Riceviamo e volentieri pubblichiamo l’intervento di Chiara Nicolosi all’assemblea annuale di Donne in Campo Lombardia, tenutasi il 3 dicembre 2024 presso lo spazio socioculturale La Stecca di Milano e intitolata “Le donne rurali coltivano la pace”.

Donne in Campo ha messo al centro della sua assemblea il tema della pace e per affrontarlo oggi è necessario anche partire dalla guerra e dalle guerre in atto.
La violenza della guerra si abbatte in primo luogo sugli esseri umani, distrugge abitazioni, infrastrutture ed edifici pubblici (scuole, ospedali, università, chiese, moschee, biblioteche e molto altro), il patrimonio culturale e artistico di un luogo e anche l’agricoltura e i suoi paesaggi e con essi la fonte di sussistenza, ma anche le radici culturali di una popolazione.
Pensando a Gaza da molte organizzazioni, dalla stessa Relatrice Speciale Onu per i territori palestinesi Francesca Albanese e recentemente da Amnesty International è stato messo in evidenza anche il dramma legato alla distruzione dell’agricoltura, un vero e proprio “ecocidio” ( rapporto dell’ong al- Mezan Internazionale 22/10/2024 ). Si parla di circa il 45% del territorio in questa piccola striscia di terra sovrappopolata, dove oggi non è possibile neppure portare dei semi.
Anche in Cisgiordania l’agricoltura è al centro del conflitto (impossibilità di raccogliere i prodotti per i numerosi posti di blocco, difficoltà nell’utilizzo dell’acqua, taglio degli ulivi), i nuovi edifici illegali avanzano e si distruggono l’agricoltura e i suoi paesaggi, un patrimonio culturale non solo per coloro che vivono in quei luoghi, ma anche per le nostre tradizioni (“i paesaggi della Terra Santa“).
Il grande valore culturale e storico del paesaggio agricolo per questi luoghi (dalla coltivazione degli agrumi e degli alberi da frutto agli uliveti ) è messo in risalto anche dal libro di Paola Caridi “ Il gelso di Gerusalemme“.
Ma come si può pensare alla pace partendo dall’agricoltura?
Il Centro di ricerche agroambientali dell’università di Pisa, che ha avviato anche un centro interdisciplinare per la pace tra le diverse facoltà, sta lavorando sull’educazione alla pace partendo da un progetto di agricoltura condotta con coscienza ecologica: l’agroecologia.
Si afferma che prosperità e pace sono possibili solo con un cambiamento dell’attuale sistema produttivo, mirato esclusivamente alla crescita immediata ed è necessario puntare a una sicurezza alimentare di lungo periodo.
Come scrive il professor Fabio Caporali, già Ordinario di Ecologia Agraria presso l’Università degli Studi della Tuscia, è necessario “educare alla pace secondo i principi della complementarietà ecologica, messa in pratica in sistemi agrari e di allevamento animale che si adattano alle caratteristiche dell’ambiente, proteggono la fertilità del suolo, favoriscono la biodiversità entro e tra i campi coltivati, privilegiano l’allevamento di razze animali autoctone e realizzano un’economia circolare che valorizza le risorse native del sistema agrario”.
Anche i circoli “Laudato si” e il Meic (movimento ecclesiale di impegno culturale) sono molto attivi su queste problematiche.
A Castiglione d’Otranto a fine agosto si è tenuto un incontro su questi temi, tra cui “Le donne per la terra e la pace“, promosso da un’altra associazione, la Casa delle Agriculture.
Dall’agricoltura può quindi nascere un contributo per la costruzione di una cultura della pace e, nell’immediato, per la denuncia di tutto ciò che rappresenta la sua distruzione e della complessità di una sua ricostruzione assolutamente necessaria per la ripresa della vita nei luoghi devastati dalla guerra.










