Il 25 aprile non è solo una data del calendario. È una linea di demarcazione tra ciò che siamo stati e ciò che abbiamo scelto di essere. È un giorno che segna la fine di un’epoca buia e l’inizio della Repubblica fondata sulla libertà, la giustizia, la dignità umana. Ma è anche una promessa, rinnovata ogni anno: quella di non dimenticare. E a ottant’anni dalla Liberazione, Napoli ha scelto ancora una volta di tenere viva questa promessa.
Il 25 aprile 1945, l’Italia insorgeva. Il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia proclamava l’insurrezione generale, e le città del Nord, Milano, Torino, Genova, si liberavano dal nazifascismo. La guerra non era ancora finita del tutto, ma l’incubo ventennale della dittatura si spezzava grazie all’azione congiunta delle forze partigiane e della popolazione civile. Era la vittoria di chi aveva scelto di resistere, spesso senza armi, ma con una straordinaria forza morale.
Napoli, però, aveva già scritto la sua pagina di libertà. Due anni prima, nel settembre 1943, mentre l’esercito tedesco occupava la città in seguito all’armistizio tra Italia e Alleati, fu la popolazione stessa a insorgere. Dal 27 al 30 settembre, per quattro lunghi giorni, senza comandi centrali e con pochi mezzi, i napoletani combatterono contro i nazisti strada per strada. Migliaia di persone, tra cui donne, bambini, operai e militari sbandati, parteciparono a quella che sarebbe passata alla storia come le Quattro Giornate di Napoli. Il 1° ottobre, le truppe tedesche furono costrette alla ritirata. Napoli diventava la prima grande città europea a liberarsi da sola.
Nel 2025, questa eredità è ancora viva. Le celebrazioni del 25 aprile a Napoli si sono aperte con la cerimonia al Mausoleo di Posillipo, dove il sindaco Gaetano Manfredi e il prefetto Michele di Bari hanno deposto una corona d’alloro in memoria dei caduti. A seguire, un momento di raccoglimento in Piazza Carità, davanti al monumento a Salvo D’Acquisto, il carabiniere che nel 1943 si sacrificò per salvare ventidue civili da una fucilazione nazista. Gesti di memoria istituzionale che preparano il terreno a una partecipazione più ampia, profonda, popolare.
Un corteo colorato e determinato è partito da Piazza Garibaldi, attraversando il centro storico fino al Maschio Angioino. Lungo il percorso, letture dedicate alla Resistenza meridionale e alla Costituzione hanno scandito il passo, coinvolgendo cittadini di ogni età. In Largo Berlinguer, il cuore pulsante della giornata, sindacalisti, attori, studenti e volontari hanno letto pubblicamente gli articoli della Costituzione, riaffermando con le parole la validità universale dei suoi principi: lavoro, uguaglianza, pace, diritti.
Anche i luoghi della cultura hanno fatto la loro parte. Musei e siti storici – il Museo Archeologico, Capodimonte, la Certosa di San Martino, il Castel Sant’Elmo – hanno aperto gratuitamente le porte, invitando tutti a percorrere le strade della memoria con lo sguardo rivolto al futuro. Perché ricordare non è solo un gesto simbolico: è un atto di cittadinanza.
Eppure, proprio mentre Napoli canta la sua Resistenza, da altre parti d’Italia si tenta di zittirla. A Romano di Lombardia, in provincia di Bergamo, il sindaco ha vietato l’esecuzione di canti durante il corteo del 25 aprile, includendo “Bella Ciao”, con la motivazione del lutto nazionale per la morte di Papa Francesco e un presunto invito alla “sobrietà”. La risposta dei cittadini è stata chiara: hanno cantato lo stesso. Non per provocazione, ma per necessità. Perché impedire di intonare un canto partigiano nel giorno della Liberazione non è solo un errore politico: è una ferita alla memoria collettiva.
“Bella Ciao” non è un inno di parte. È un canto di libertà. È la voce di chi ha detto no alla dittatura e alla guerra. Proibirla è un gesto che allarma, che interroga. Cosa si vuole davvero mettere a tacere? E perché proprio adesso?
Oggi, più che mai, ricordare il 25 aprile è un atto di resistenza culturale e civile. Non si tratta solo di guardare indietro con nostalgia, ma di difendere il senso stesso della democrazia in un presente fragile e confuso. In tempi di rigurgiti autoritari, in cui si censura la storia o la si relativizza, il 25 aprile resta una bussola morale.
Napoli, con la sua storia ribelle e popolare, ci ricorda che la libertà non è un dono garantito. È una conquista che va custodita, alimentata, difesa. E la memoria non è un peso del passato: è il fondamento del nostro futuro.
Per questo, ora e sempre, Resistenza.
Le fotografie sono di Raffaella De Luise scattate a Napoli il 25 Aprile 2025










