Nel gennaio 2025, si stima che nel mondo i migranti internazionali siano 304 milioni, più del doppio rispetto al 1990 (153 milioni). In termini percentuali si è passati dal 2,9% al 3,7% della popolazione mondiale, percentuale che è rimasta invariata negli ultimi anni. Sono aumentati, invece, in maniera molto significativa i profughi e gli sfollati, che alla fine del 2024 hanno raggiunto la cifra record di 123,2 milioni. Uno scenario che si riverbera anche sul contesto italiano. La componente straniera – oltre 5,4 milioni di persone, pari a circa il 9,2% del totale – continua a crescere, sostenendo in maniera decisiva la dinamica demografica complessiva. Il saldo migratorio con l’estero ha compensato sia il saldo naturale negativo sia la riduzione della mobilità interna. “I cittadini stranieri regolarmente residenti in Italia, si legge nel XXXIV Rapporto Caritas-Mighrantes, si concentrano per lo più al Centro-Nord, mentre la presenza di migranti irregolarmente presenti sul territorio si distribuisce in modo disomogeneo, mostrando condizioni abitative spesso precarie e forme di insediamento che variano a seconda del contesto: dai ghetti rurali del Sud Italia agli spazi occupati nelle aree urbane del Centro-Nord”.

I principali Paesi di origine dei cittadini stranieri in Italia restano Romania, Marocco, Albania, Ucraina e Cina, ma negli ultimi anni si osserva una crescita significativa di nuovi arrivi dal Perù e soprattutto dal Bangladesh. In appena due anni, i cittadini bangladesi hanno visto rafforzarsi in modo netto la loro presenza, tanto che il Bangladesh figura ormai tra le prime tre nazionalità per nuovi rilasci di permessi di soggiorno in oltre la metà delle province italiane. Nel complesso, i motivi familiari (43,7%) e di lavoro (40,7%) continuano a rappresentare la gran parte dei permessi di soggiorno validi, mentre quelli legati ad asilo, protezione internazionale o speciale si fermano al 7,2%. Questo dato conferma la tendenza a una presenza sempre più stabile, legata non solo all’inserimento lavorativo, ma anche alla costruzione di percorsi familiari duraturi. La dimensione familiare si riflette in un altro aspetto cruciale: la natalità. Pur in un quadro di costante decremento, nel 2024 le nascite complessive si attestano intorno alle 370 mila, e oltre il 21% dei nuovi nati ha almeno un genitore straniero. Si tratta di un indicatore eloquente del contributo strutturale delle famiglie migranti alla rigenerazione della popolazione residente. Allo stesso modo, le oltre 217 mila acquisizioni di cittadinanza registrate nel 2024 rappresentano non solo un traguardo individuale, ma anche una lente privilegiata per leggere le trasformazioni in corso: nelle aree interne, in particolare, la presenza straniera contribuisce a contrastare lo spopolamento e a mantenere vivi servizi, scuole e attività economiche di base. Su questo sfondo, il lavoro si conferma come snodo decisivo.

Gli occupati in Italia hanno raggiunto quota 24 milioni, di cui oltre 2,5 milioni stranieri (10,5%). Il tasso di occupazione complessivo è salito al 61,3% (+1 punto rispetto al 2023), ma con forti divari: per i non comunitari scende al 57,6% (-3,3 punti), per i comunitari resta stabile al 62,2%. La disoccupazione, pur calando nel complesso (-14,6%), migliora soprattutto per gli italiani (-16%), meno per i non comunitari (-5,9%), che restano a un tasso del 10,2% contro il 6,1% degli italiani. Anche sul fronte dell’inattività, il quadro è diseguale: se dal 2021 il calo è stato di 2,2 punti, tra il 2023 e il 2024 il dato resta stabile, con un preoccupante +6,1% per i non comunitari.

Nel complesso, emerge un mercato del lavoro fortemente segmentato, dove le opportunità non si distribuiscono in modo omogeneo né tra italiani e stranieri, né tra uomini e donne. Parallelamente, cresce il ruolo attivo degli stranieri: nel 2024 sono stati attivati 2.673.696 rapporti di lavoro con cittadini stranieri, pari al 25% del totale (+5,8% rispetto al 2023). La condizione di precarietà sembra, però, coinvolgere l’intero sistema Italia. Se una persona su dieci in Italia vive in condizione di povertà assoluta, ovvero è priva delle risorse fondamentali per condurre una vita dignitosa, l’incidenza della povertà tra i cittadini italiani si attesta al 7,4%, mentre tra gli stranieri raggiunge il 35,1%, coinvolgendo più di una persona su tre. Complessivamente, gli individui di cittadinanza straniera che vivono in povertà assoluta sono 1.727.000, pari al 30,3% dei poveri assoluti presenti in Italia, stimati in circa 5,7 milioni. Di nuovo, tra le criticità che coinvolgono le persone di cittadinanza straniera prevalgono le situazioni di disoccupazione (50,9%) e di “lavoro povero” (24,7%). Per quanto riguarda l’istruzione, nell’anno scolastico 2023/2024 si registra la presenza di 910.984 alunni con cittadinanza non italiana, con un’incidenza pari all’11,5%. Per certi versi, le nuove generazioni dell’immigrazione assomigliano a tutte le nuove generazioni, ma sono più cosmopolite e più “naturalmente” multiculturali, perché abituate a muoversi, a cercare un equilibrio tra mondi diversi. La grande maggioranza dei figli di immigrati è nata e cresciuta in Italia: ragazze e ragazzi italiani di fatto, ma privi di cittadinanza formale.

Qui una sintesi del XXXIV Rapporto Immigrazione 2025 di Caritas e Migrante