Dal Prix Italia RAI di Napoli, un film che intreccia memoria storica e presente, ricordando che la vera libertà può nascere anche dietro le sbarre.

In Italia, secondo i dati del Ministero della Giustizia aggiornati al 2025, più di 61.000 persone vivono in istituti che ne potrebbero ospitare poco più di 50.000. Oltre la metà non ha accesso a programmi educativi continuativi, e la recidiva resta tra le più alte d’Europa. Eppure, dove si apre uno spazio per l’arte, spesso nasce anche una possibilità di rinascita. I laboratori teatrali di Rebibbia, le esperienze di Volterra e quelle nate a Nisida dimostrano che la cultura può diventare un linguaggio di libertà, capace di restituire fiducia e dignità.

È in questo orizzonte che si colloca La salita  , film di Massimiliano Gallo , presentato in anteprima al Cinema American Hall di Napoli nell’ambito del 77° Prix Italia – Get Real , la rassegna internazionale promossa dalla RAI dedicata a radio, podcast, tv e digital.

Ambientato nel 1983, il film intreccia due eventi reali e distinti della storia recente napoletana: da un lato il bradisismo di Pozzuoli e il conseguente trasferimento di diciotto detenute dal carcere femminile all’istituto penale minorile di Nisida; dall’altro, l’impegno civile e teatrale di Eduardo De Filippo , che tra il 1981 e il 1982 visitò più volte Nisida e sostenne la nascita di un laboratorio teatrale per i ragazzi detenuti. Il film unisce queste due vicende, facendo dialogare episodi coevi ma non necessariamente concomitanti e riportando al centro l’idea del teatro come possibilità di risalire.

Il direttore del carcere , interpretato da Gianfelice Imparato , rappresenta la difficoltà di chi, pur credendo nel valore dell’educazione, si scontra con la mancanza di mezzi e con le resistenze del sistema. Accanto a lui, Mariano Rigillo restituisce un Eduardo De Filippo intenso e autentico, capace di evocare tutta l’umanità e la forza morale del grande drammaturgo napoletano.

Nel cast figurano Massimiliano Gallo , anche regista, Roberta Caronia , Alfredo Francesco Cossu , Antonio Milo , Shalana SantanaMaurizio Casagrande , Maria Bolignano e Antonella Morea . Tutti contribuiscono a costruire un racconto corale, umano e profondamente napoletano, che parla di libertà, colpa e rinascita senza mai cedere alla retorica. Le musiche originali di Enzo Avitabile , intense e legate all’anima della città, accompagnano la narrazione con una forza spirituale e popolare al tempo stesso, trasformando ogni nota in un ponte tra dolore e rinascita.

Durante l’anteprima napoletana, la sala del Cinema American Hall è rimasta in silenzio anche dopo i titoli di coda. Il film non si limita a rappresentare: ti trascina dentro. Sia nei personaggi dei detenuti che in quelli delle guardie si percepisce la stessa umanità ferita, lo stesso bisogno di fiducia. Lo spettatore sente di appartenere a quelle emozioni, di condividere quella fragilità e quella speranza. È un’esperienza intensa, capace di scuotere e far riflettere su cosa significa davvero rieducare: non imporre, ma accompagnare chi ha sbagliato verso una nuova consapevolezza.

A oltre quarant’anni da quei fatti, la realtà carceraria italiana resta complessa, segnata dal sovraffollamento e da percorsi rieducativi insufficienti. Eppure, dove l’arte trova spazio, qualcosa cambia. Il teatro, la musica, la pittura o un laboratorio di cucina diventano strumenti di crescita e di libertà interiore. La parola non è solo un film storico: è un invito a guardare oltre la punizione, verso la possibilità di un cambiamento reale. Ricorda che ogni carcere dovrebbe poter essere anche una scuola, un luogo dove la creatività restituisce senso al tempo e valore alla persona.

Il film si chiude con le immagini autentiche di Eduardo De Filippo in visita ai ragazzi di Nisida nel 1982. È il filmato reale del suo intervento, che Massimiliano Gallo ha voluto inserire come epilogo, lasciando che a parlare fosse la verità. De Filippo incoraggiò quei giovani a non arrendersi, spiegando che con energia e amore si può ottenere molto anche da chi ha sbagliato. Li invitò a non fidarsi delle raccomandazioni, “che illudono e poi abbandonano”, ma a credere nel lavoro onesto e nella possibilità di costruirsi un futuro. E così, sulle sue parole, si chiude anche il film:
“Non arrendetevi. Fidatevi di voi stessi.”