Il laboratorio, sul tema generale dell’educazione alla pace e ai conflitti (“L’educazione alla pace in chiave trasformativa. Forme e pratiche formative per interventi di pace in area di conflitto”), svolto nell’ambito della tre-giorni del Convegno nazionale di Scuola sconfinata – La scuola è politica! (Napoli, 28-30 marzo 2025), di cui Pressenza ha accuratamente dato conto su queste pagine, ha rappresentato un’occasione preziosa di incontro e di riflessione tra operatori e operatrici del mondo-scuola intorno alle tematiche dei conflitti e della loro trasformazione costruttiva, nonché, evidentemente, della costruzione di una cultura di pace nella società.

Sviluppato secondo lo spartito metodologico del World Café, il laboratorio si è basato su quattro nuclei concettuali fondamentali. Una concettualizzazione del tema della pace che trova spazio anche nella recente Raccomandazione Unesco sull’educazione alla pace (2023), in base alla quale “la pace non è solo assenza di guerra o di violenza diretta, ma un processo positivo di partecipazione, attraverso il quale le persone e le comunità lavorano insieme quotidianamente per costruire società giuste, inclusive, sane, sostenibili e pacifiche”.  Una visione del conflitto in virtù della quale l’educazione alla pace non può non essere, al tempo stesso, educazione ai conflitti, laddove “il conflitto è la situazione di incompatibilità tra due o più soggetti derivante dall’esistenza di ragioni, interessi, bisogni, obiettivi e finalità contrastanti o divergenti” (Galtung 2006).

L’educazione alla pace in quanto “educazione”, necessaria dunque per formare, orientare e sensibilizzare, nella forma di una vera e propria educazione permanente e secondo tutte le possibilità della scacchiera educativa (educazione formale, non-formale e informale). E ancora l’educazione alla pace in quanto “strumento”, uno strumento operativo, dal momento che è uno strumento proprio di peace-building cioè delle attività di costruzione della pace con mezzi pacifici, ad esempio in contesti di conflitto e di post-conflitto. 

Come ricorda in tal senso il mandato dei Corpi civili di pace, infatti, “una strategia globale di una forza di pace consisterà nel costruire interesse e sostegno internazionale verso i movimenti nonviolenti in tutto il mondo, che offrano alla gente la speranza e la realizzazione di alternative all’intervento armato. Come dimostrato dai Corpi di pace fino ad oggi, quando gli attivisti tornano al loro Paese d’origine, danno un eccellente contributo nel campo della educazione della cittadinanza” (Duncan, Hartsough 1999). 

Come emerso nello sviluppo del laboratorio, l’educazione alla pace è, al tempo stesso, educazione ai conflitti: serve a formare, orientare, sensibilizzare; manifesta la tendenza a contrastare la violenza e fornisce consapevolezze per “stare nel” contrasto e nella conflittualità; segnala interrogativi e modalità di intervento necessari, tanto nella società quanto nella scuola. La dinamica della conflittualità sembra inevitabile in un contesto come quello della classe tradizionale, dove gli alunni e le alunne sono limitati in uno stesso ambiente per tante ore, dove sempre più si manifesta la tendenza alla valutazione e alla performance, dove precipitano le tensioni e le contraddizioni legate all’interazione con la società e con la famiglia, oltre che, evidentemente, a quelle con le istituzioni; ciò richiede sempre più l’individuazione di nuove strategie educative e modalità comunicative, la capacità di adattarsi a nuovi contesti, sempre più innovativi e sempre più veloci (si pensi alla comunicazione virtuale in ambiente social media o alle performance dei modelli di apprendimento ad intelligenza artificiale), in relazione ai quali la scuola è sempre più cruciale e decisiva nel fornire modelli altri, cooperativi ed inclusivi, e apprendimenti avanzati, analitici e critici (pensiero critico). 

Inoltre, educare alla pace significa «costruire una cultura di pace nella società». Significa fare crescere e maturare una consapevolezza sempre più matura e sempre più completa intorno ai diritti dei singoli e delle collettività («tutti i diritti umani per tutti e per tutte»); e significa anche promuovere e articolare i valori che accompagnano la promozione di una “cultura di pace”, nel senso di una società (quindi di pratiche di partecipazione) giusta, equa, inclusiva, sana, sostenibile, e dunque “di pace”. Si tratta, in altri termini, promuovendo giustizia sociale, di dare voce, opportunità e gambe alla partecipazione, affinché tutti e tutte possano essere ascoltati e avere strumenti per coltivare una “cultura di pace”. Quali strumenti? Il riconoscimento, ad esempio, delle ragioni, delle posizioni, degli obiettivi, e la scomposizione e riorganizzazione delle posizioni espresse, al fine di evitare la cristallizzazione e la polarizzazione; l’utilizzo dell’ascolto reciproco e del messaggio-io; e ancora la ricerca e lo sviluppo dell’empatia, il “mettersi nei panni”. 

Educare alla pace, secondo quanto emerso nel laboratorio, significa, in definitiva, “costruire spazi di cura e di relazione” e “rafforzare la consapevolezza dei diritti”. Come ricorda, in tal senso, la Dichiarazione delle Nazioni Unite sulla Cultura di Pace (documento A/53/243 del 1999): “Una cultura di pace è un insieme di valori, atteggiamenti, tradizioni, modi di comportamento e stili di vita fondati in primo luogo sul rispetto per la vita, il rifiuto della violenza e la promozione e pratica della nonviolenza tramite l’educazione, il dialogo e la cooperazione” (art. 1); inoltre, strumento indispensabile della promozione di una autentica cultura di pace nella società è proprio la scuola, e, in generale, l’istruzione: “l’istruzione, a tutti i livelli, costituisce uno dei principali strumenti per costruire una cultura di pace. In questo contesto, è di particolare importanza l’educazione ai diritti umani” (art. 4). È proprio qui una delle possibili risposte al perché “la scuola è politica!”. 

Alcuni riferimenti essenziali:

La Raccomandazione Unesco sull’educazione alla pace (2023): https://www.unesco.it/it/temi-in-evidenza/educazione/la-nuova-raccomandazione-sulleducazione-alla-pace

La Dichiarazione Onu sulla Cultura di Pace (1999): https://unipd-centrodirittiumani.it/it/archivi/strumenti-internazionali/dichiarazione-sulla-cultura-di-pace-1999

Johan Galtung, La trasformazione dei conflitti con mezzi pacifici (Il Metodo TRANSCEND), Torino, 2006: https://serenoregis.org/wp-content/uploads/2015/12/Johan-Galtung-La-trasformazione-dei-conflitti-con-mezzi-pacifici-web.pdf 

Mel Duncan, David Hartsough, Una proposta per una Forza di pace internazionale, 1999: https://www.peacelink.it/kossovo/a/748.html

Scuola Sconfinata. Proposta per una rivoluzione educativa: https://fondazionefeltrinelli.it/scuolasconfinata