Amnesty International, in seguito ad un’accurata indagine, ha pubblicato il 5 dicembre del 1924 il suo rapporto sul genocidio del popolo palestinese.

Il rapporto di Amnesty International si concentra su tre dei cinque atti proibiti dalla Convenzione sul genocidio, ovvero:

  1. l’uccisione di membri del gruppo, etnico, razziale, o religioso.
  2. Il provocare loro seri danni fisici e mentali.
  3. L’infliggere deliberatamente al gruppo condizioni di vita calcolate per provocare la sua distruzione fisica, in tutto o in parte.

Tutti questi tre atti sono stati compiuti in modo continuativo da parte dello Stato israeliano e dalle sue forze armate. L’hanno ribadito alcuni responsabili dell’organizzazione internazionale per i diritti umani, fra cui Budour Nassan, Tina Marinari, Erika Guevara Rosas e Vito Todeschini nel webinar del 4 febbraio, che hanno esposto in estrema sintesi le prove che a Gaza e in Palestina si sta consumando un genocidio.

Riguardo al primo punto: un numero oscillante fra i 50.000 e i 60.000 morti palestinesi, in gran parte civili e bambini, in poco più di un anno di bombardamenti e di operazioni militari da parte dell’esercito israeliano. Otre duemila famiglie di Gaza non esistono più nell’anagrafe: tutti morti, dal più vecchio all’ultimo nato. Gli attacchi israeliani, monitorati dall’associazione attraverso testimonianze e riscontri, sono stati sempre indiscriminati, senza distinzione fra obiettivi militari e civili, senza nessuna precauzione per evitare vittime nella popolazione. Ne sono prova i numerosi raid notturni ad ospedali, edifici pubblici, tendopoli.

Riguardo al secondo punto, relativo ai danni fisici e mentali, è stato sottolineato che oltre 4.000 persone hanno subito amputazioni di arti, almeno altrettante hanno subito danni fisici invalidanti. Non ci sono ancora dati certi riguardo ai danni psichici sulla popolazione, che ha vissuto oltre un anno sotto i bombardamenti e l’occupazione militare, spesso evacuata con la forza e spinta da una parte all’altra, come fosse bestiame. Possiamo purtroppo supporre senza paura di smentite, che i traumi psichici e le condizioni di instabilità mentale, soprattutto nei bambini, siano già un’emergenza e tutto fa pensare che questi problemi saranno largamente diffusi, anche negli anni a venire.

Infine il terzo punto tratta delle misure atte a distruggere intenzionalmente e in modo programmatico i palestinesi. Le relatrici hanno insistito sulla volontà da parte dei vertici politici e militari dello stato ebraico di abbandonare la popolazione in uno stato di grave denutrizione e di assenza delle cure più elementari, con numerosi casi di decessi a causa di fame, di malnutrizione, di infezioni curabili e di assideramento. La distruzione programmata delle case, sia coi bombardamenti che con le demolizioni forzate, toglie alle persone ogni riferimento affettivo e ogni speranza. Anche la distruzione delle infrastrutture e dei luoghi di produzione, come gli uliveti, i frutteti, le saline, è parte di un disegno genocidario. Il messaggio è quindi distruttivo in ogni suo termine, per lasciare i palestinesi letteralmente senza futuro.

Todeschini ha infine focalizzato la sua relazione sugli aspetti più strettamente giuridici. Il compito della Corte sarà quello di valutare le prove nel loro insieme, inserite nel quadro delle relazioni asimmetriche fra Israele e Palestina, ivi incluso il regime di apartheid e lo stato di degrado umano cui da decenni sono sottoposti i palestinesi. Sono state trovate sia prove dirette, come le esplicite dichiarazioni di importanti esponenti politici e dei vertici militari sulla loro volontà di eliminazione del popolo palestinese, sia prove indirette, come i bombardamenti di moschee, musei, siti culturali e identitari.

Il leader Netanyahu è perseguito dalla Corte Internazionale dell’Aja e, ciò nonostante, è stato accolto a Washington da Trump, anche perché l’America non riconosce la corte. Potrà succedere la stessa cosa anche in Europa, dove la maggior parte dei Paesi la riconosce e vi aderisce? Su questo sarà chiamata a vigilare la società civile, con azioni di pressione nonviolenta, affinché, nel caso si dovesse realizzare la visita del premier israeliano, la magistratura possa agire al di fuori di ingerenze politiche. Una partita, questa, certo non tanto semplice, almeno in Italia, vista la velocità con cui il ministro della giustizia Nordio ha recentemente lasciato libero e rimandato a casa un certo torturatore libico.