Il Bosco delle Sorti della Partecipanza di Trino è il ‘silente’ protagonista dell’incontro che il 19 novembre si terrà al Museo Regionale di Storia Naturale piemontese. A dargli voce saranno il suo primo conservatore e alcuni suoi custodi e guardiani che il 28 ottobre scorso hanno celebrato con lui il suo 750° ‘compleanno’.

Storia, gestione, flora e fauna del Bosco
Il titolo riassume il programma del convegno svolto – nella Cascina Guglielmina edificata nel 1903 in un’area del Bosco delle Sorti di Trino – a celebrazione del 750° anniversario e organizzato dalla Partecipanza che possiede il patrimonio forestale perché formata dagli eredi dei proprietari, divenuti tali in base all’assegnazione loro conferita dal marchese del Monferrato Guglielmo VII con la Carta delle libertà siglata il 28 ottobre 1275, da tempo immemore depositata all’Archivio di Stato di Torino…
…la cui peculiarità è descritta in molte pagine di storiografia, giurisprudenza e sociologia, tra cui Bosco delle Sorti della Partecipanza di Trino: la sua storia è scritta nelle “grandi carte” del XIII secolo e illustrata in un innovativo documentario multimediale pubblicata da PRESSENZA nell’aprile scorso.
Al convegno celebrativo della 750esima ricorrenza della sua promulgazione i partecipanti trinesi hanno ricordato anche che il suo estensore e firmatario, Gugliemo VII del Monferrato, era nato a Trino nel 1240 ed è sepolto nell’Abbazia di Lucedio confinante con il loro bosco, dove però non ‘riposa in pace’ perché Dante lo ha ‘recluso’ nel “vallone intra fiori ed erbe” del Purgatorio della Divina Commedia a espiare la condanna morale che incombe su “coloro che, per propria negligenza, di die in die di qui all’ultimo giorno di loro vita tardaron indebitamente loro confessione”.
Nel VII Canto dell’opera monumentale che terminò di comporre nel 1321, il ‘sommo poeta’ riferisce:
Quel che più basso tra costor s’atterra, guardando in suso, è Guiglielmo marchese, per cui e Alessandria e la sua guerra fa pianger Monferrato e Canavese.
Tale ‘sentenza’ ricorda che il monferrino dai posteri era detto ‘il Grande’ perché aveva espanso tanto i propri domini conducendo campagne militari molto cruenti e che era morto prigioniero di Alessandria, un comune che lui aveva più volte assediato e talvolta conquistato e dove era stato catturato con l’inganno quando vi si era recato, nel 1292, per assicurasi l’alleanza dei suoi cittadini mentre fronteggiava gli attacchi di Torino, all’epoca un feudo dei conti di Savoia, e di Milano, allora il ducato dei Visconti.
Prima invece, nel 1275, la situazione volgeva a favore di Gugliemo, tanto che la maggioranza dei cittadini trinesi aveva spontaneamente deliberato di assoggettarsi a lui.
Precedentemente, intorno al 1123, ai margini della foresta di Lucedio che si estendeva tra Trino e Crescentino si era insediata una comunità cenobita cistercense che, applicando teorie e tecniche di propria concezione e invenzione, aveva cominciato a bonificare i terreni paludosi e disboscare la brughiera per espandere il sistema di coltivazione intensivo-estensiva in cui sono germogliati i fenomenali progressi tecnologici, sociali e culturali rinascimentali…
… e nel 1210 il piccolo centro urbano sito in posizione strategica vicino all’abbazia e all’incrocio delle strade di collegamento alla nuova via Francigena e alle antiche vie romane venne insignito borgo franco.
Ma, nonostante fosse tanto prosperosa e anche la propria città natale, Guglielmo aveva dato Trino a Vercelli in cambio di finanziamenti e truppe per le proprie imprese in Terra Santa.
Poi, siccome Vercelli era un comune vescovile che favoriva l’espansione della ricca e potente Abbazia di Lucedio nei terreni boschivi intorno a Trino, quando se ne presentò l’occasione gli abitanti preferirono che la loro città diventasse, anzi tornasse ad essere, un feudo del marchesato monferrino.
In cambio di questo favore ai trinesi suoi sostenitori Guglielmo VII concesse il possesso, così la fruizione ‘libera’ da limitazioni vincolanti (e corrispondenti imposte per la raccolta di legname, il pascolo di bestiame, la caccia e quant’altro), della porzione di foresta a lungo contesa tra i popolani e i monaci cistercensi.
Sebbene cominciata in una serie di vicende politiche scandite dalle guerre mondiali combattute a quell’epoca, i conflitti bellici tra guelfi e ghibellini europei e le crociate dei regni cristiani nei domini musulmani, la storia del Bosco delle Sorti della Partecipanza di Trino narra di come per tanti secoli – ora 7 e mezzo – una piccola comunità sia riuscita a preservare un prezioso patrimonio forestale dalla devastazione che, invece, ha sterminato la popolazione vegetale e animale di un’intera regione, cioè in tutta la Pianura Padana.
La storia del bosco trinese inoltre spiega come le innovazioni del passato si siano consolidate in tradizioni tramandate intatte per secoli, ma anche adattate ai tempi.
Alla data del 28 ottobre scorso alla Partecipanza – cioè all’associazione dei proprietari – che possiede e amministra il Bosco delle Sorti di Trino erano iscritti 756 soci, di cui 510 uomini e 246 donne, 326 residenti a Trino e 430 foresi, abitanti soprattutto in altri comuni piemontesi e italiani o alcuni – 8 – all’estero (USA, Francia, Inghilterra, Grecia, Germania e Ucraina).
Nel 1493 la controversia tra ‘vecchi’ e ‘nuovi’ trinesi, ovvero tra indigeni discendenti dei primi proprietari del bosco e immigrati di allora, venne risolta permettendo ai richiedenti di associarsi alla partecipanza pagando 180 fiorini.
Le donne invece ne rimasero escluse fino al 1528, quando venne loro concesso di acquisire l’appartenenza purché fossero le uniche in vita della famiglia avente il titolo ereditario, ma fino al 1988 senza il diritto di voto alle assemblee e solo dopo l’esito del referendum del 2014 potendo concorrere, come i maschi, all’annuale assegnazione dei lotti – le sorti – in cui ogni partecipante può approvvigionarsi di legname.
Tali cambiamenti hanno adattato la partecipanza alle trasformazioni della società senza snaturarne la forma e, sostanzialmente, la caratteristica di un ordinamento giuridico-amministrativo funzionale a preservare integro e intatto il bosco che, se anziché un bene comune indiviso e gestito collettivamente e fosse stato spartito tra i proprietari, adesso non esisterebbe più e non sarebbe il patrimonio forestale di cui beneficiano la comunità locale e l’umanità.
Oggi infatti il Bosco delle Sorti della Partecipanza di Trino è importante anche come antesignano e longevo modello di sfruttamento di un ecosistema con tutela ambientale e sostenibilità.
Nel convegno svolto il 28 ottobre scorso il suo primo consevatore, ovvero partecipante, e alcuni suoi custodi e guardiani hanno elencato molti degli esemplari di flora e fauna autoctona che vegetano nel bosco trinese.
Il parco è popolato da vecchie e nuove generazioni di quercia della specie in italiano detta farnia e in dialetto piemontese rul bianca, quercia ad alto fusto per il legname da opera, carpino tagliato a ceduo, rovere, pungitopo, ciliegio ‘selvatico’, robinia,… e cerro e betulla, due piante che soccorrono a contrastare i cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità. Inoltre è abitato da fiori e funghi, con gli alberi e gli arbusti circa 800 specie vegetali, e numerose specie animali: uccelli, mammiferi, pipistrelli, rettili e insetti.
Oltre che una riserva inclusa nel sistema di Aree Protette tutelate dall’ente di gestione del Parco del Po piemontese e una piantagione ‘allevata’ con sistemi monitorati e certificati da FSC / Forest Stewardship Council, è un bosco da seme in cui vengono raccolte sementi di 11 specie arboree e arbustive e un’area di custodia delle orchidee selvatiche ed è iscritto al Catalogo Nazionale dei Paesaggi Agrari.
Mentre ‘dall’altra parte del mondo’, nella brasiliana Belém, fino al 21 novembre prossimo le questioni ecologiche e gli interventi con cui contrastare le devastazioni ambientali e i cambiamenti climatici si esaminano alle riunioni della 30ª Conferenza delle Parti (COP30), le esperienze e le tecniche sperimentate e praticate da 750 anni al Bosco delle Sorti della Partecipanza di Trino verranno spiegate ai partecipanti dell’incontro, aperto al pubblico, in programma al Museo Regionale di Storia Naturale di Torino.
MRSN (Torino – via Accademia Albertina 15) – mercoledì 19 NOVEMBRE 2025 alle h 18 : con Pasquale De Vita, addetto dell’ufficio stampa della Regione Piemonte, intervengono Ivano Ferrarotti, primo conservatore, Piergiorgio Terzuolo, tecnico forestale consulente IPLA dell’Istituto per le Piante da Legno e l’Ambiente e Paola Palazzolo, botanica e guardiaparco dell’ente di gestione del Parco del Po piemontese.
ATTENZIONE : non confondere i nomi di Trino, comune della provincia vercellese, e Torino, capoluogo del Piemonte 😉
Nelle foto sotto, tre soci della Partecipanza di Trino. Da sinistra a destra: l’attuale e il precedente primo conservatore, rispettivamente Ivano Ferrarotti e Bruno Ferrarotti, e Franco Ferrarotti [Bosco delle Sorti della Partecipanza di Trino: la sua storia è scritta nelle “grandi carte” del XIII secolo e illustrata in un innovativo documentario multimediale / PRESSENZA – ]











