Il reporter di un quotidiano locale a Novara è stato aggressivamente invitato a non fare il suo lavoro: non scattare fotografie, non fare riprese filmate, non scrivere… non testimoniare e documentare la manifestazione nazi-fascista.

È accaduto sabato 1° novembre nella piazza cittadina letteralmente dominata da un centinaio di militanti piemontesi sostenitori del comitato Remigrazione e Riconquista formato da CasaPound Italia e

  • Rete dei Patrioti, che si autodefinisce “un insieme di movimenti, associazioni, comitati, circoli, comunità umane e politiche che si collegano e si saldano tra di loro per coordinarsi, aiutarsi, agire e perseguire una strategia comune nell’interesse superiore del nostro popolo”,
  • il “comitato apartitico senza scopo di lucro” Brescia ai Bresciani,
  • Veneto Fronte Skinheads, dal 1990 un’associazione culturale,

che il 15 novembre prossimo a Brescia presenterà la proposta di legge per il controllo dei flussi migratori e delle ONG che assistono i migranti, l’espulsione di immigrati irregolari e incriminati, l’abolizione del ‘Decreto Flussi’ e l’introduzione del ‘patto di remigrazione volontaria’, corredato di un fondo con cui incentivare la natalità italiana e il ritorno in madre-patria degli italo-discendenti e degli extra-comunitari al Paese d’origine e l’assegnazione di case e posti all’asilo nido con criteri di priorità che favoriscono gli italiani DOC.

Come documentano un video e la sua testimonianza, il reporter Luca Galluppini è stato “avvicinato e intimidito verbalmente da uno dei partecipanti, con indosso una collanina raffigurante la svastica, che lo ha seguito per impedirgli di scattare foto e riprendere la manifestazione”.

Il direttore responsabile de LA VOCE DI NOVARA E LAGHI ha commentato la vicenda in un editoriale intitolato Chi ha paura di essere raccontato? Novara e quel confine sottile tra opinione e propaganda.

La referente del quotidiano pubblicato online da Editrice Broletto s.r.l. (una testata registrata presso il Tribunale di Novara, n. 638/17), Cecilia Colli esordisce affermando “C’è una frase che ogni giornalista conosce bene: la piazza è di tutti. È lo spazio pubblico per eccellenza, quello in cui si esercita il diritto di manifestare, ma anche il dovere di raccontare. Ieri mattina, invece,…” e conclude:

… la piazza di ieri non è solo un episodio locale: è uno specchio che ci dice che certe parole e certi simboli hanno trovato spazio, e che troppo spesso chi governa – per calcolo o convenienza – sceglie di non vedere.

Chi ha gridato «Non puoi riprendere» forse non se ne rende conto, ma ha detto una cosa molto più ampia: non puoi guardare, non puoi sapere. È la negazione del principio su cui si regge una società libera.

Il giornalismo serve proprio a questo: a garantire che anche ciò che dà fastidio venga visto, registrato e raccontato. E la libertà di informazione non si difende solo quando ci riguarda direttamente: si difende sempre, anche quando ci mette a disagio.

Nel proprio discorso di apertura del convegno Il Diritto di Cronaca nel conflitto tra etica, riservatezza e libertà di pensiero sul diritto di cronaca che si è svolto lunedì 3 novembre a Novara, il presidente dell’Ordine dei Giornalisti del Piemonte, Stefano Tallia, ha dichiarato: «L’aggressione della quale è stato vittima un collega rappresenta l’ennesimo grave tentativo di intimidazione nei confronti dei giornalisti».

Nel comunicato che lo riferisce l’Ordine dei Giornalisti del Piemonte riporta i dati che Ossigeno per l’informazione aveva raccolto e divulgato il 29 ottobre scorso.

Rispetto al 2024 è stato rilevato un forte aumento delle minacce a giornalisti: nel primo semestre del 2025 sono stati registrati 361 casi di intimidazione (+78%) e 107 episodi di deliberate violazioni della libertà di informazione (+46%). Oltre alle aggressioni fisiche, crescono le azioni legali pretestuose (SLAPP / Strategic Lawsuit Against Public Participation – strategica causa legale contro la partecipazione pubblica), la seconda forma di intimidazione più diffusa dopo gli avvertimenti diretti.

In particolare preoccupano le minacce provenienti da esponenti pubblici, il 39% del totale e aumentate di dieci punti percentuali: oltre la metà da istituzioni locali (comuni e regioni), che in un terzo dei casi ricorrono a querele pretestuose, e, con un incremento del 17%, a insulti, denigrazioni e ‘moniti’ sui social-media. Le intimidazioni di origine sociale rappresentano il 33% dei casi, seguite da quelle di provenienza ignota (12%), imprenditoriale (8%), criminale (4%) e mediatica (3%).

Molto allarmante è che gran parte dei giornalisti vittime di intimidazioni scelgano di non denunciare le aggressioni: nel 2025 l’81% dei casi, contro il 50% dello scorso anno.

«Oltre alla solidarietà ai colleghi minacciati – ha concluso Stefano Tallia intervenendo al convegno – occorre un impegno concreto delle istituzioni per garantire che chi esercita il diritto di cronaca possa farlo in sicurezza, senza pressioni né intimidazioni. Difendere la libertà di stampa significa difendere la democrazia stessa».

Il comunicato dell’Ordine dei Giornalisti piemontese inoltre riferisce che Tallia ha rivolto un appello alle istituzioni affinché vigilino sulla legittimità costituzionale dei promotori delle manifestazioni pubbliche, con particolare riferimento alle norme che vietano la ricostituzione del partito fascista.