Sono ripartiti gli incontri di formazione politica organizzati da Sa Domo de Totus. Lo scorso giovedì la storica sede dell’associazione sassarese si è trasformata in un laboratorio di riflessione internazionalista. L’occasione è stata l’incontro intitolato “La rivoluzione chavista in Venezuela: dalla resistenza antimperialista al mondo multipolare”, con la partecipazione della giornalista e scrittrice Geraldina Colotti, tra le massime conoscitrici dell’America Latina contemporanea e direttrice dell’ edizione italiana di Le Monde Diplomatique.
Colotti ha alle spalle una lunga carriera di reportage e pubblicazioni che raccontano la trasformazione politica e sociale del Venezuela bolivariano e più in generale dell’America Latina. Autrice di testi come “Talpe a Caracas” e “Dopo Chávez”, ha presentato al pubblico sassarese il suo ultimo libro, “Lo spazio dei dinosauri” (Dei Merangoli), che intreccia memoria, geopolitica e analisi dei processi rivoluzionari latinoamericani.
Venezuela, BRICS e la sfida al mondo unipolare
Il cuore dell’incontro ha ruotato attorno al ruolo del Venezuela nel contesto internazionale in un momento in cui si fa sempre più concreta l’ipotesi di un attacco armato statunitense: “il Venezuela è molto più vicino alla Sardegna di quanto si pensi – ha esordito Colotti – la vostra isola è infatti una terra occupata militarmente e colonizzata e questa condizione presenta molte similitudini con l’America Latina che lotta per la sua emancipazione dal sistema coloniale”.
Colotti ha poi spiegato come il chavismo, nato come risposta alla povertà e all’esclusione sociale e come pratica partecipativa popolare, sia divenuto anche un attore centrale nella costruzione di un ordine mondiale multipolare, in contrapposizione all’egemonia statunitense.
Le guerre globali e la Palestina
L’incontro ha infatti allargato lo sguardo oltre i confini latinoamericani. Si è discusso delle conseguenze planetarie del conflitto per procura in Ucraina, dei nuovi equilibri che ne derivano e delle lotte dei popoli oppressi. Particolare attenzione è stata rivolta al tema del genocidio palestinese definito dall’autrice “una ferita aperta che svela l’ipocrisia dell’occidente e che interroga le coscienze di tutti i popoli del mondo che si stanno ribellando all’imperialismo”.
La memoria come arma di liberazione
Ma per capire il presente – ha concluso l’autrice – è fondamentale ritornare al passato, perché “è vero ciò che si dice, che senza memoria non c’è futoro”. Al centro del romanzo c’è, infatti il massacro di Cantaura. Un massacro di guerriglieri, avvenuto in Venezuela nel 1982, durante le democrazie camuffate della Cuarta repubblica. In quell’anno – ha incalzato l’autrice – in Italia si è praticata la tortura di stato contro i rivoluzionari. “Anche noi – ha aggiunto – abbiamo vissuto in una democrazia camuffata, quella di Gladio, della Cia e delle stragi fasciste impunite. Solo che, a differenza del Venezuela, dove gli ex guerriglieri governano e la loro storia è una leva per costruire il futuro, noi siamo diventati un paese anomico in cui i becchini della memoria, a colpi di dietrologia, legalitarismo, ricatti e rivisitazioni, hanno spalancato la strada al ritorno mefitico della nuova Internazionale nera.










