Giuro che l’avevo previsto, ma non me ne faccio un vanto. A forza di parlare di femminicidi (spesso in modo pertinente, ma a volte anche a vanvera) ti pareva che il regime fascio-meloniano non ne approfittava per proporre una legge che come al solito vede l’ergastolo come soluzione di tutti i mali.

Temo fortemente che la (finta) sinistra parlamentare, PD in testa, (ma forse anche settori della sinistra antagonista e di movimento), saranno d’accordo. Purtroppo il giustizialismo nel nostro paese ha una lunga storia e non ha mai costituito un discrimine tra la destra e la sinistra.

Hai voglia di sottolineare dati statistici acclarati a dimostrazione che l’inasprimento delle pene non è mai servito a niente, ed anzi spesso ha peggiorato la situazione.
Hai voglia di ripetere che forse sarebbe meglio parlare di strumenti per produrre cultura alternativa e promuovere educazione.

Pare che di queste cose non gliene importi niente a nessuno.
A proposito di statistica (che non ha colore politico) mi permetto di ricordare alcuni dati che ho già riportato in precedenti scritti, (scusandomi con i pochi che mi leggono).
1 – non è vero che i femminicidi in Italia siano in aumento
2 – Il nostro paese è in Europa tra quelli col numero più basso di donne uccise in quanto donne. (Regno Unito, Francia e Germania ci superano ampiamente. I numeri di molti paesi dell’Est sono catastrofici. Pare infine che la Spagna sia sui nostri livelli e che solo la Grecia sia sicuramente più virtuosa di noi, a conferma che spesso nei tanto bistrattati paesi mediterranei la situazione è migliore che altrove).

Prima che qualche militante duro e puro, o anche qualche femminista, mi dia del negazionista, preciso subito (anche questo l’ho già spesso ricordato) che l’attenzione sociale e la condanna verso un comportamento criminale non sono date automaticamente dal numero delle volte in cui il delitto si ripete. Il mondo sarà certamente un posto migliore quando un solo omicidio (e dico uno solo) sarà ritenuto da tutti socialmente inaccettabile e ripugnante alla coscienza di ciascuno.

Il guaio sta nel fatto che il sacrosanto crescere dello sdegno e della repulsa verso le violenze contro le donne, che sono ormai parte del comune sentire, vengano poi strumentalizzati e manipolati da chi sta nelle stanze del potere, per farne oggetto di (generico) “allarme sociale”, a cui ovviamente, come da prassi, non si può non rispondere se non con più polizia, militarizzazione del territorio, creazione di nuovi reati e inasprimento delle pene per quelli già previsti. Spero vivamente che innanzitutto l’opinione pubblica, ma poi anche i movimenti di massa e le organizzazioni femministe non cadano in questa trappola.

Vi è infine una questione della massima importanza. Il disegno di legge proposto dal governo, almeno nell’attuale stesura, è (parere personale) chiaramente incostituzionale. Esso prevede, anche giustamente, che il reato di femminicidio si dia quando vi sia discriminazione o odio verso le donne. Di fatto però la maggior parte delle uccisioni di donne avvengono secondo il vecchio schema del “delitto passionale”. Esso è in effetti, da sempre, una prerogativa soprattutto maschile, ma non si può certo escludere che, seppur in un numero limitato di casi, e come già avvenuto in passato, possa anche essere la donna ad uccidere. In questo caso avremmo situazioni di fatto molto simili giudicate diversamente secondo una logica che ricorda molto quella del “tipo d’autore”.

Se questi fossero i tratti finali della legge c’è poco da stare allegri. Ormai Mattarella firma di tutto e la Corte Costituzionale, che ha pure diversi componenti che scrivono libri pieni di buone intenzioni, (e che io mi ostino a leggere), quando si riunisce per decidere diventa spesso improvvisamente molto pavida.

L’Italia fascio-meloniana, ormai sempre meno nostalgica, sembra fare di tutto per somigliare il più possibile all’America fascio -trumpiana. Più repressione e più carcere, ma anche sempre più armi in circolazione per chi se lo può permettere. Speriamo che a qualche imbecille, di fronte al presunto crescere dell’allarme sociale, (in fondo non importa per cosa), non venga in mente di cominciare a parlare di pena di morte.