Giovedì 15 maggio 2025, Giornata internazionale dell’obiezione di coscienza al servizio militare. Questa “celebrazione” antimilitarista, nata nel 1982 da una riunione di obiettori alla guerra dell’Europa occidentale e in seguito adottata dall’Ufficio Europeo degli Obiettori di Coscienza e dalla War Resisters’ International, è la (ri)affermazione solenne del diritto a non uccidere i propri simili nei conflitti tra gli Stati.

Il significato della ricorrenza è fragorosamente contraddetto dalla follia che diventa realtà a Gaza. La guerra di reazione all’infame pogrom da parte di Hamas del 7 ottobre 2023 in terra di Israele, condotta per 19 mesi e protratta sino al blocco totale degli aiuti e al piano di una occupazione permanente di tutta la Striscia, ha definitivamente perso ogni proporzionalità[1], trasformandosi “in una del tutto sproporzionata opera di distruzione e di uccisione di decine di migliaia di non combattenti, in maggioranza bambini, donne e uomini anziani”[2]. Le notizie e le immagini che arrivano da Gaza “significano “la cancellazione pervicace e totale di qualunque regola base della convivenza civile, di ogni valore condiviso che aveva segnato un cammino dell’umanità”[3]. Non c’è altro modo per dirlo. Il silenzio di noi europei, liberali, democratici, illuministi, cristiani è il silenzio dei colpevoli.

Denunciando le campagne diffuse di “giustificare l’ingiustificabile”, Tanya Haj Hassan, dottoressa statunitense specializzata in terapia intensiva pediatrica, in un discorso pronunciato all’Assemblea delle Nazioni Unite di ritorno da una missione come volontaria all’ospedale al-Aqsa di Deir al Balah, ci ha ammonito: “Dovremo fare i conti con questa storia”[4]. Dopo oltre 600 giorni di violenza a Gaza muore la speranza: “Abbiamo perso ogni speranza. Ora, la gente in strada non si saluta più, si chiede tu come vuoi morire?” [5].

Con lo sguardo della scrittrice, Valeria Parrella ha saputo guardare nell’orrore: “Quando dico noi intendo un noi in cui ci si dimentica chi siamo perché non è così importante”. Se voltiamo lo sguardo dall’altra parte, se cerchiamo di non pensarci, “noi tutti saremo distrutti, che già lo siamo mentre guardiamo e aspettiamo. […] Se l’orizzonte è scomparso, allora è Gaza”[6]. A Gaza non c’è più tempo perché “la guerra cambia i lineamenti delle persone. Forse perché ne modifica lo sguardo, lo rende perso, forse un po’ più spento, rendendo gli occhi più piccoli e cerchiati. Le persone che hanno visto la guerra le riconosci dallo sguardo”[7].

Se è vero come è vero che “il male estremo non è né mostruoso né demoniaco, ma banale. È il male compiuto da uomini che si rifiutano di pensare, che rinunciano ad essere persone” (Hannah Arendt), allora non possiamo essere banali nel giudizio. La strategia della forza contrapposta alla forza cancella le persone e senza persone non c’è futuro. Senza umanità il diritto si svuota. Se ci deve essere una speranza di liberarci dalla guerra senza piantare i semi della violenza nelle prossime generazioni, la strategia deve cambiare[8]. Come?

Le considerazioni fin qui svolte vogliono essere un invito laico alla pace che si riassume in tre punti: 1. rinunciare dall’una e dall’altra parte alla vittoria totale che paralizza ogni futuro di pace: “solo se entrambe le parti, allo stesso tempo, sapranno riconoscere ciò che hanno perso, si potrà davvero sperare, un giorno di ritrovarsi”[9]; 2. “non perdere di vista le ragioni pubbliche, come le ha chiamate Kant, di un impegno urgente e ineludibile, qui e ora, per una società più giusta”[10]; 3. scrivere, parlare, disobbedire non per commuovere ma per resistere: “la memoria – scrive Rita Baroud, 22enne giornalista palestinese – è tutto ciò che possiedo. E se la mia storia sparisce, allora, è come se non fossi esistita. E io sono esistita. Io sono ancora qui”[11].

Al Salone del libro di Torino maggio 2025 i visitatori attenti si sono imbattuti in questa targa: “Occorre accettare di seminare perché altri raccolgano altrove e più tardi” (Bernard Werber)[12]. Le amiche e gli amici della nonviolenza considerano valore continuare a seminare per liberarci dalla guerra e perché la pace possa diventare realtà[13].

POST SCRIPTUM – Dai quotidiani del 18 maggio 2025 risulta che la realtà va nella direzione opposta e contraria. I tre quotidiani principali scelgono una linea neutralista: “Corriere della Sera”: “Stragi a Gaza, ma si tratta”; “la Repubblica”; “Israele, luce verde all’offensiva, parte l’occupazione di Gaza”; “La Stampa”: “I carri di Netaniahu” sono in marcia “verso il centro della Striscia”. Le ragioni della pace trovano spazio su “Avvenire”: “Non si fermano le “offensive continue” di Israele. “Netanyahu muove i tank nella Striscia” e “Hamas ha 48 ore” e in il manifesto”:Con fine. Bombardamenti incessanti, case distrutte, di nuovo più di cento morti, anche neonati. Ordini di evacuazione, popolazione affamata. I media parlano di colloqui indiretti Hamas-Israele e di possibile svolta a breve. Ma avanza l’operazione Carri di Gedeone e la cruenta offensiva finale dell’Idf per occupare la Striscia comincia a scuotere l’indifferenza generale”. Le ragioni dell’Occidente sono pervicacemente sostenute da “Il Foglio quotidiano”: “La stretta di Israele. Da necessità, la guerra di Bibi rischia di diventare scelta all’apparenza strategicamente cieca”. Ma la guerra difensiva che si trasforma inevitabilmente in aggressiva rimane una via libera e auspicabile e non diventa una via bloccata. Anche se alla fine conduce in un vicolo cieco.

Pietro Polito

La pace passa da Gaza. Prima parte: il silenzio dell’Europa

[1] G. Buccini, I confini e le parole perdute. Gaza e le stragi, “Corriere della Sera”, mercoledì 7 maggio 2025, p. 32.

[2] A. Lavazza, “A Gaza situazione insopportabile”. Vero, fare di più per fermare la guerra, “Avvenire”, martedì 13 maggio 2025, p. 16.

[3] G. Riva, Orrore a Gaza. Se la follia diventa realtà. L’orrore, l’allucinazione e le critiche silenziate, “Domani”, mercoledì 7 maggio 2025, pp. 1 e 4. Vedi anche A. Robecchi, Gaza e noi. Il genocidio e l’Europa: rompiamo il silenzio degli indecenti, “Il Fatto Quotidiano”, mercoledì 7 maggio 2025, p. 13.

[4] C. De Gregorio, Tutti faremo i conti con la Storia, “la Repubblica”, domenica 11 maggio 2025, p. 18.

[5] Racconta Besan Emad, che una volta era insegnante. B. Senatore, Gaza muore di fame e aspetta l’invasione. Hamas: “Ora trattare non ha più senso”, “Domani”, mercoledì 7 maggio 2025, p. 4.

[6] V Parrella, La Striscia dentro di noi, “il manifesto”, mercoledì 7 maggio 2025, p. 5.

[7] M. Marchiò, Perché a Gaza non c’è più tempo, “La Stampa”, venerdì 16 maggio 2025, p. 29. L’autrice è responsabile medica di Medici Senza Frontiere a Gaza.

[8] E. Fatigante, E se per un giorno fossimo ebrei oppure palestinesi, “Avvenire”, mercoledì 7 maggio 2025, p.19.

  1. Buccini, I confini e le parole perdute. L’orrore oltre le parole, “Corriere della Sera”, mercoledì 7 maggio 2025, p. 32.

[9] G. Segre, Accettare la sconfitta parziale unica via per arrivare alla pace, “La Stampa”, venerdì 16 maggio 2025, p. 9.

[10] M. Ricciardi, In Pope we trust. Quella tentazione dei laici di farne una guida politica, “il manifesto”, sabato 10 maggio 2025, p. 4.

[11] Rita Baroud, “Io scappata da Gaza mi sento morire per il senso di colpa”, “la Repubblica”, lunedì 12 maggio 2025, p. 15.

[12] Presso lo Stand di Aboca Edizioni (Sansepolcro – Arezzo). La casa editrice si pone l’obiettivo di promuovere tematiche ambientali, di scienza, salute, ecologia e nuovi modelli di sviluppo ed è diventata negli ultimi anni un riconosciuto punto di riferimento in Italia per lo studio del rapporto tra uomo e natura.

[13] Segnalo  il progetto “Fermiamo l’odio, aiutiamo i costruttori di pace”, promosso dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) che sta portando in diverse città d’Italia due coppie di testimoni, ciascuna composta da un/a israeliano/a e un/a palestinese, provenienti dalle organizzazioni binazionali Parents Circle Families Forum e Combatants for Peace, per poter offrire l’occasione di ascoltare storie di riconciliazione e riflettere su come, anche nei contesti più difficili, la pace possa diventare realtà,  nonostante il dolore e la perdita. La tappa a Torino si è svolta il 14 maggio 2025. Sottoscrivo l’appello per chiedere di salvare la popolazione palestinese a Gaza lanciato dal Comitato regionale per le onoranze dei caduti e dal Comune di Marzabotto, sostenuto dalla Scuola di pace di Monte Sole, dall’Anpi di Marzabotto e dall’associazione dei famigliari delle vittime degli eccidi nazifascisti di Monte sole. L’obiettivo è di promuovere una manifestazione nazionale che coinvolga tutta l’Italia da Marzabotto: “da qui, dove 80 anni fa abbiamo assistito ad una delle pagine più buie della nostra storia, vogliamo prendere posizione e chiedere alla comunità internazionale di agire immediatamente per fermare il massacro in corso”.