La data del 4 novembre, che rimanda storicamente all’armistizio di Villa Giusti che pose fine alla prima guerra mondiale, è celebrata oggi, grazie a un decreto legge del 2024, come “la giornata dell’unità nazionale e delle forze armate”.
Leggendo sul sito dell’Esercito Italiano si legge che “in questa giornata si intende ricordare, in special modo, tutti coloro che anche giovanissimi, hanno sacrificato il bene supremo della vita per un ideale di Patria e di attaccamento al dovere: valori immutati nel tempo, per i militari di allora e quelli di oggi.”
I 650.000 soldati italiani uccisi, il milione di feriti di cui tanti con mutilazioni permanenti, le almeno 600.000 vittime civili, non meriterebbero questo genere di retorica. Morirono perché costretti a morire dai loro comandanti. E quel senso del dovere, va ricordato, venne ribadito con le uccisioni di massa dei militari che osavano indietreggiare.
Ma in un momento storico di forte ritorno delle ideologie autoritarie, la propaganda militarista cerca di riprendersi gli spazi degli antichi tempi andati. A cominciare dalle scuole, letteralmente invase da un rigurgito bellicista, mentre vengono proditoriamente annullati corsi di formazione per insegnanti sull’educazione alla pace.
Per dare la propria testimonianza di sdegno di fronte alla preparazione della guerra, al riarmo, ai continui voli d’addestramento dei caccia, alle esercitazioni militari e alla impunita fabbrica di bombe RWM, circa duecento persone si sono ritrovate a Cagliari, in piazza Antonio Gramsci. Gli interventi al microfono, oltre a ribadire il ripudio di ogni guerra, hanno messo l’accento sulle criticità della Sardegna: la preparazione della guerra inizia anche e soprattutto sul territorio dell’isola, letteralmente infestato dalle basi e dai poligoni militari, con esercitazioni che avvelenano l’ambiente e mettono a rischio la salute della popolazione; con i continui voli di addestramento che partono dalla scuola piloti dell’aeronautica militare a Decimomannu, provocando un diffuso inquinamento acustico e atmosferico nei territori circostanti, con la produzione di ordigni bellici nella fabbrica RWM, per la quale si auspica che la Regione Sarda non firmi la sanatoria richiesta per gli ampliamenti abusivi e a rischio di disastro ambientale.
E’ stata anche ricordata la deriva autoritaria del governo Meloni, le sue nuove leggi repressive del dissenso, l’uso violento delle forze dell’ordine, come avvenuto a Cagliari nella recente giornata di sabato 1 novembre, quando si è lasciato sfilare tranquillamente un corteo di neofascisti, mentre veniva respinta con idranti e lacrimogeni la contemporanea manifestazione antifascista. Un episodio sul quale andrà fatta chiarezza.
Il 4 novembre, quella che dovrebbe essere una giornata di lutto e di silenzio in ricordo di quell’inutile strage, viene trasformata dalle istituzioni in una commemorazione altisonante di stampo nazionalista, con tanto di mostrine, di fanfare e di armi in bella (brutta) vista, perfino davanti ai bambini.
Forse invece sarebbe giusto ricordare le disubbidienze agli ordini pagate con la vita, le diserzioni, gli episodi di fraternizzazione tra soldati nemici, le tregue di Natale, con scambio di canti tra opposte trincee, tutti quegli episodi che dimostrano come nemmeno la peggiore delle guerre riesca ad estirpare del tutto l’umanità da dentro l’animo delle persone.
La guerra è principalmente un grande inganno fra i popoli, ordito da mani potenti. La cultura, l’arte, la religione, l’educazione, il buon senso, tutto dovrebbe fare della guerra un tabù sociale. Ma così non è ancora e sarà necessario lottare ancora a lungo perché questo avvenga.

manifestazione del 4 novembre a Cagliari










