Si stima che milioni di persone siano apolidi in tutto il mondo, persone che non sono considerate cittadini da nessuno Stato nell’applicazione della sua legislazione. Gli apolidi si trovano in qualsiasi regione del mondo, Europa compresa. Secondo i dati disponibili, centinaia di migliaia di apolidi vivono in Europa, spesso con uno status irregolare o precario che li espone a vulnerabilità e abusi dei diritti umani. L’apolidia è una violazione dei diritti umani in sé, che ha un impatto grave e duraturo sul godimento di una vasta gamma di diritti umani. Oltre a essere esclusi dai diritti riservati ai cittadini, come il diritto di voto, gli apolidi devono affrontare barriere spesso insormontabili nel godere dell’accesso ai diritti fondamentali, tra cui il diritto al lavoro, all’istruzione, a un alloggio adeguato, all’assistenza sanitaria, alla vita familiare, alla proprietà e alla libertà di movimento. Gli apolidi possono essere impossibilitati a sposarsi, a viaggiare o persino a muoversi liberamente all’interno della propria città, rischiando detenzioni prolungate e ripetute, a ereditare proprietà o persino ad accedere a servizi di base che la maggior parte delle persone dà per scontati, come aprire un conto bancario o registrare una carta SIM. L’Italia non fa eccezione al fenomeno dell’apolidia.

L’Alto Commissariato ONU per i Rifugiati ha lanciato un nuovo rapporto Mappatura dell’Apolidia in Italia, che mette in luce le sfide affrontate dalle persone apolidi e da coloro che sono a rischio di apolidia in Italia. Un rapporto fornisce importanti approfondimenti sulle caratteristiche, le problematiche di protezione e le priorità in termini di riforme nei quadri giuridici e procedurali italiani per le persone apolidi. Secondo i dati emersi dallo studio, almeno 3.000 persone in Italia sono apolidi o a rischio di esserlo. Le comunità Rom originarie della ex Jugoslavia sono il gruppo più colpito, sulla base delle informazioni disponibili, insieme a persone provenienti da Stati dell’ex Unione Sovietica, Cuba, Cina (Tibet) e persone di origine palestinese. In termini di distribuzione geografica, la maggior parte degli apolidi vive nel Centro Italia (224; 35%), seguito dal Nord-Ovest (186; 29%), Nord-Est (87; 14%), Sud (85; 13%) e Isole (61; 9%). Tra le Regioni italiane, con 164 apolidi (26%) il Lazio registra più di un quarto del numero complessivo di apolidi residenti in Italia. Altre Regioni con una presenza consistente di apolidi riconosciuti sono la Lombardia (104; 16%), il Piemonte (70; 11%), la Toscana (48; 8%) e l’Emilia-Romagna (43; 7%). Roma è il comune italiano con il maggior numero di apolidi con iscrizione anagrafica, con 124 (19%), seguito da Milano (29; 5%).

L’Italia è stata all’avanguardia nella protezione delle persone apolidi fin dagli anni ’50, con la ratifica della Convenzione del 1954 sull’Apolidia e l’introduzione di una procedura amministrativa di determinazione dell’apolidia nel 1993. Con l’adesione alla Convenzione del 1961 sulla riduzione dell’apolidia, a fine 2015, ha poi assunto un impegno formale volto a ridurre e prevenire l’apolidia. Nel 2023, l’Italia ha nuovamente rinnovato i suoi sforzi per la tutela degli apolidi e per migliorare la procedura di determinazione dell’apolidia, prima costituendo un quadro di cooperazione tecnica con l’UNHCR attraverso la firma di un Protocollo d’intesa, e successivamente presentando un impegno formale in occasione del Global Refugee Forum del 2023. Lo studio dell’UNHCR evidenzia, tuttavia, la necessità di proseguire l’impegno per assicurare il rispetto degli standard internazionali e proteggere pienamente i diritti delle persone apolidi. Il rapporto delinea, inoltre, una serie di raccomandazioni pratiche mirate a risolvere le problematiche esistenti e a migliorare l’adempimento dell’Italia agli obblighi internazionali in materia di apolidia. Queste le principali raccomandazioni: potenziare gli sforzi per raccogliere dati affidabili e coerenti sulle popolazioni apolidi, in linea con le raccomandazioni internazionali in materia; adottare un quadro giuridico esaustivo per migliorare le procedure di determinazione dell’apolidia e garantire pieno accesso ai diritti da parte delle persone apolidi; promuovere iniziative di formazione e campagne di sensibilizzazione per i funzionari pubblici e gli erogatori di servizi, per garantire che le persone apolidi possano accedere ai propri diritti senza discriminazioni; garantire la piena attuazione delle salvaguardie per prevenire l’apolidia, assicurando che ogni bambino nato in Italia, altrimenti apolide, acquisisca la cittadinanza italiana alla nascita.

Chiara Cardoletti, Rappresentante dell’UNHCR per l’Italia, la Santa Sede e San Marino, ha dichiarato: “Le persone apolidi sono tra le più vulnerabili al mondo, prive di diritti fondamentali e spesso invisibili per le autorità. Questo studio mette in luce alcune aree di miglioramento che richiedono attenzione prioritaria. L’Italia ha già compiuto passi significativi nella protezione degli apolidi, ma è essenziale proseguire l’impegno per garantire che tutte le persone apolidi, anche quelle più vulnerabili, possano godere dei diritti che meritano”. Nell’ambito dell’impegno continuo dell’Italia a ridurre e prevenire l’apolidia, l’UNHCR continua a seguire un approccio a doppio binario, da una parte collaborando strettamente con le autorità per migliorare la risposta nazionale, per esempio attraverso un Protocollo di cooperazione tecnica volto a rafforzare la procedura di determinazione dell’apolidia, dall’altro offrendo supporto diretto alle persone apolidi, in collaborazione con le organizzazioni della società civile, le cliniche legali e altri attori, per rispondere alle loro necessità e orientarle nel percorso di riconoscimento dello status e nell’accesso ai diritti.

Qui il Rapporto completo: https://www.unhcr.org/it/wp-content/uploads/sites/97/2025/02/Mappatura-dellApolidia-in-Italia.pdf