Proponiamo di seguito una riflessione per Pressenza Italia dello scrittore e saggista trapanese Luca Sciacchitano sulla situazione attuale tra Israele e Palestina. Sciacchitano, Classe 1975, laureato in scienze e tecnologie delle arti e linguistica moderna, vive e lavora a Trapani dove è titolare di un’azienda pubblicitaria e di una scuola di inglese. Attivista sociale, ha scritto per diverse testate locali e nazionali, ha pubblicato diversi romanzi e saggi e “Il Pelecidio, perché è moralmente giusto criticare Israele”  è il suo ultimo libro edito da Multimage-casa editrice dei diritti umani. Le prime 50 pagine sono scaricabili gratuitamente a questo link

 

È risaputo che la mente umana tende alla semplificazione cognitiva tramite ragionamenti euristici binari.

Si tratta di teorizzazioni postulate da Kahneman e Tversky negli anni ’70, secondo le quali concetti complessi ed estremamente sfumati vengono compressi dentro un Tao bicromatico (nero o bianco) incapace di trattenere al suo interno tutte le varie sfumature situazionali.

La semplificazione cognitiva, a mio avviso, è la marca di riferimento del pensiero contemporaneo dove lo slogan sostituisce la complessità, la rapidità delle informazioni occupa il posto che prima spettava all’approfondimento. Il concetto di “timeline” domina le nostre tempistiche che necessitano di frenetici rabbocchi di contenuti, scoop, esclusive, foto, slogan, urli.

Tutto ruota vorticosamente; la forza centrifuga scaglia via il vecchio e risucchia il nuovo per pochi “frame”. Poi di nuovo nel pattume. E il frullatore continua a girare.

Dentro questo meccanismo socio-biologico si innestano tutte quelle strategie politiche che necessitano di consegnare a un rapido oblio i propri errori. Emerse all’opinione pubblica per dovere di cronaca, queste macchie hanno la caratteristica di sfilarsi dai palinsesti con la stessa rapidità con cui vi sono entrate. Magari manipolate in narrazioni superficialmente più “soft”.

E dunque, oggi, nella timeline che chiameremo “della redenzione”, quasi tutti i politici occidentali iniziano a condannare il primo ministro israeliano Netanyahu addossando a lui le colpe del genocidio in corso; sarà capitato a tutti di vedere il suo volto in bianco e nero con sotto uno slogan accusatorio (magari con un bel font sporco) dentro uno qualsiasi dei prodotti mediali che consumiamo giornalmente.

Il male da un lato, il bene dall’altro. Euristica cognitiva.

Eppure la questione è molto più complessa e gioca come un’equilibrista su un filo sospeso sopra il vuoto dell’antisemitismo, tra i cui esempi, (secondo l’International Holocaust Remembrance Alliance) c’è il “considerare gli ebrei collettivamente responsabili per le azioni dello Stato di Israele[1]”.
A parte l’excusatio non petita di un’associazione che sembrerebbe mettere le mani avanti, consapevole dei crimini di guerra e dei crimini contro l’umanità (e a breve, probabilmente, del genocidio) che lo Stato di Israele sta e ha commesso negli ultimi 70 anni, colpisce l’illogicità della loro affermazione.

Secondo l’IHRA, “considerare gli ebrei collettivamente responsabili per le azioni dello Stato di Israele” sarebbe antisemitismo. Ma cosa succede se una larghissima parte di quella collettività approva apertamente quelle azioni?

È qui che il principio mostra tutta la sua fragilità: ignora il peso del consenso e congela la realtà dentro un dogma astratto. In una democrazia, lo Stato è espressione diretta della volontà popolare e se la stragrande maggioranza sostiene certi crimini, parlare di responsabilità collettiva non è più un pregiudizio, ma una constatazione.

Per addentrarci nei numeri, nel mio libro “Il Pelecidio, perché è moralmente giusto criticare Israele” viene certificato il 48,38% degli israeliani che hanno votato, alle elezioni 2022, per partiti nei cui programmi era sostenuta la politica di espansione delle colonie e/o l’annessione delle stesse in una “Grande Israele”, non escludendo la possibilità dell’eliminazione (fisica o diatopica) dei palestinesi lì residenti[2].

Eppure, secondo una recente inchiesta del giornale israeliano Haaretz, in collaborazione con la Pennsylvania State University, l’appoggio al genocidio di Gaza da parte della popolazione israeliana avrebbe contorni ancora più nefasti[3].

Ben l’82% degli israeliani si dichiara favorevole alla pulizia etnica nella Striscia di Gaza e un preoccupante 47% degli intervistati è favorevole all’uccisione dei rimanenti civili all’interno di Gaza (quindi, favorevoli al genocidio dei gazawi).

Di fronte a questi numeri, la definizione dell’International Holocaust Remembrance Alliance diventa una gabbia dentro cui il pensiero dicotomico si dissolve. Questo perché dovremmo un giorno essere chiamati a scegliere tra antisemitismo o giustizia; ritenere responsabili l’82% di criminali oppure puntare il dito contro il 47% dei genocidari potrebbe far calare su di noi la mannaia dell’accusa antisemita.

Si tratta di una questione centrale, da mettere sotto l’occhio di bue dell’attenzione internazionale perché altrimenti (pensiero dicotomico) diventa fin troppo facile accusa Benjamin Netanyahu di crimini di guerra e scaricare le responsabilità di un’intera narrazione genocidale solo sulle sue spalle.

Il premier israeliano è con tutta evidenza al capolinea della sua parabola umana e politica. Sotto processo in patria e alla sbarra nei tribunali internazionali, con un futuro ormai segnato, sarebbe il perfetto capro espiatorio per mondare i peccati dei tanti. In fondo, com’è che si dice? Sui cadaveri dei “leoni” festeggiano i cani.

Eppure, se non affrontiamo di petto i tragici numeri evidenziati dall’Università della Pennsylvania, la certezza è che presto verrà eletto un nuovo Netanyahu, con nuove pulizie etniche e nuovi genocidi.

È per questo il motivo che diventa imperativo morale puntare il dito sia su Israele sia su tutti coloro che al suo interno si rendono complici del genocidio in corso. Perché i diritti umani volano spanne sopra le propagandistiche accuse di antisemitismo.

E se per difendere la vita di un bambino innocente si verrà bollati da coloro che quel bambino vogliono uccidere, beh, fatevi sotto.

Noi siamo la civiltà contro le vostre barbarie. E se la nostra civiltà dovrà attaccarsi al petto la coccarda di un antisemitismo pretestuoso, lo si farà a testa alta.

 

[1] https://holocaustremembrance.com/resources/la-definizione-di-antisemitismo-dellalleanza-internazionale-per-la-memoria-dellolocausto

[2] https://multimage.org/libri/il-pelecidio/

[3] https://www.haaretz.com/israel-news/2025-05-28/ty-article-magazine/.premium/yes-to-transfer-82-of-jewish-israelis-back-expelling-gazans/00000197-12a4-df22-a9d7-9ef6af930000