I numeri delle manifestazioni di piazza che si sono dispiegate in tutta Italia dal 22 settembre fino a quella del 4 ottobre a Roma con circa un milione di persone parlano chiaro. Le dinamiche in atto, invece, avrebbero bisogno di qualche chiarimento da parte di chi, in qualche modo, tra attivismo nel sindacalismo di base e impegno costante al fianco dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università ha provato a lavorare dall’interno per la buona riuscita delle diverse mobilitazioni. Un’analisi, dunque, è necessaria anche per poter rilanciare i discorsi pensando al progetto politico che è cresciuto tra le mani in questi giorni.
Innanzitutto, non va trascurato il fatto che le mobilitazioni che si stanno svolgendo anche nei singoli paesi di provincia nascono dalla sensibilità popolare su un tema che ha incontrato, e incontra ancora, la netta ostilità del governo, ma anche della maggior parte dei media e di una fetta del centrosinistra che con il sionismo ha intrattenuto da sempre ottimi rapporti, ad esempio quella pesantemente compromessa con lo Stato sionista tramite Sinistra per Israele.
Quella sensibilità che riempie le piazze, vale la pena ribadirlo, muove dall’orrore che suscita il genocidio in corso in Palestina e dal sostegno ad una impresa internazionale nonviolenta, tentata dalla Global Sumud Flotilla, che è stata prima attaccata con la Zefiro da droni (non identificati, purtroppo) in acque internazionali al largo della Grecia (per molto meno in Polonia si alzano in volo i nostri F16 e abbattono giocattoli di legno e polistirolo!) e poi bloccata illegalmente da parte di uno Stato che viola palesemente, con la complicità dell’Occidente, le regole che il consorzio umano si è dato per rispettare i diritti umani e i rapporti internazionali.
Fatta questa doverosa premessa, va precisato che la piazza del 22 settembre, che ha visto poi una partecipazione massiccia e inaspettata, è stata organizzata dal sindacalismo di base (CUB, SGB, ADL Varese, CUB SUR e USB), appoggiato calorosamente dalle associazioni della società civile, ma soprattutto dagli studenti e dalle studentesse impegnati e solidali, medi e universitari, che perlopiù non accedono a quei media mainstream che costruiscono ad hoc notizie faziose, ma al mondo composito dell’informazione on demand libera e veramente pluralistica. Di conseguenza, si è reso evidente che a partire dal 22 settembre si è aperto un fronte di protesta con parole d’ordine chiaramente antimilitariste, anticapitaliste, anticolonialiste, antifasciste e antisioniste con i ragazzi e le ragazze a guidare manifestazioni e scioperi con numeri che non si vedevano dal 2015 per il mondo della scuola (11,2% adesioni allo sciopero) e che si svolgono, a differenza di tempi passati, quasi totalmente all’insegna della nonviolenza e comunque con la deliberata intenzione di costruire un nuovo progetto di ampio respiro politico, sociale e culturale
In questo quadro va compresa la mossa piuttosto avventata, ma tutto sommato coraggiosa, della CGIL che, sganciandosi definitivamente da CISL e UIL, perlopiù insensibili alla mobilitazione per la Palestina, e da quel legame che costituisce il ricordo sbiadito di una triplice con potere sindacale forte in grado di dettare l’agenda setting della politica, cerca di recuperare terreno su temi che si richiamano alla sensibilità di un popolo di sinistra sempre più sfuggente e che dichiara di aderire massicciamente allo sciopero del 22 settembre, nonostante il tentativo maldestro in qualche sede locale di boicottarne la partecipazione. E, così, la CGIL in extremis si mette in carreggiata e proclama uno sciopero il 19 settembre, di quattro ore, in serata, solo per lavoratori a tempo indeterminato, che esclude il pubblico impiego…insomma un clamoroso rattoppo strategico e politico che ha lo scopo di cercare un rimedio alla colpevole assenza sui temi politici internazionali.
Tuttavia, l’operazione più significativa è stata quella che ha preceduto la mobilitazione del 3 ottobre in caso di attacco illegale e blocco della Global Sumud Flotilla da parte delle forze armate sioniste, in occasione della quale i sindacati hanno voluto forzare la legge 146/1990 e indire con un preavviso minimo di meno di 24 ore uno sciopero generale e generalizzato, il secondo in quindici giorni. E per quella circostanza la nuova compagine sindacale, composta da CGIL, USB (forte del successo del 22 settembre), COBAS, CUB e altre sigle del sindacalismo di base, anche loro in una inedita versione irenica e pacificata, si sono presentate per una conferenza stampa congiunta a Montecitorio.
Ora, su come si sono svolte le manifestazioni il 3 ottobre nelle varie città l’impressione è che tutto sommato la mobilitazione del 22 settembre abbia fatto scuola, infatti i ragazzi e le ragazze sono rimasti/e protagonisti/e indiscussi delle piazze, alle quali si è aggiunto uno spezzone della CGIL e di tutti i suoi addentellati chiamati a raccolta dalla dirigenza. È chiaro che la CGIL, con le sue dinamiche macchinose, goffe, spesso ancora estremamente settarie, in forte crisi d’identità, stia cercando di fare i conti con le proprie scarse forze. Tuttavia, apprezziamo il tentativo e plaudiamo finalmente allo sforzo che ci richiama alla memoria, mutatis mutandis, il discorso pascoliano de “La grande proletaria si è mossa”, sebbene questa volta, rispetto al riferimento interventista e coloniale italiano, sia chiaramente in funzione antibellica.
Ancora un dato, tuttavia, è rilevante da analizzare in questi giorni, infatti sullo sfondo di questa inedita convergenza tra CGIL e sindacalismo di base si staglia la vittoria del centrodestra nelle Marche con un astensionismo del 50%, cresciuto del 10% rispetto alle precedenti elezioni, la conferma schiacciante del centrodestra in Calabria con un astensionismo del 57% e con un centrosinistra che non vince perché non convince affatto, dal momento che nel complesso si mostra ambiguo, populista, guerrafondaio, distante dai temi politici, dalle urgenze sociali, dalla sensibilità su temi internazionali, non diversamente dal programma politico del centrodestra, che però già governa, fa propaganda e mostra molta, ma molta, più aggressività rispetto allo sbiadito centrosinistra.
E, allora, venendo alla lezione che possiamo imparare dalle piazze del 22 settembre e del 3-4 ottobre, quello che è evidente è che si potrebbe aprire uno spiraglio interessante per un Fronte Popolare Unito, ovviamente senza la zavorra ondivaga del PD e dei suoi transfughi, su temi politici e sociali dettati proprio dal sindacalismo di base e su cui la CGIL potrebbe provare a recuperare terreno per ottenere credibilità davanti al popolo di sinistra che lo sostiene. Si tratta di organizzarsi in un Fronte Popolare Unito, alla francese per intenderci, che sappia coniugare le istanze dell’ambientalismo, dell’ecosocialismo, della giustizia sociale, della solidarietà internazionale, del diritto alla casa e al lavoro, della lotta al precariato, della denuncia del militarismo dilagante e degli sporchi affari bellici, della rinuncia alla sudditanza atlantica.
Un Fronte Popolare Unito che, in Italia, potrebbe anche incontrare la simpatia di quei cattolici “irresponsabili” che si sporcano le mani con l’associazionismo e con il pacifismo nonviolento, di quelle sensibilità (talvolta anche in netto dissenso rispetto alle loro gerarchie) che sono in piazza da tempo accanto ai sindacati di base e alla società civile nel denunciare il genocidio del popolo palestinese. Una compagine inedita e alternativa che sappia parlare ai ragazzi e alle ragazze che erano in piazza e che non vanno più a votare perché non c’è vera alternativa tra guerrafondai di centrodestra e guerrafondai di centrosinistra, tutti coinvolti con gli sporchi affari di Leonardo SpA, che fa cadere la maschera e ammette di vendere armi a Israele.
Un Fronte Popolare Unito che sappia intercettare gli stranieri non del tutto integrati di seconda generazione, che lotti per il riconoscimento della dignità dei migranti e di chi nasce sul suolo italiano, che si batta per i lavoratori e le lavoratrici precari/e, che sappia fare proposte concrete su modelli pubblici di scuola, sanità e trasporti dopo che sia il centrosinistra sia il centrodestra abbiano lavorato per il loro smantellamento.
Insomma, solo persone poco avvedute non riuscirebbero a vedere l’alba di una nuova e inedita stagione politica e partecipativa. La speranza è che si possa aprire uno spiraglio che intercetti le istanze che si agitano dal basso e che in questi giorni hanno eccitato gli animi in cerca di risposte sul piano politico. Non dare seguito a questo fermento giovanile e popolare potrebbe essere un’occasione sprecata nella migliore delle ipotesi, ma pericolosa nella peggiore delle ipotesi, qualora la disillusione della nuova generazione delle piazze s’incanalasse, come accaduto in passato, nei vicoli oscuri della violenza distruttiva e autodistruttiva.
La prossima mossa spetta alla politica, attendiamo con il cuore pieno di speranza!










