Il 23 aprile 2025 è stato presentato il progetto d’insediamento di un impianto di compostaggio di rifiuti e fanghi industriali che occuperebbe una superficie di 420.000 mq ubicata nella Provincia di Brescia, sul suolo agricolo pregiato DOP, nel comune di Offlaga. Progetto che non solo risulta inutile, ma che nasconde la speculazione territoriale da parte dell’industria dei rifiuti. Più di 9 comuni della Bassa Bresciana oggi sono uniti nella lotta contro questo progetto che andrebbe a sovraccaricare ulteriormente, a livello ambientale, il territorio bresciano. Di questo ne abbiamo parlato con Dario Selleri, attivista della Rete 100%Bassa.
Quando è stato presentato il progetto e come vi siete accorti?
Il 23 aprile di quest’anno è stato presentato un progetto di impianto di trattamento/compostaggio di rifiuti e fanghi industriali dalla società GEOBET srl presso la Provincia di Brescia in qualità di Autorità Competente del procedimento in oggetto. Ci siamo accorti perché, come Rete 100%Bassa, teniamo monitorato il Sistema Informativo Lombardo per la Valutazione di Impatto Ambientale (SILVIA) , sito dove vengono pubblicati tutti i progetti sottoposti a Valutazione di Impatto Ambientale (VIA). Il progetto in oggetto è stato depositato in 200 file e coinvolgerebbe un’are di 42 ettari di territorio. Come attivisti ed esperti teniamo monitorato il SILVIA perché ad oggi è l’unico modo per sapere quali nuove “sorprese” ci attendono. La Lombardia importa già rifiuti da altre regioni per bruciarli o trattarli in loco e questo è solo un ulteriore fattore di rischio ambientale ed epidemiologico che va a sovraccaricare un territorio già compromesso come quello bresciano.
Quale è il rischio epidemiologico già presente nella Provincia di Brescia?
Partendo dalla storia è giusto ricordare il disastro ambientale, oltre che per la salute, dei veleni della Caffaro e l’inquinamento delle falde acquifere fino a 60 metri di profondità dell’Ex-cava Vallosa a Passirano, in Franciacorta, causato dai PCB sepolti della Caffaro stessa. Le zone delle province di Bergamo e Brescia, tra le più industrializzate e inquinate d’Italia, sono invase dalle monoculture intensive e dalla zootecnia intensive – nella Provincia di Brescia ci sono circa 1.366.000 suini contro circa 1.244.000 abitanti – ovvero insostenibili da ogni punto di vista e ciò ci espone sempre di più a rischio di spillover con focolai di legionella e aviaria. In Lombardia esistono 14 impianti di incenerimento rifiuti funzionanti che garantiscono l’autosufficienza dei rifiuti trattati, compresi quelli provenienti da fuori regione e bisogna sottolineare che 4 inceneritori sono presenti tra le province di Brescia e Bergamo: inceneritori di Filago, Dalmine, Tavernola e l’ex-ASM di Brescia. In tutto ciò, nel Comune di Montello (BG), si sta parlando di un ulteriore progetto di inceneritore che andrebbe ad aggravare ulteriormente la situazione. Non dimentichiamo che Brescia è una delle città con la peggior qualità dell’aria, mentre Offlaga e Manerbio risultano i paesi della Provincia di Brescia con la peggior qualità dell’aria dell’area a causa della presenza di svarianti inquinanti come PM10, PM2.5, ammoniaca e ozono oltre all’inquinamento odorigeno. La Bassa Bresciana è, inoltre, martoriata dall’ampliamento a dismisura della logistica e dalla questione cave, che diventano fondamentali quando non si sa dove rimpiazzare i rifiuti. La Provincia di Brescia è già la vera Terra dei Fuochi d’Italia. Il progetto di trattamento di rifiuti ad Offlaga è solamente un altro fattore di rischio ambientale che si aggiunge al nostro territorio già sovraccaricato.
La Bassa Bresciana ha vissuto anche il Caso WTE negli ultimi quindici anni…
Nel 2019 scoppia il caso WTE, l’azienda bresciana con sede a Quinzano d’Oglio, è finita al centro di un’inchiesta per uno sversamento di circa 150mila tonnellate di fanghi di depurazione tossici spacciati per fertilizzante smaltiti su circa 3mila ettari di terreni agricoli sul territorio bresciano (31 comuni), così come anche in altre province in Lombardia Piemonte, Veneto ed Emilia Romagna. Le aziende agricole che hanno ricevuto i fanghi contaminati si trovano a Bagnolo Mella, Bedizzole, Botticino, Brescia, Calcinato, Calvisano, Dello, Fiesse, Gambara, Ghedi, Isorella, Leno, Lonato del Garda, Manerbio, Mazzano, Montirone, Nuvolera, Offlaga, Orzinuovi, Ospitaletto, Pavone Mella, Poncarale, Pontevico, Pralboino, Remedello, Rezzato, Roccafranca, San Paolo, Verolanuova e Visano. Fu un disastro ecologico. I fanghi di depurazione dovevano essere trattati, igienizzati e trasformati in fertilizzanti ma, alle acque reflue di impianti civili ed industriali, sarebbero stati aggiunti altri rifiuti pericolosi e sostanze chimiche inquinanti e poi il tutto veniva venduto ad agricoltori – alcuni compiacenti e altri no – che li utilizzavano nei loro terreni. Per chi ha condotto le indagini si trattava di «una consapevole strategia aziendale» per ridurre al minimo i costi e massimizzare il profitto. Nel 2021 vennero chiuse le indagini. Furono 23 gli indagati e 17 i rinviati a giudizio. Le prime segnalazioni dei cittadini risalgono al 2011, le indagini si svolsero tra il 2018 e il 2019, il sequestro dell’azienda avvenne due anni dopo e il processo nel 2024 non era ancora entrato nel vivo della questione. Solo nel febbraio 2025, il giudice Angela Corvi ha condannato Giuseppe Giustacchini, titolare dell’azienda, a un anno e quattro mesi (pena sospesa) e 77mila euro di multa per l’azienda con revoca dell’autorizzazione all’esercizio di impresa.
Quindi, per motivi ambientali, non c’è bisogno che in Lombardia nascano nuovi impianti del genere…
Nelle nostre zone è già presente Ecopol, un impianto di compostaggio di medio-piccole dimensione che tratta FORSU (Frazione Organica del Rifiuto Solido Urbano) ed è un’eccellenza nel bresciano e gestisce il conferimento di alcuni paesi della Bassa. Ciò non nega il fatto che la Bassa Bresciana sia una zona sotto attacco, da questo punto di vista. Anni addietro i comuni di Manerbio, Offlaga, Leno e Bagnolo Mella condussero una battaglia di tre anni contro il progetto di una mega-centrale elettrica a turbo gas. Finalmente dopo ricorsi al Tar, manifestazioni e schieramenti importanti, si è riusciti ad impedirlo. Tutti progetti che sarebbero un surplus rispetto a quello che servirebbe al territorio.
Non solo non c’è bisogno che questo progetto della GEOBET Srl nasca per motivi ambientali, ma non risulta giustificato da nessuna esigenza di pubblica utilità. Se andiamo a leggere il Programma Regionale di Gestione dei Rifiuti, i periodici monitoraggi di Regione Lombardia e il Rapporto Annuale ISPRA 2023, si può notare che tutti evidenziano l’ampia autosufficienza di trattamento dei rifiuti organici regionali. Il monitoraggio del Programma Regionale di Gestione Rifiuti per l’anno 2017-2018 indica che i rifiuti trattati da 78 impianti risultano pari a 945.907 t/anno. Per meglio comprendere, consideriamo che il progetto dell’impianto prevede di accogliere oltre il 43% dei rifiuti attualmente trattati nell’intera regione e di cui fanno parte una percentuale considerevole extraregionale. Inoltre non si capisce perché dovrebbe partire un progetto di queste dimensioni, quando a Bedizzole da anni non riescono ad avviare un impianto di A2A – per fanghi industriali del settore siderurgico – di dimensione molto più piccole.
Oltre ai presupposti, cosa non torna in questo progetto?
Il progetto proposto non risulta essere la miglior soluzione alternativa possibile, e la sua ideazione non risulta condotta secondo le linee guida di riferimento SNPA 28/2020 punto 2.3.1. Ciononostante, abbiamo condotto valutazioni tecniche, condivise con gli enti, e sono emerse carenze progettuali ed elementi di palese incompatibilità ambientale. Nei contenuti obbligatori relativi allo SIA mancano sia un’analisi con misurazioni dello stato della qualità ambientale esistente, riferito alle diverse componenti ambientali impattate, sia una valutazione degli impatti diretti, indiretti e indotti e cumulativi riferiti al progetto. Si tratta di elementi fondamentali per valutare i reali effetti cumulativi delle diverse sorgenti antropiche presenti o incidenti con le proprie emissioni nell’area. Ma un’ulteriore elemento che fa comprendere l’insussistenza del primo requisito di incompatibilità ambientale di un progetto VIA (consistente nella reale necessità dell’opera a fronte di impatti altrimenti non giustificabili), risulta essere la reale capacità impiantistica di trattamento dei rifiuti organici presente in Regione Lombardia, che risulta ampiamente superiore e sovradimensionata rispetto alle quantità trattate anche nelle ipotesi di sviluppo futuro (Rapporto Annuale ISPRA 2023 pag 96). Il progetto dunque non solo viola la normativa in materia di VIA, ma risulta anche in contrasto con gli obiettivi fissati dal PRGR di Regione Lombardia. Infine, dalla visura camerale la società GEOBET risulta essere una SRL costituita a fine 2023 da tre soci, priva di una reale capacità tecnica-organizzativa e nel contempo, per il previsto utilizzo di fanghi industriali nel sistema di recupero e per le finalità inserite nella ragione sociale, non appare attività destinata ad integrarsi con il tessuto agricolo locale, pertanto comportando un rischio potenziale degli inquinanti contenuti nei rifiuti nel suolo e nelle falde e, da lì, alla filiera alimentare.
Questo progetto potrebbe comportare ricadute economiche ed ambientali locali?
Anche la Provincia di Brescia ha già fatto considerazioni sul progetto tramite un comunicato pubblicato il 29 agosto, in cui si riportano le dichiarazioni critiche dei consiglieri provinciali delegati, Paolo Fontana per la Sicurezza stradale, Tommaso Brognoli per l’Agricoltura e Marco Togni per l’Ambiente, i quali assicurano che da parte degli uffici compenti sarà posta la massima attenzione a tutte le valutazioni di competenza della Provincia. Brognoli ha dichiarato: “Dal punto di vista dell’attività agricola l’impianto andrebbe a consumare 42 ettari di suolo agricolo oggi destinato a produzioni di eccellenza riconosciute e tutelate ai vari livelli normativi (ad esempio Grana Padano DOP e produzioni di quarta gamma). Un danno irreparabile per il comparto agroalimentare bresciano, che rappresenta una delle eccellenze del Made in Italy”.
Chi si sta mobilitando oggi in contrarietà al progetto?
Come 100%Bassa abbiamo già organizzato due flashmob. L’ultimo, il 30 agosto, ha visto la mobilitazione di 200 manifestanti a cui hanno partecipato associazioni ambientaliste e civiche, cittadini e agricoltori con 30 trattori. Oltre al settore agricolo, che è molto preoccupato per la realizzazione di questo progetto, in sostengo alla causa si sono schierate anche molte amministrazioni comunali: il comune di Offlaga in primis, nella figura del sindaco Mazza, seguito da 11 altri comuni della Bassa Bresciana tra cui Capriano del Colle, Verolanuova e Verolavecchia. Le amministrazioni locali temono un peggioramento della qualità della vita a causa di inquinamento e aumento del traffico di mezzi pesanti. Come ha dichiarato il consigliere provinciale Paolo Fontana: “Il progetto comporterebbe un incremento significativo in merito al traffico pesante lungo la SS45 bis e lungo la SP668 nonché sulle arterie secondarie circostanti.” I sindaci manifestano il loro dissenso contro l’idea di trasformare la Bassa Bresciana in una “terra dei rifiuti”.
Cosa ti senti di dire apertamente?
Vi è un business tale sotto l’argomento rifiuti che ci deve preoccupare. Dobbiamo far capire che non si può andare avanti con la costruzione di questi impianti minando la vivibilità, già compromessa, del nostro territorio. Sappiamo benissimo che, con questi impianti, prima si parla di rifiuti organici e poi immancabilmente diventano lavatrici per pulire i “panni” industriali con conseguente contaminazione delle falde acquifere con inquinamento da metalli pesanti. E’ ora di dire basta perché la Bassa Bresciana ha bisogno di essere valorizzata e non di essere compromessa. Speriamo vivamente che la Conferenza dei Servizi, che si terrà il 30 settembre 2025, prenda in considerazione le nostre osservazioni.
Per ulteriori informazioni:
https://www.giornaledibrescia.it/cronaca/protesta-impianto-dei-rifiuti-a-offlaga-xqolkhu9
https://www.lavocedelpopolo.it/bassa-bresciana/ecco-le-ragioni-del-no-sull-impianto-organico?










