Gli SPLAI (Spazi liberi dall’apartheid israeliano) promossi da BDS: uno strumento contro l’occupazione illegale e il genocidio, con effetti diretti sulle città turistiche

Abbiamo già parlato su queste pagine del BDS, del movimento globale che promuove campagne di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni contro l’apartheid e il colonialismo d’insediamento israeliano e che sostiene il semplice principio che i palestinesi hanno gli stessi diritti del resto dell’umanità.

Una delle campagne di boicottaggio più incisive del BDS, partita nel 2019, è la campagna che promuove il protagonismo delle piccole economie locali presenti nelle città e nei territori: librerie, associazioni culturali, artigiani, artisti, aziende agricole, circoli ARCI, affittacamere, gruppi di acquisto, bar, ristoranti possono aderire al movimento sottoscrivendo un manifesto di adesione, con cui prendere posizione contro l’occupazione militare e l’apartheid israeliani, impegnandosi a non partecipare in alcun modo alle gravi violazioni israeliane dei diritti umani e delle libertà fondamentali del popolo palestinese. Ad oggi, in Italia, vi sono oltre 500 SPLAI ufficialmente registrati sul sito del movimento.

La campagna agisce su due livelli. Il primo riguarda l’organizzazione dei rapporti con i propri fornitori, in quanto aderendo all’iniziativa lo spazio accetta di non acquistare prodotti e servizi di imprese – israeliane e internazionali – implicati nelle violazioni dei diritti dei palestinesi, come ad esempio la Coca-Cola oppure i servizi di AXA Assicurazioni. Il secondo livello è quello diretto all’accoglienza e al consumo: lo spazio si impegna a rompere ogni complicità con la politica sionista anche nel momento in cui si rapporta con i propri avventori, soci, partner.

Ad esempio, uno spazio culturale che si dichiara SPLAI non ospiterà né parteciperà a eventi culturali, accademici e sportivi finanziati o sponsorizzati da Israele o che ne coinvolgano i suoi rappresentanti ufficiali, nel rispetto delle linee guida sul boicottaggio culturale.

Un terzo livello, non esplicitamente dichiarato nei contenuti della campagna, è quello della rete che si può venire a creare quando più realtà di una stessa area cittadina sottoscrivono tale impegno. Questa può essere, infatti, una conseguenza piuttosto che un presupposto della campagna, ma in alcune situazioni può rappresentare davvero uno strumento formidabile di boicottaggio e agire da moltiplicatore nella condanna delle complicità: intere porzioni di territorio possono, infatti, diventare spazi di libertà.

Si pensi, in particolare, all’effetto che questa forma di “zonizzazione” degli SPLAI può avere nelle città e nelle aree turistiche.

Nel mese di maggio scorso, Bari e Napoli sono state teatro di due eclatanti vicende: l’aggressione alle “Donne in nero”, che hanno subito intimidazioni in pubblica piazza solo perché manifestavano pacificamente e silenziosamente, recando striscioni con scritte come “Stop genocidio”, “No al riarmo” e, dopo pochi giorni, la provocazione ai danni dei titolari de La Taverna a Santa Chiara, accusati e denunciati per antisemitismo a causa della loro adesione alla campagna SPLAI.

Piccola digressione: a tal proposito, torna molto utile un chiarimento pubblicato sulla pagina di BDS Italia, dove leggiamo: “Il 19 luglio 2024 la Corte Internazionale di Giustizia ha confermato la discriminazione sistemica e sistematica che differenzia i palestinesi dagli ebrei israeliani. Ha dichiarato Israele colpevole di apartheid e la sua occupazione militare illegale, ordinando a Israele di porre fine all’occupazione militare della Striscia di Gaza e della Cisgiordania, inclusa Gerusalemme Est. Quindi dichiararsi spazio libero dall’apartheid non ha nulla a che vedere con l’antisemitismo. Ne è la prova anche il fatto che molti ebrei in tutto il mondo hanno fatto propria la denuncia dei crimini dell’apartheid e del colonialismo israeliano e sono solidali con i pieni diritti dei palestinesi.

Tornando al nostro argomento, va evidenziato che Bari e Napoli, quali mete turistiche, sono scalo aereo per molte persone provenienti da tante città del mondo e quindi anche da Tel Aviv: direttamente, come nel caso di Napoli, o con scalo, nel caso di Bari. In particolare, a Capodichino atterrano tre voli al giorno provenienti dalla città israeliana. Fermo restando il principio – che è doveroso ribadire – che non tutti gli israeliani sono complici del genocidio o coinvolti nelle occupazioni illegali, è evidente però che nemmeno si può negare che vi sia un grande flusso di viaggiatori in transito su questa tratta e che, pertanto, massima deve essere l’allerta rispetto al rischio di trovarsi a passeggiare nelle strade delle nostre città accanto a criminali e assassini che si aggirano tra noi tranquillamente. Può sembrare un’affermazione forte, ma questa è, purtroppo, la triste verità: sono ormai alla ribalta della cronaca le notizie circa flussi di transito di militari, politici e funzionari del governo israeliano, implicati direttamente nei crimini di guerra che si stanno commettendo nella Striscia di Gaza, e che vengono a riposarsi in Sardegna, nelle Marche e, appunto, in Puglia e Campania.

Di questo e tanto altro, in materia di boicottaggio ma anche di sanzioni che devono essere operate dai governi del mondo in attuazione delle sentenze della Corte Internazionale di Giustizia, si è discusso il 20 settembre scorso con Omar Barghouti, co-fondatore del BDS, nel corso di un’iniziativa che si è tenuta a Zero 81, organizzata da un gruppo di attivisti e attiviste napoletane su impulso di BDS Italia, alla quale hanno partecipato oltre 120 persone.

Si è evidenziato che la vigilanza sulla nostra sicurezza, come l’accertamento delle violazioni del diritto internazionale, spettano ovviamente alle istituzioni preposte; né bisogna favorire la nascita di situazioni in cui si possa verificare il fenomeno della “caccia all’uomo”.

La creazione di una rete di SPLAI nelle città turistiche può essere, però, un modo nonviolento e del tutto legittimo per agire dal basso, come forma di cittadinanza attiva, contro le violazioni dei diritti umani. Le economie di prossimità, quando sono sane, fanno parte integrante delle comunità locali e agiscono in modo non predatorio nei confronti della città e dello spazio pubblico. Possono rappresentare un anticorpo di legalità, un presidio che si integra con i diritti degli abitanti, anche contro i fenomeni di espulsione dovuti alla turistificazione.

Se tale comportamento viene mutato nel boicottaggio, le piccole attività, diventando SPLAI, connettono il piano territoriale con quello globale nella lotta per l’affermazione dei diritti del popolo palestinese e per la sua autodeterminazione.