Noi, uomini e donne, abbiamo iniziato un viaggio alla ricerca della libertà proibita. Tutti noi dovremo sentirci nomadi, senza una determinata fine. Perché la nostra meta non può essere solo costruire un futuro migliore, cercare la verità, la salvezza…

La cosa più importante è cercare di conoscere il mondo e chi lo abita. Osservare tutti i paesaggi che attraversiamo, fare esperienza, affrontare le sfide, godere il viaggio, vivere  quello che gli altri non conoscono, la parte che si incontra di nuovo, quella sconosciuta, vivere la diversità.

Ci saranno momenti faticosi, ma chi è nomade vede il mondo in un continuo cambiamento, non si nasconde dietro le sicurezze, cerca di condividere i suoi pezzi di viaggio con i compagni spendendo anni e chilometri.

Per molte persone oggi l’unico modo per trovare la salvezza è fuggire dalle proprie terre attraversando una frontiera definita da un muro, anche se dentro di sé portano solo il cielo stellato come un confine e la diversità come il loro territorio. Chi è nomade ascolta, guarda, prende nota, disegna il destino che il mare ha racchiuso in sé e che dopo forse porterà il suo racconto o la sua tragedia, come fosse un portavoce o un testimone chiave di questa realtà vissuta. Ma il viaggio continua perché i migranti scappano dalle guerre, affrontano gli sbarramenti del mare, del deserto, quelli degli uomini, hanno rischiato di morire, hanno visto morire… Sono i desideri, le speranze, i ricordi che diventano un timbro dell’umanità, del destino, della propria identità, della dignità.

In quel momento il nomade capirà che la STORIA UMANA è fatta di tante storie, piccoli pezzi raccolti lungo il viaggio, le piccole storie di molte persone come lui che hanno lottato per vincere, sono state sbattute a terra per rialzarsi. Alcuni hanno perso la battaglia scrivendo una legge al di sopra tutte le leggi: il cielo stellato sopra di sé, la legge morale dentro di sé…