Dieci giorni fa, il 22 settembre, primo sciopero generale, pioveva a dirotto. Oggi, sole. In piazza ci siamo tutti e tutte, bambini compresi. Una marea umana, quelle che sai forse dove è la testa, ma la coda si perde. Tanto che, se alla partenza qualcuno sta per due ore senza partire, quando è l’una e i primi se ne vanno a casa dopo essere arrivati alla piazza destinata, scopre tre ore dopo che il corteo è continuato.
Una parte? Si, ma grossa come un grande corteo. Pazzesco: questo l’aggettivo più usato. In direzione ostinata e contraria, diceva “il nostro” Fabrizio De André, ma qui si va contromano in tangenziale. Come se avesse il navigatore acceso qualcuno esce a Cascina Gobba, qualcuno prosegue verso Bologna. Serpentoni che si fotografano dall’alto, dal basso. In tanti dicono: “Io una cosa così non l’avevo mai vista!”
A Milano, da tre giorni si è in piazza: le suole sono da rifare, la voce se n’è andata. Ieri sera grandi emozioni davanti agli ospedali per il flash mob organizzato da Sanitari per Gaza per onorare i colleghi uccisi a Gaza; per non farsi mancare nulla, anche oggi, come sempre, alle 18.30 saremo davanti al Duomo.
Martelliamo come fabbri. Nel frattempo, il governo sta diventando un involucro vuoto, una crisalide di un vecchio bruco, da abbandonare. La farfalla si è alzata in volo, indietro non torna.










