Al terzo tentativo ce l’ho fatta. Ho aspettato e sono entrato nel cortile del Piccolo Teatro di Milano occupato da più di due settimane.

Capacità massima: 60 persone. A Milano, con la fame che c’è di incontrarsi, si riempie in un attimo. Sono entrati a fine marzo, nel segno dell’ariete, pronti a resistere, dormire, magari avevano già in tasca il numero di un avvocato… Non c’è stato bisogno di nulla di tutto ciò. Il direttore del teatro ha detto: “Prego, c’è posto…” Così l’iniziativa è cresciuta, continua, si mantiene e la stagione che migliora aiuta. Tutti i giorni dalle 9 di mattina alle 21 e 30 sono lì. Sbircio su un tavolo: un grande cartellone a calendario pieno di post it indica le tante iniziative in programma. Incontri, assemblee, ospiti, solidarietà, dibattiti… Sono già quasi pieni per le prossime due settimane.

Parlo con Zacca, uno dei “presidianti”.

Cosa sta succedendo?

Quello che sta accadendo è strano: tutto è stato più facile del previsto. Anche ieri mattina avevamo pensato a un’azione con una forte carica provocatoria: un concerto in una chiesa qui vicino, un blitz. Il parroco era contento e ci ha invitato ad andare anche in altre chiese.

E’ appunto fin troppo facile e questo non va poi tanto bene. E’ venuto qui anche l’Assessore alla Cultura del Comune di Milano e ci ha detto pure “bravi”, sostenendo la nostra proposta. Forse non disturbiamo, non incidiamo, non “rompiamo”, ci lasciano fare. Noi cerchiamo il limite: in fondo siamo sì belli, simpatici e creativi, ma siamo anche arrabbiati. Noi ci stiamo arrovellando (a proposito, il teatro è in via Rovello….) per stendere una proposta di nuova normativa per i nostri lavori, nel mondo appunto della cultura e dello spettacolo. Vogliamo che sul futuro tavolo, dove ci sono proposte fatte dal peggio al meno peggio, ci sia anche la nostra. La stiamo scrivendo, riscrivendo, facendo girare, allungando, accorciando, riallungando. Siamo dei ruminanti, la digeriamo, la rimastichiamo, la ridigeriamo… Non è possibile che alla fine non conti. Dobbiamo riuscire a farla contare.

E’ una strana occupazione: non si dorme, non si mangia…

Diciamo che andiamo all’essenziale, già così è un grande sbattimento. Ci risparmiamo questo aspetto. Ci dicono magari che siamo troppo sul “sindacale”. Si, in effetti, non siamo qui per fare “spettacoli”, o peggio “spettacolo”. Ci spiace, siamo dei clown che non fanno ridere. Stamattina sono venuti da Piacenza gli operai della logistica del sindacato Si Cobas che hanno subito una fortissima repressione; i loro interventi sono stati forti e chiari, ci siamo sentiti molto vicini.

Stiamo riprendendo l’idea sperimentata in Francia, dove sono stati occupati 120 spazi di questo tipo; vorremmo che si replicasse anche in Italia e speriamo di essere da stimolo. A Napoli c’è un’esperienza simile, si deve diffondere in grandi, medie e piccole città, si può fare ovunque. Ripeto: la sensazione è che basti buttare un seme e subito la pianta cresce, il terreno è fertile, o forse la fame è tanta.

Come vi siete organizzati-e?

Ci sono frequenti assemblee per decidere insieme, cerchiamo di tenere insieme più aspetti. Le iniziative sono tante, ma non sono queste il fine. Il fine è la nostra lotta come lavoratori e lavoratrici, i nostri diritti, la nostra dignità. Pensiamo si possa tornare a lavorare, ma le nuove condizioni non le detterà solo il Covid, le vogliamo dettare anche noi. Non siamo più disposti a lavorare come prima, rincorrendo paghe, rimborsi, contratti e contrattini, spesso nel circo delle cooperative. Stiamo imparando molto: a conoscerci, a organizzarci, a scrivere, ad ascoltare, a correggere, a proporre. Forse qualcosa avremo imparato.

Alla fine esco, così può entrare un’altra persona. Stanno crescendo, forse come una pianta. Se la “costringi” dentro dei limiti, questa cresce comunque, si espande come e dove può. Non si può essere più di 60? Va bene: allora staranno per settimane e settimane, forse mesi. Cresceranno in profondità, tesseranno relazioni, forse si riprodurranno altrove. Una strana occupazione, non c’è il classico via-vai… Se esci non rientri…

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