell’informazione, quindi assemblee, riunioni e poi comunicazione.
Nell’assemblea dell’altro giorno si è parlato anche della repressione, A Firenze come da altre parti è in atto un processo governativo che vuole mettere fine a tutte le esperienze di autogestione e a tutto quello che viene considerato non allineato al pensiero unico dominante.
Ecco, la Polveriera, insieme altre esperienze fiorentine, si trova nella condizione di dover rispondere collettivamente.
Secondo voi qual è il percorso che è possibile intraprendere?
Ovviamente c’è la consapevolezza che se restiamo da soli siamo debolissimi e se unissimo tutte le realtà, tutte le forze, forse non basterebbero. Poi c’è un discorso di legittimità: ogni lotta dal basso ha legittimità ad esistere.
Sarebbe bellissimo, ma questa è più una speranza: la speranza che questo tipo di lotta venga compresa dalla popolazione.
Sarebbe bellissimo se nel quartiere uno si capisse l’importanza di uno spazio del genere e si supportasse la lotta in modo attivo, che non vuol dire necessariamente scendere in piazza a fare scontri, ma che serve però anche un supporto, una presenza, una raccolta firme,
dei pranzi popolari…
foto di Cesare Dagliana









