Nella maggior parte dei paesi islamici oggi, sabato, inizia il mese del digiuno, Ramadan. In altri il primo del mese lunare è domenica. L’annosa vicenda che non trova una soluzione dipende da un’interpretazione letterale di un detto del profeta Mohammed, risalente a 1400 anni fa quando non c’erano strumenti di calcolo astronomico rigorosi; secondo questo hadith, l’inizio del mese di Ramadan deve essere certificato dalla visione a occhio nudo della nuova luna.

Negli attuali calcoli scientifici, il mese lunare comincia oggi. Ci sono paesi dove il calendario è sdoppiato: per i sunniti si digiuna da sabato e gli sciiti cominciano domenica. Il Libano e l’Iraq sono due esempi di spaccatura verticale: una parte dei musulmani digiuna sabato mentre altri no.

Anche a Gerusalemme est inizia il Ramadan, mese del digiuno islamico. Le restrizioni delle forze di occupazione israeliane stanno annunciando un mese caldo di scontri con i fedeli in preghiera ed i tentativi dei militari di impedirgliela. L’odio contro i musulmani è la nuova forma di antisemitismo.

Cisgiordania
È il turno di Salfit ad essere invasa dall’esercito di occupazione. La città a nord di Gerusalemme è stata assediata, le strade divelte e un rastrellamento duro con spari di colpi d’arma da fuoco ha ferito decine di palestinesi.

La popolazione assediata viene invitata alla fuga. L’esercito ha distribuito volantini in arabo, ebraico e inglese dicendo alla popolazione: “Non avete scampo. Salvate la vostra vita!”. Sui social i soldati israeliani hanno postato i video delle mercanzie rubate dalle case e negozi palestinesi. L’esercito più immorale del mondo.

Le operazioni militari più violente rimangono quelle a Jenin e Tulkarem, dove tre campi profughi sono stati rasi al suolo e la popolazione cacciata con la forza delle armi.

A Massafir Yatta, i coloni ebrei israeliani hanno attaccato il villaggio sparando con le armi, per costringere la gente a fuggire e impossessarsi di case, terreni e bestiame. L’esercito ha accompagnato gli aggressori e quando gli abitanti si sono organizzati ed hanno risposto con il lancio di pietre, ha attaccato con le armi, proteggendo la ritirata dei coloni.

Trattative e scambio prigionieri
Le trattative al Cairo per la seconda fase dell’accordo non stanno andando bene. Netanyahu ed i suoi ministri hanno dichiarato che l’esercito non si ritirerà dal corridoio Salahuddine (Philadelphia per gli israeliani). La stampa di Tel Aviv parla di preparativi per riprendere l’invasione.

Oggi si conclude la prima fase di sei settimane, in cui sono stati svolti scambi di prigionieri in diverse ondate e con molte polemiche. Netanyahu ha respinto l’avvio delle trattative per la seconda fase e pretende di ottenere il rilascio di tutti gli ostaggi, per poi continuare la sua guerra contro la popolazione di Gaza. Hamas ha affermato il suo impegno per l’accordo, ma il prolungamento della prima fase deve avvenire senza scambio di prigionieri, in attesa dell’avanzamento sul tema principale, cioè la fine dell’aggressione. Una trattativa armata.

Appello per il dott. Hussam Abu Safiya
Un presidio di medici e operatori sanitari, venerdì a Parigi, davanti alla sede del ministero della salute ha chiesto un intervento su Israele per il rilascio del dott. Abu Safiya.
Il direttore dell’ospedale Kamal Adwan è stato preso in ostaggio dall’esercito israeliano il 27 dicembre 2024 e solo dopo 10 giorni è stata annunciata la sua detenzione. Contro di lui non ci sono accuse. Il coraggioso medico è reo di non aver abbandonato il posto di lavoro, malgrado l’assassinio di suo figlio primogenito, Ibrahim, e le gravi ferite da lui stesso subite.

Siria
Bombardamenti israeliani sulla Siria e avanzamento di truppe nel sud del paese. I caccia di Tel Aviv hanno sorvolato Damasco, senza sganciare bombe. Spadroneggiano per imporre i loro diktat: nessuna presenza armata a sud della capitale. Nel sud della Siria, le operazioni militari delle forze di occupazione hanno riguardato due fronti: il Golan siriano e Daraa. La zona rurale di Quneitra è stata rastrellata villaggio per villaggio, nel tentativo di raccogliere informazioni sulla popolazione. Di fronte alla protesta della gente, i soldati si sono ritirati sparando in aria. A Daraa, una colonna di veicoli militari è entrata in diversi villaggi, avvisando gli abitanti di rimanere in case e non uscire se tengono alla propria incolumità. Le mire israeliane sono di controllare la piana del fiume Yarmouk, per garantirsi una principale fonte idrica della zona.

Egitto-Gran Bretagna
Il premier britannico, Starmer, ha fatto appello al presidente egiziano Al-Sissi affinché liberi Alaa Abdel-Fattah. In una telefonata tra i due politici è stata affrontata la vicenda, anche in seguito al ricovero della madre di Alaa, Leila Sueif, dopo 150 giorni di sciopero della fame. Abdel-Fattah è anche cittadino britannico. È stato condannato in Egitto, nel 2019, a 5 anni di reclusione, ma alla scadenza della pena, non è stato rilasciato.

Ocalan
Secondo un’agenzia vicina alla resistenza curda, i dirigenti del PKK in esilio hanno accolto con favore l’annuncio di Ocalan. “Avviamo un cessate-il-fuoco unilaterale, per misurare la volontà di pace del governo e dell’esercito turchi. È auspicabile il rilascio del fondatore del PKK per guidare di persona il processo di disarmo e la trasformazione del movimento”. Positive reazioni nel mondo alla dichiarazione storica di Ocalan. Iraq e Iran in primis, perché direttamente coinvolti nella questione curda. Il segretario generale dell’ONU ha definito il discorso di Ocalan positivo e promettente per mettere fine ad una violenza durata a lungo.

Anche l’amministrazione Trump ha accolto con favore la dichiarazione ed ha auspicato che la Turchia comprenda la necessità di un’alleanza con i curdi siriani per la battaglia contro Daesh.

In Turchia, Erdogan ha detto che questo è un momento storico, mentre il suo partito ha dichiarato, in un comunicato, che non ci sarà nessuna trattativa con i terroristi. Si gioca su due tavoli per ottenere il massimo con il minimo di concessioni. È una partita lunga e i curdi dovrebbero giocare una battaglia politica forte e decisa, per non finire come i palestinesi dopo gli accordi di Oslo.