“Da quando siamo al Governo la situazione del Paese è peggiorata e nei prossimi anni non ci saranno miglioramenti”. Si potrebbe riassumere con queste parole il contenuto degli “Indicatori di benessere equo e sostenibile (BES)”, un allegato al Documento di finanza pubblica 2025, redatto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Si tratta di un testo articolato in dodici indicatori, che mostrano l’andamento e l’evoluzione del reddito, della disuguaglianza, della povertà assoluta, della speranza di vita, dell’obesità, dell’abbandono scolastico, della disoccupazione (in particolare femminile), della criminalità predatoria, dell’efficienza della giustizia civile, delle emissioni climalteranti e del consumo di suolo.

Il report prende in considerazione la disuguaglianza del reddito netto S80/S20, un indicatore statistico che misura il rapporto tra il reddito netto del 20% della popolazione più abbiente (S80) e l’ammontare del reddito netto del 20% della popolazione più povera (S20). Un valore più alto dell’indicatore indica una maggiore disuguaglianza, mentre una cifra più bassa indica una minore disparità tra i due gruppi di reddito.

Dai dati ISTAT emerge che l’indicatore S80/S20 nel 2022 (anno di insediamento del Governo in carica) era al 5,3, il valore più basso dal 2009. Nel 2023 è salito al 5,5 e nel 2024 è arrivato al 5,7. La previsione è che fino al 2028 rimarrà al 5,7. In sintesi, quando questo Governo decadrà, si potrà dire che sicuramente avrà aumentato la disuguaglianza e che nulla avrà fatto per invertire la tendenza.

Considerazioni analoghe si possono fare per l’indicatore relativo alla povertà assoluta famigliare. Nel 2022 l’8,3% delle famiglie italiane si trovavano in povertà assoluta, nel 2023 e nel 2024 sono state 8,4%. La previsione è di rimanere all’8,4% fino al 2028.

Impressiona la staticità che spesso accompagna le previsioni per la maggioranza degli indicatori. Per esempio, di fronte al calo (da 60,1 anni nel 2022 a 58,1 anni nel 2024) della speranza di vita in buona salute alla nascita, la stima è di arrivare nel 2028 a 58,2 anni. Così accade anche per l’uscita precoce dal sistema di istruzione e formazione, scesa dal 11,5% del 2022 al 9,8% del 2024, che si attesterà al 9,7% nel 2028.

Della maggiore efficienza della giustizia civile si è molto parlato, ma nei fatti si andrà in direzione opposta. In relazione al Disposition Time (DT), che indica il numero medio di giorni necessari per definire i procedimenti, nel report si legge: “Nel 2024 dopo tre anni di flessione si rileva una leggera crescita (+17 giorni). Nel periodo 2025-2028 l’indicatore è proiettato su un sentiero di moderata crescita che dovrebbe portare a 28 giorni l’aumento cumulato nel periodo di previsione”.

Relativamente al consumo di suolo, senza sorprese si dice che “riprende la tendenza alla crescita, fermatasi brevemente nel 2023, e si raggiunge il valore massimo registrato nell’intero periodo 2016-2024. In termini di crescita percentuale, nell’ultimo anno i valori più elevati sono stati rilevati nelle Isole, con una significativa accelerazione rispetto ai dati del 2023. In aumento anche il Nord-Est, il Centro e il Sud, mentre i valori per il Nord-Ovest restano stabili”.

Analizzando gli altri indicatori si intravedono alcune luci, come le previsioni di riduzione del tasso di obesità, della mancata partecipazione al lavoro e delle emissioni climalteranti. Ma anche significative ombre, come l’aumento della criminalità predatoria: “le vittime dei furti in abitazioni (+1,6 vittime per 1.000 abitanti nel quadriennio 2021-2024) e di borseggi (+2,3 vittime per 1.000 abitanti nel quadriennio 2021-2024) hanno registrato una crescita relativamente sostenuta”.

Fino a che punto è credibile un Governo che – di fronte a indicatori tendenzialmente negativi – sceglie in linea generale un sostanziale immobilismo per i prossimi tre anni? Il colmo è che tutto ciò è scritto con evidenza in un documento che dovrebbe perseguire il “benessere equo e sostenibile”…