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Il rapporto tra logistica e amministrazioni pubbliche
Lo sviluppo della logistica marchigiana, in linea con le tendenze globali, viene presentato come un elemento naturale di crescita per il mercato, ma è interessante anche analizzare in che modo quella che Giorgio Grappi definisce razionalità logistica incida sulla organizzazione del territorio da parte della politica e delle amministrazioni4, e quindi sull’effettivo rapporto tra la gestione politica del territorio e la logistica.
Esiste una differenza nel modo in cui le amministrazioni di centro-sinistra e di destra hanno inteso il porto di Ancona e in generale la questione logistica nelle Marche. L’amministrazione PD, fino al 2021, ha puntato decisamente sul turismo, con la volontà di trasformare il porto di Ancona in un hub crocieristico attraverso il potenziamento del terminal passeggeri, come il nuovo molo Nord da 20 milioni, con il progetto, ancora non ultimato, della costruzione di una nuova banchina al Molo Clementino per le mega-navi da crociera e progetti di riqualificazione urbana. Tutto ciò è stato reso possibile anche grazie all’accordo ultimato nel 2005 con Costa Crociere, un progetto su cui l’amministrazione regionale di centro-sinistra, allora guidata dal Presidente Gian Mario Spacca, lavorò per consolidare Ancona come hub crocieristico nell’Adriatico. Costa Crociere allora scelse Ancona come porto di partenza per rotte estive verso Grecia, Croazia e Montenegro e le amministrazioni pubbliche contribuirono attraverso dei finanziamenti all’adeguamento delle banchine e dei terminal adatti ad accogliere navi di grandi dimensioni5. Nel 2021 inoltre si tentò l’accordo con MSC Crociere6, tuttavia ancora discusso anche a causa del cambio di giunta e dell’opposizione cittadina.
Arriva tuttavia una svolta con la giunta Fratelli D’Italia (dal 2021), che ribalta le priorità: il porto deve diventare un gateway logistico verso i Balcani, attraverso 15 milioni stanziati per il terminal Ro-Ro7, partnership con operatori come MSC e Grendi e un’attenzione inedita ai corridoi TEN-T, a partire dall’elettrificazione della linea Ancona-Bologna. Il turismo non viene abbandonato, ma subordinato: stop agli investimenti nel waterfront “estetico”, sì alle infrastrutture cargo, in modo tale da tentare di “sfidare” i porti di Ravenna e Trieste, le infrastrutture portuali più importanti nel Mediterraneo. L’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Centrale ha consolidato partnership con il Gruppo Grendi per i servizi di traghetti cargo, mentre MSC Crociere e MSC Cargo hanno investito nel porto di Ancona, sia per il settore crocieristico che per il cargo; la Regione, inoltre, intende spingere sull’intermodalità, e nel 2024 sono stati stanziati €5 milioni per l’ammodernamento delle strutture8; oltre a questo il più grande progetto è quello dell’inserimento della sezione Bologna-Ancona lungo il Corridoio scandinavo-mediterraneo9, per cui sarebbero necessari 300 milioni di euro (di cui il 50% sarebbero a carico di UE e MIT).
Seppur in modi differenti, questi due esempi mostrano quella che negli studi critici sulla logistica viene chiamata «trasformazione logistica del territorio», ovvero la capacità della logistica di funzionare da principio ordinatore di configurazioni territoriali complesse10. I dati sopra riportati rivelano un paradosso interessante: sia le amministrazioni di centro-sinistra che quelle di centro-destra hanno perseguito una forma di logistificazione del territorio, seppur con approcci diversi. Il PD ha optato per una logistica delle persone, investendo sul turismo crocieristico e sulla riqualificazione urbana, mentre FDI ha scelto la logistica delle merci, puntando su cargo e intermodalità. Due facce della stessa medaglia, perché entrambe con ricadute ambientali e sociali significative, che sollevano interrogativi sul modello di sviluppo della città e del suo hinterland. Entrambi i modelli, pur con obiettivi diversi, hanno trasformato il porto e l’area circostante in una piattaforma logistica – per persone o merci – con conseguenze simili: sfruttamento del territorio, con consumo di suolo, pressione sulle infrastrutture e alterazione degli equilibri urbani; un elevato impatto ambientale: inquinamento, che sia da navi da crociera o da Tir, e perdita di biodiversità nelle aree costiere; grande impatto sociale, con speculazione immobiliare e una polarizzazione tra chi beneficia del modello e chi ne subisce gli effetti.
L’impatto sociale e ambientale della logistica
Ma in che modo queste trasformazioni impattano sul territorio stesso, sugli abitanti e i lavoratori dei territori in cui queste infrastrutture insistono?
Innanzitutto dal punto di vista ambientale: man mano che la logistica si sviluppa aumenta il consumo di suolo e dunque le superfici di suolo impermeabilizzato, con evidenti problematiche connesse al cambiamento climatico. Un altro esempio di tendenza in negativo è il caso di un’altra regione, l’Emilia-Romagna, in cui le amministrazioni di centro-sinistra che si sono succedute hanno puntato a livello regionale sulla costruzione di hub logistici immensi (si pensi al polo di Piacenza e allo snodo di Bologna) e hanno cercato di favorire i progetti di “Motor Valley”, “Packaging Valley” e “Data Valley” attraverso la cementificazione selvaggia a servizio di infrastrutture fisiche e digitali. Osservando i dati Ispra, nel 2022 l’Emilia-Romagna è stata la quarta in Italia per consumo di suolo netto dopo Lombardia, Veneto e Campania, sopra la media degli ultimi sei anni dell’8%, con 635 ettari consumati in un anno e 19,4 ettari al giorno. Tutto ciò significa che l’8,9% della superficie è impermeabile, mentre la media nazionale è del 7,1.
Dal 2006 al 2022 sono stati cementificati 11mila ettari, 110 chilometri quadrati12. Tutto ciò ha avuto effetti devastanti a livello ambientale: la Pianura Padana, in cui l’Emilia-Romagna è largamente inserita, costituisce la zona più inquinata d’Europa, e i terreni impermeabilizzati hanno causato alluvioni e fortissime piogge che hanno causato seri danni alle popolazioni della regione. Inoltre, i magazzini espongono il territori circostanti a pericoli notevoli di inquinamento acustico, atmosferico e da sostanze infiammabili o tossiche. Da questo esempio emerge chiaramente l’impatto ambientale che può avere la logistica in un territorio nel momento in cui procede a modificarlo e a espandersi su di esso.
La logistica ha anche un impatto sociale importante sul territorio, in particolare sul mondo del lavoro. La logistica, infatti, aumenta notevolmente il ricatto occupazionale, diffondendo lavoro precario, senza distribuire alle popolazioni locali la ricchezza prodotta. L’ascesa della logistica globale trainata, come abbiamo precedentemente visto, dall’e-commerce e da catene di fornitura sempre più efficienti, ha trasformato interi territori. Grandi hub logistici, magazzini automatizzati e flotte di corrieri sono diventati il simbolo di un’economia che promette velocità e convenienza, ma che spesso si regge sullo sfruttamento di manodopera a basso costo, resa impotente e ricattabile dalla mancanza di alternative. Le infrastrutture logistiche, infatti, sorgono prevalentemente in aree periferiche, ex industriali o a elevata disoccupazione, dove i lavoratori, stretti tra la necessità di lavorare e l’assenza di alternative dignitose, accettano condizioni durissime: turni estenuanti, una gestione algoritmica dei ritmi, contratti intermittenti o addirittura falso autonomato, come nel caso dei rider o degli autotrasportatori legati alle piattaforme digitali.
Le grandi corporation del settore – da Amazon alle multinazionali del trasporto – esternalizzano i costi sociali ricorrendo a subappalti che competono al ribasso sui salari, mentre i lavoratori, isolati e ricattabili, faticano a organizzarsi sindacalmente. Il risultato è un circolo vizioso: più la logistica si espande, più aumenta la dipendenza delle comunità locali da un settore che offre posti di lavoro, sì, ma spesso poveri, precari e fisicamente logoranti. E mentre i profitti si concentrano nelle mani di pochi, i territori diventano sempre più vulnerabili, trasformati in mere “zone di passaggio” di merci, dove diritti e dignità del lavoro sembrano un lusso che il sistema non può permettersi.
Oltre alla pessima qualità del lavoro, c’è un altro elemento che rende la logistica un’industria che causa l’allargamento della forbice sociale, in cui cioè i profitti sono per pochi, mentre le comunità attorno alle nascenti infrastrutture non ne beneficiano. I magazzini, gli hub e i centri logistici sorgono quasi sempre in zone in passato industriali e periferiche, a causa del basso costo del terreno. Anziché tuttavia valorizzare la zona, intorno alle infrastrutture molto spesso si creano inquinamento e congestione dati dal grande afflusso di veicoli su gomma. Mentre spesso le grandi aziende acquistano terreni anche grazie a incentivi che derivano dalle amministrazioni pubbliche (come ad esempio gli sgravi fiscali per le aree depresse), queste non contribuiscono a valorizzarle e non contribuiscono alla ricchezza, in quanto molto spesso i profitti sono trasferiti all’estero.
Amazon a Jesi e Zone Logistiche semplificate
Un esempio di questa tendenza è rappresentata nel caso specifico dal nuovo stabilimento Amazon a Jesi, che dovrebbe aprire a metà 2025. Accolto con grande favore dall’attuale amministrazione in un incontro in cui erano presenti diversi rappresentanti istituzionali, tra cui il presidente della regione Francesco Acquaroli, sorgerà nella Vallesina un centro di quattro piani, su una superficie di 240 mila quadri, per un investimento complessivo di 180 milioni di euro.
L’arrivo del colosso dell’e-commerce è allo stesso tempo il sintomo e la causa di una tendenza già avviata da molto tempo: se da una parte Amazon sceglie il territorio di Jesi proprio a causa della sua posizione geografica e delle sue potenzialità logistiche, dall’altra proprio il suo arrivo genererà nuovi cambiamenti e adeguamenti da parte delle amministrazioni. Si pensano nuove infrastrutture da affiancare all’interporto a sostegno dell’azienda di Seattle e soprattutto allo strumento che più di tutti complica il rapporto di controllo che c’è tra il pubblico ed il mercato: le zone logistiche semplificate (ZLS), appoggiate sia dal centro-sinistra che dall’amministrazione regionale di centro-destra13. La ZLS delle Marche, voluta inizialmente dal PD e ora sostenuta anche da Fratelli d’Italia, promette di rilanciare l’economia regionale attraverso hub intermodali, sgravi fiscali e una burocrazia “light” per attrarre grandi operatori come Amazon o DHL, che prontamente hanno reagito all’impulso. Il PD la spaccia per un progetto di “logistica sostenibile”, mentre FDI punta tutto sulla deregolamentazione, e intanto i territori, da Jesi ad Ancona, subiscono già l’impatto di un modello dove il 70% dei contratti negli hub è a termine o part-time e del consumo di suolo. Lo Stato fa da facilitatore, offrendo sgravi fiscali e la costruzione di infrastrutture, come ad esempio l’elettrificazione delle banchine portuali, mentre i costi sociali e ambientali ricadono sulla comunità marchigiana, in quanto le aziende possono godere di procedure accelerate e meno vincoli ambientali. Una tendenza pericolosa, che punta a trasformare le Marche in una piattaforma al servizio delle multinazionali.
Riprendendo l’analisi di Brett Neilson, le zone economiche non sono semplici “paradisi fiscali” dove le leggi vengono sospese, ma veri e propri laboratori del capitalismo contemporaneo; l’autore sfida la visione tradizionale dell’”eccezione” – teorizzata da Giorgio Agamben – dimostrando come questi spazi siano invece saturi di norme contrastanti: leggi locali, standard aziendali e pressioni internazionali. Neilson evidenzia come nelle zone economiche speciali, nella sua analisi quelle asiatiche, la sovranità si frammenti, mescolando attori statali, multinazionali e Ong. Esempi come le proteste contadine in India o i codici etici nelle fabbriche cinesi rivelano un panorama complesso, dove l’eccezione non annulla le regole, ma le riadatta a fini economici. Una prospettiva che costringe a ripensare il potere non più in termini di “sospensione”, ma di riconfigurazione globale14.
Conclusioni
Come abbiamo visto dal caso specifico delle Marche, in questo periodo segnato dalla frammentazione geopolitica e dall’interdipendenza economica, la logistica emerge non solo come settore tecnico, ma come una vera e propria logica di governo del mondo contemporaneo. In questo contesto container, corridoi commerciali e algoritmi di ottimizzazione dei flussi stanno via via ridefinendo concetti cardine come sovranità, confini e governance statale, plasmandoli alle esigenze del capitalismo delle supply chain.
Contrariamente al mito del declino statale e del potere pubblico, gli Stati si stanno riadattando alla logistica, gestendo corridoi e partnership del capitale privato; allo stesso tempo, i confini tradizionali si differenziano: si attenuano per le merci grazie a dogane armonizzate, mentre si moltiplicano per i migranti. Progetti come la Belt and Road Initiative o i corridoi transeuropei, in cui rientra anche il territorio delle Marche preso in esame, dimostrano che ferrovie e rotte marittime non sono solamente infrastrutture, ma strumenti di potere transnazionale. Questi corridoi segmentano il territorio, creando zone integrate dove merci e capitali circolano liberamente e aree marginalizzate, mentre il pubblico rinuncia a porzioni di sovranità in nome dell’efficienza.
I leader nazionalisti a tutti i livelli, da Trump a Orbán fino ai nostrani Meloni, Acquaroli e Silvetti non rifiutano la globalizzazione, ma cercano di controllarne i flussi; il risultato è un ibrido di apertura economica e chiusura politica, dove i confini servono a ottimizzare produttività e repressione. Mentre l’apertura al movimento delle merci verso il resto del mondo è totale, il governo nazionale e quello locale pensano a un Centro di Permanenza per il Rimpatrio (CPR) da realizzare a Falconara Marittima, luogo la cui scelta non è casuale. La vicinanza all’aeroporto e al porto, infatti, faciliterebbe le operazioni di rimpatrio, almeno sulla carta; un elemento che mette in evidenza ancora una volta la razionalità logistica delle scelte politiche. Il modello Marche, presentato da Salvini come esportabile in altre regioni, unisce una retorica securitaria a interventi economici liberisti, creando un cortocircuito tra apertura ai capitali e chiusura sui diritti.
Come sottolinea Giorgio Grappi,15 la logistica è il paradigma nascosto del XXI secolo: mentre dissolve la classica idea di Stato-nazione, crea nuove forme di controllo spaziale (hub, zone franche) e sfruttamento (lavoratori logisticizzati).
4Grappi, Giorgio, Logistica, Roma, Ediesse, 2016.
5https://www.regione.marche.it/In-Primo-Piano/ComunicatiStampa/id/13112/p/1321/COSTA-CROCIERE-AD-ANCONA-SPACCA-UNA-OPPORTUNITA-ED-UN-ESEMPIO-DI-COME-SI-PUO-LAVORARE-INSIEME; https://www.informare.it/news/gennews/2005/20052051.asp; https://www.ansa.it/mare/notizie/rubriche/crociereetraghetti/2013/05/31/Costa-Crociere-giugno-24-scali-Costa-Classica-Ancona_8798029.html;
6https://www.porto.ancona.it/it/news/porto-di-ancona-richiesta-di-concessione-di-msc-per-aree-e-banchine-da-destinare-al-traffico-crocieristico.
7https://www.anconatoday.it/attualita/nuovo-terminal-passeggeri-porto-ancona-progetto.html.
8https://www.corriereadriatico.it/marche/marche_interporto_nuova_era_piano_strategico_raddoppiare_traffici_economico-7875790.html; https://www.interportomarche.it/il-new-deal-di-interporto-marche-sostenibilita-e-intermodalita/
9https://www.ansa.it/europa/notizie/rubriche/altrenews/2025/02/20/ciccioli-fdi-corridoio-adriatico-baltico-priorita-europea_de53bad6-65c4-4e37-b6c6-116c82eef835.html.
10 e 11 K. Easterling, Exstrastatecraft. The Power of Infrastructure Space, Verso: London-Brooklyn 2014.
12https://www.legambiente.emiliaromagna.it/2023/10/30/consumo-di-suolo-in-emilia-romagna-dati-ispra-2023/#:~:text=Sebbene%20con%20una%20lieve%20inflessione,44%20ettari%20di%20suolo%20perso.
13https://www.regione.marche.it/News-ed-Eventi/Post/83566/Zes-Marche-primo-tavolo-convocato-da-Regione-e-Camera-di-Commercio-con-categorie-e-sindacati.
14B. Neilson, Zones: Beyond the Logic of Exception?, Concentric: Literary and Cultural Studies 40.2, 2014, pp. 11-28, DOI: 10.6240/concentric.lit.2014.40.2.02
15G. Grappi, Logistica e Stato nel presente globale. Sovranità, corridoi, confini, Teoria politica. Nuova serie Annali [Online], 10, 2020.










