Napoli, lo scioglimento del sangue di San Gennaro è per la città partenopea un rito antico, carico di fede e identità. Ma quest’anno, dal cuore del Duomo, la voce dell’arcivescovo Don Mimmo Battaglia ha trasformato quel rito in un potente appello al mondo: un’omelia che non si è fermata alla tradizione, ma ha intrecciato la memoria del martire con il grido delle vittime di oggi, dalla Palestina all’Ucraina, fino a ogni terra ferita.
«Il sangue di Gennaro si mescola idealmente al sangue versato in Palestina, come in Ucraina e in ogni terra ferita», ha detto il cardinale. Non un semplice parallelismo, ma un invito a leggere il miracolo come specchio: il sangue non è talismano, è appello. È richiamo a non tradire il Vangelo con un culto senza conversione, a non tradire i poveri con elemosine senza scelte, a non tradire i bambini con scuole senza maestri e città senza cortili.
L’omelia ha assunto il tono raro e radicale che appartiene ai momenti profetici. Con parole nette e senza diplomatici giri di frase, Battaglia ha rivolto un appello diretto a Israele: «Ascolta, Israele. Non ti parlo da avversario, ma da fratello nell’umano. Cessa di versare sangue palestinese. Cessino gli assedi che tolgono pane e acqua, cessino i colpi che sbriciolano case e infanzie, cessino le rappresaglie che scambiano la sicurezza con lo schiacciamento, cessi l’invasione che soffoca ogni speranza di pace».
Tra le immagini più forti, ha immaginato di raccogliere «in un’ampolla il sangue di ogni vittima, bambini, donne, uomini di ogni popolo, ed esporlo accanto al sangue di San Gennaro, perché nessun rito ci assolva dalla responsabilità». E con pudore e fuoco ha aggiunto: «È il sangue di ogni bambino di Gaza che metterei esposto in questa cattedrale». Una frase che lega in modo diretto la sofferenza concreta delle popolazioni civili alla ritualità religiosa, rendendola impossibile da eludere. La fede, suggerisce Battaglia, non può anestetizzare il dolore del mondo: deve farsene carico, altrimenti si svuota.
Il cardinale ha poi smascherato la guerra con parole che risuonano con forza nel solco della nonviolenza attiva: «Il male non è un’idea, è una filiera. Ha uffici, contabili, bonus, piani industriali. La guerra non “scoppia”: si produce, si finanzia, si premia. Ogni bilancio militare che si gonfia come una vela è vento cattivo contro la carne dei poveri». Parole che si legano profondamente alla missione di chi denuncia la logica della militarizzazione e il sistema economico che la alimenta. Qui la religione si fa denuncia etica e sociale, indicando responsabilità precise, e non generici mali.
«Il sangue di Gennaro non è un trofeo, ma un appello», ha ricordato ancora Battaglia. Da Napoli, città che conosce bene il sangue delle proprie vittime innocenti e le ferite della povertà, l’arcivescovo ha rilanciato un modello di politica come “arte liturgica”: non amministrare l’emergenza, ma farsi artigiani di futuro, capaci di dare lavoro, scuola, cura e cultura.
In questo senso le sue parole risuonano oltre le mura del Duomo e parlano direttamente alle istanze di chi lotta per la nonviolenza e la giustizia globale. Denunciare la guerra come filiera significa riconoscere che la pace non è un’utopia, ma un progetto concreto che passa attraverso scelte economiche, politiche e sociali: convertire gli arsenali in ospedali, gli utili di guerra in borse di studio, i bunker in biblioteche. È il cuore stesso dell’appello nonviolento che in tante città e movimenti si cerca di costruire: un linguaggio chiaro, comprensibile a tutti, che chiami le cose col loro nome, droni come fucilazioni telecomandate, “danni collaterali” come bambini senza volto, spese militari come suicidio collettivo.
La conclusione dell’omelia ha riportato tutto al cuore: non basta che si sciolga il sangue nell’ampolla, serve che si sciolga il cuore. «San Gennaro, fratello e martire: sciogli non solo il tuo sangue, che è segno, ma il nostro cuore, dove si decide tutto. Disarma le nostre paure travestite da prudenza. Spazza via la patina di cinismo che si attacca alla fede». Un invito che vale per i credenti e per chiunque cerchi pace e giustizia: trasformare il miracolo in un cantiere di pace quotidiano, fatto di gesti concreti, di solidarietà operosa, di resistenza alla logica della violenza.

Il cardinale Mimmo Battaglia con l’ampolla del sangue di San Gennaro: dal Duomo di Napoli un’omelia che diventa appello universale alla pace.
Foto di Raffaella De Luise










