I migranti non sono protagonisti nei mezzi di informazione del nostro Paese: solo il 7% dei servizi dei telegiornali include la voce diretta dei protagonisti delle migrazioni, confermando un trend consolidato negli anni recenti. I media continuano a rappresentare le migrazioni come una “crisi permanente“, con un linguaggio allarmistico che registra una presenza relativamente costante di parole come “emergenza”, “crisi”, “allarme” e “invasione” (5.925 occorrenze) nel periodo 2013-2025, con un lieve aumento nell’ultimo anno. La migrazione è principalmente presentata come questione politica, con toni polarizzanti e un lessico rigido che enfatizza i contrasti. Ruolo centrale della politica nel racconto mediatico del fenomeno migratorio: il 24% delle notizie sulle migrazioni contiene almeno una dichiarazione di un esponente politico. La prima voce tematica delle notizie TG sulle migrazioni è sempre quella sui “Flussi migratori”, seguita da “Criminalità e sicurezza”, mentre rimangono bassi i valori della voce di “Accoglienza”. Debole la correlazione tra il numero di arrivi via mare e la produzione di titoli dal 2013 al 2025, suggerendo che i media trattano il tema in base a logiche specifiche trascendono l’effettiva pressione migratoria. Sono alcuni dei risultati del XIII Rapporto dell’associazione Carta di Roma “Notizie senza volto”, un’analisi dei media italiani dall’ 1 gennaio al 31 ottobre 2025 realizzata in collaborazione con l’Osservatorio di Pavia, con il sostegno del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei giornalisti e dell’Otto per mille della Chiesa Valdese, presentato a Torino in occasione della recente Giornata internazionale delle persone migranti. Scrive Nello Scavo, Presidente dell’Associazione Carta di Roma: “La cornice dominante resta quella dell’emergenza permanente, secondo un vocabolario che da più di un decennio utilizza parole come “crisi”, “minaccia”, “invasione” per descrivere fenomeni che spesso emergono più dalle redazioni che dalle statistiche. Eppure, proprio nel 2025, mentre la parola-simbolo diventa “Gaza” e i conflitti ridefiniscono le traiettorie del nostro tempo, riaffiora la necessità di un linguaggio capace di distinguere tra ciò che accade e ciò che temiamo. Perché dietro ogni titolo, anche quando moltiplica le paure, rimane il compito più semplice e più difficile del giornalismo: restituire umanità a ciò che la politica riduce a flusso, e voce a chi continua a non averne”.
Il Rapporto 2025 rileva evoluzioni positive sull’uso delle parole, ma non sulle cornici narrative. Se da un lato termini come “clandestino” stanno diminuendo, dall’altro l‘immigrazione viene ancora raccontata quasi solo come un’emergenza di sicurezza o un problema di flussi. È un racconto senza i protagonisti: la politica parla nel 24% dei servizi, i migranti solo nel 7%. La parola simbolo del 2025 è “Gaza”, in relazione al conflitto tra Israele e Hamas che ha – e tuttora sta – provocando ingenti quantità di sfollati e rifugiati dalla Striscia di Gaza. La cornice è quella di una crisi umanitaria catastrofica con, secondo le Nazioni Unite, sfollamenti di massa, carestia, crisi sanitaria, blocco agli aiuti e collasso di servizi essenziali, quali l’acqua potabile. Rispetto all’anno scorso, il Rapporto presenta però alcuni elementi di discontinuità, quali: aumento dell’attenzione mediatica verso la questione migratoria (+10% sulle prime pagine di sei quotidiani, +14% su tutti i titoli della stampa, +24% sui TG prime time); un’emersione della dimensione globale, trainata da guerre e crisi internazionali (Gaza), e una riduzione dell’attenzione sugli “sbarchi”; la riemersione del binomio immigrazione-criminalità, con particolare enfasi su episodi di violenza urbana, femminicidi e intolleranza religiosa. I temi simbolici della copertura dell’anno 2025 sono il protocollo Italia-Albania (7% delle notizie sulle migrazioni), il caso Almasri (13% delle notizie) e l’evoluzione dell’inchiesta sulla morte di Ramy. A differenza del 2024, nel 2025 la voce Economia e Lavoro (1,5%) torna marginale, mentre cresce la voce di Società e cultura (21,1%), con servizi su razzismo, antisemitismo, cittadinanza e convivenza culturale.
“Nel 2025 abbiamo assistito, ha sottolineato Giuseppe Milazzo, ricercatore dell’Osservatorio di Pavia, a un’eclissi del lavoro: il contributo economico e sociale dei migranti è quasi sparito dai telegiornali, scendendo a un marginale 1,5% delle notizie nei TG rispetto all’11% dell’anno scorso. Raccontiamo l’immigrazione come uno scontro ideologico o un caso giudiziario, come per il modello Albania o il caso Alamsri, dimenticandoci che è un fenomeno strutturale e lasciando ai margini il racconto della dimensione quotidiana e produttiva. Dobbiamo tenere a mente che i dati non giudicano le scelte politiche, ma misurano come queste influenzano l’agenda dei media. Il dato oggettivo è che la polarizzazione politica finisce per occupare lo spazio che dovrebbe essere destinato all’analisi sociale ed economica del fenomeno”. E Ilvo Diamanti, professore emerito dell’Università di Urbino e presidente di Demos&Pi ha aggiunto: “Oggi il tema dell’immigrazione, sui media, funziona ancora. Ma meno di qualche anno fa. Non perché gli immigrati non suscitino più paura e sospetto. Non è così, come mostrano i dati rilevati da Demos e LaPolis-Università di Urbino, da Carta di Roma, Osservatorio di Pavia. Tuttavia, negli ultimi anni, sono subentrati altri motivi di insicurezza e di “paura”, che condizionano il sentimento delle persone, gli atteggiamenti dei cittadini.”
Qui il XIII Rapporto Carta di Roma “Notizie senza volto”: https://www.cartadiroma.org/wp-content/uploads/2025/12/Rapporto_CdR_Notizie-senza-volto_2025.pdf.










