In questo secolo la società umana si trova davanti a due grandi sfide: ambiente e sviluppo. Il degrado ininterrotto dell’ambiente ha influito direttamente sulla sopravvivenza e lo sviluppo sostenibile dell’umanità. Le modalità di realizzazione di uno sviluppo in cui vi sia un maggiore equilibrio fra crescita economica e protezione dell’ambiente sono diventate un argomento d’importanze vitale, dove gli Stati Uniti in primis, la Cina, la Russia e le altre nazioni in via di sviluppo, sono tenute ad affrontare.
Lo “spirito di Glasgow”, quando alla Cop26 la questione sembrava – e forse lo era pure – una priorità per il mondo appena uscito da una pandemia, si è esaurito da tempo ed è servito solamente per fare propaganda assurde in nome della “neutralità carbonica” che celava il perverso meccanismo finanziaria dei crediti di carbonio: una nuova colonizzazione del green capitalism in nome del netzero-washing.
Le grandi potenze si sono impegnate a ristabilire nuovi rapporti di forza e nuove strategie per non modificare il loro atteggiamento nei confronti dell’ambiente e della crisi ecologica e climatica. Ma non tutti stanno seguendo la strada dell’inazione.
Al Climate Summit di New York di quest’anno Pechino è uscita allo scoperto con un discorso del Presidente cinese Xi Jinping. Xi ha confermato l’impegno “verde”, rimarcando la differenza con “alcuni altri paesi che agiscono in senso contrario”. Ogni riferimento a Donald Trump e agli Stati Uniti è puramente voluto e la marcia della transizione energetica è lunga, per dirla con una citazione storica, ma da qualche parte bisogna pur cominciare. E, con questo approccio, ci si accorge che di passi, la Cina, ne ha già compiuti parecchi.
A New York, Pechino ha riconosciuto l’importanza della transizione, e, per la prima volta, ha deciso di ridurre le emissioni di gas serra (senza semplicemente limitarsi a promettere di rallentarle): da qui al 2035 caleranno di una quota tra il 7% e il 10%. Il riferimento è rispetto al picco, cioè all’apice atteso per quest’anno o al massimo per il prossimo, ma su cui è impossibile, allo stato delle cose, avere certezze. Particolarmente importanti risultano le politiche di riforestazione cinesi per ristabilire habitat naturali.
Un gruppo di ecologi cinesi ha recentemente quantificato i risultati complessivi in termini di biodiversità degli sforzi di ripristino forestale in Cina, scoprendo che tali sforzi hanno portato all’espansione dell’habitat del 73,6% delle specie di uccelli presenti nelle foreste, come riportato venerdì dal China Science Daily.
In qualità di leader mondiale nel ripristino forestale, la Cina è riuscita a invertire la tendenza al degrado forestale negli ultimi due decenni attraverso importanti progetti ecologici come un progetto di protezione delle foreste naturali e il programma Grain for Green, ottenendo un aumento netto di circa 21.800 chilometri quadrati di superficie forestale. Tuttavia, l’impatto positivo del ripristino forestale sulla biodiversità è rimasto un obiettivo della comunità di ricerca.
Wang Bin della China West Normal University ha collaborato con ricercatori di altre istituzioni a uno studio per valutare gli impatti positivi del ripristino forestale sulla biodiversità a livello nazionale dal 2000 al 2020.
Utilizzando 402 specie di uccelli forestali stanziali come specie indicatrici e integrando i dati di telerilevamento con le registrazioni delle osservazioni dei residenti, hanno utilizzato un metodo di modellazione della nicchia ecologica per controllare gli effetti congiunti del cambiamento climatico. Secondo lo studio, pubblicato su Nature Communications, questo approccio ha rivelato con precisione gli effetti benefici del ripristino forestale sugli habitat degli uccelli.
Lo studio ha rilevato che il ripristino forestale si riflette non solo nell’espansione dell’area, ma soprattutto nel miglioramento complessivo di indicatori di qualità come la copertura arborea, l’altezza, la connettività e la complessità strutturale. Questi miglioramenti strutturali forniscono agli uccelli habitat più adatti.
Quasi tre quarti delle specie di uccelli hanno sperimentato una significativa espansione dell’habitat durante il periodo studiato, con notevoli benefici per le specie con nicchie ecologiche più ampie. Inoltre, il ripristino forestale ha, in una certa misura, mitigato la perdita di habitat causata dai cambiamenti climatici.
Lo studio ha anche rilevato che sia le foreste naturali che quelle piantate hanno dimostrato un’efficacia comparabile nel ripristino della biodiversità, con la copertura arborea e la complessità strutturale della chioma identificate come fattori chiave.
Questo è il frutto di un programma ambientale sviluppato dalle istituzioni socialiste cinesi.
Fonti:
https://www.globaltimes.cn/page/202512/1349871.shtml
Ulteriori approfondimenti:
https://www.wired.it/article/cina-ndc-clima-emissioni-carbonio-2035/
https://www.nature.com/articles/s41467-024-48546-0










